«SILENZIO, DIALOGO ... UNA DIETA SPIRITUALE CON 5 INGREDIENTI»
Laura Campanello e il percorso per Ritrovare l’anima: «Chiediamoci oggi chi vogliamo essere, non domani: trasformarsi è difficile, il rischio è rimandare sempre»
È uscito il nuovo libro di Laura Campanello, Ritrovare l’anima. Esercizi filosofici per trovare la propria via alla felicità (Bur), ne parliamo davanti a un aperitivo. Laura, sorridendo, mi fa notare che un momento piacevole e un po’ di tempo rivendicato alle nostre giornate frenetiche sono un ottimo punto di partenza per ritrovare l’anima. Non posso che darle ragione anche perché Laura appartiene a quella (meravigliosa) categoria di persone che s’illumina quando parla del suo lavoro.
Inizierei proprio dalla tua professione: analista biografica a orientamento filosofico e pedagogista. Un lavoro affascinante, raccontaci da dove nasce?
«Dalla curiosità, verso il genere umano e verso me stessa per cercare di comprendere come si possa riuscire a essere felici nonostante le fatiche dell’esistenza. E poi dalla mia esperienza di educatrice in un asilo nido mentre studiavo alla facoltà di Filosofia. I giovani, fin da piccoli, vanno messi nelle condizioni di esplorare, conoscersi per imparare a scegliere la direzione e la forma della propria vita. Questa forse è anche la mia ricerca di vita che poi ho avuto la fortuna di trasformare in professione, tessendo la filosofia come ricerca di senso e la pratica pedagogica».
Per vivere pienamente, dobbiamo dunque imparare a farci le domande giuste, da dove possiamo partire?
«Smettendola di chiederci cosa vogliamo fare e iniziando a chiederci chi vogliamo essere. Siamo troppo abituati a pensare di dover soltanto funzionare e ricoprire dei ruoli che ci vengono dati o che scegliamo solo a fini economici, senza chiederci se soddisfano il nostro essere, i nostri valori, il nostro desiderio di vita bella e felice».
Ritrovare l’anima ha anche l’aspetto di un diario intimo. Nelle pagine del libro
suggerisci di scegliere un simbolo con cui iniziare il viaggio verso noi stessi: tu quale sceglieresti per te?
«Kung Fu Panda, un piccolo giocattolo dei miei figli: per me rappresenta, la possibilità che ciascuno ha di poter arrivare alla versione migliore di sé. Chi non si è sentito, almeno per un giorno nella vita “un grosso grasso puzzolente panda” (è il pupazzo stesso a definirsi così). Ognuno può trovare la propria migliore forma di vita. Esercitarsi filosoficamente significa mettersi sulla via della conoscenza e della cura di sé e significa farlo attraverso la propria storia, le proprie radici, a partire dalla forma che si ha. Significa accettare di trovare la propria via attraverso le personali motivazioni e passioni accettando di fare i conti anche con le difficoltà. E dal magnifico Panda dovremmo imparare anche l’ironia: non prendersi troppo sul serio facilita la trasformazione di sé e la ricerca della propria felicità».
Perché è così importante essere o diventare cuori pensanti, perfetta armonia tra ragione e sentimento?
«La definizione di cuori pensanti l’ho letta nel Diario di Etty Hillesum, scrittrice e intellettuale ebrea morta nei campi di concentramento, che ha scritto pagine di altissima umanità e spiritualità. A un certo punto scrive: “Voglio rimanere il cuore pensante di questa baracca”, frase che non riesco mai a pronunciare senza commuovermi. Ci dice quanto sia importante, anche davanti agli orrori più grandi, come quelli a cui stiamo assistendo, non rinunciare né alla capacità di sentire le nostre emozioni, né alla capacità critica del pensiero. Questo ci permetterà di comprendere e di provare sempre a trasformare ciò di cui siamo parte. Rimanere cuori pensanti va proprio nella direzione di comprendere chi siamo, ma soprattutto chi vogliamo essere, cosa non vogliamo diventare, di che umanità vogliamo fare parte, senza da un lato anestetizzarci per evitare di sentire la sofferenza e dall’altro senza restare vittime di emozioni grezze che accecano e impediscono il pensiero».
Uno dei motivi di ansia della nostra vita è capire per cosa valga realmente la pena investire il nostro tempo...
«Ritrovare l’anima vuol dire proprio questo: lasciarsi sorprendere e interpellare dall’esistenza, lasciarsi spiazzare e purtroppo anche ferire. Spesso viviamo l’esistenza, come scrisse la filosofa Maria Zambrano, senza entrarci dentro davvero ma sorvolandola come se non ci riguardasse, salvo poi trovarci alla fine con la tristezza e a volte l’angoscia di non aver vissuto e di aver assistito da lontano ad un’esistenza che ci scivolava tra le mani». Saggezza è una parola bellissima. Ha davvero un ruolo nella vita quotidiana?
«Chiediamoci prima che cos’è per noi la saggezza: esplicitarlo ci metterebbe già in moto sulla via per poterla raggiungere. Personalmente credo che la saggezza sia la capacità di dare il giusto peso alle cose, di orientarsi nella scelta di valori e priorità, saper definire ciò che è essenziale e merita il nostro tempo e la nostra energia. Forse Cicerone e Seneca non la descriverebbero così ma credo che tradotta ai giorni nostri sia a portata di mano per chiunque di noi. Siamo troppo abituati a pensare che la saggezza sia per pochi eletti. Io sono fermamente convinta che la saggezza sia un’opportunità per chiunque si metta sulla via della ricerca del senso del vivere, su una via spirituale e, soprattutto, credo sia una responsabilità degli adulti che vogliano prevenire o farsi carico delle ansie esistenziali delle nuove generazioni. Ognuno di noi ha i suoi maestri di vita che ci hanno ispirato e dato conforto quando ne avevamo bisogno. Ora tocca a noi». Visto che non è mai troppo tardi per ritrovare l’anima, consigliaci la dieta spirituale adatta per farlo.
«Trasformarsi è sempre difficile perché vuol dire lasciare qualcosa di noto per qualcosa che ancora non conosciamo e, per quanto immaginiamo e intuiamo che ci farà stare bene, tendiamo a evitare di passare questo guado. Questa trasformazione dobbiamo iniziarla oggi, non domani. Perché il rischio è che domani rimanderemo ancora e di nuovo. Iniziare oggi vuol dire prendersi cinque minuti per sé e scrivere la nostra idea di saggezza e cosa faremo per raggiungerla oppure andare in un luogo che ci è caro, in cui sentirci a casa e leggeri, magari con una persona che sentiamo essere una nostra anima affine. E dedicarci del tempo di qualità. La dieta spirituale ha per ingredienti pratiche come il silenzio, la scrittura, la meditazione, il dialogo, l’esame di coscienza di pitagorica memoria: esercizi quotidiani che aiutino a trovare il modo migliore per stare con sé stessi e con gli altri nel mondo. Pratiche che hanno lo scopo di ricondurci con continuità alla nostra più viva interiorità, a quella parte creativa e sensibile che troppo spesso dimentichiamo e senza la quale noi e il mondo diventiamo aridi e infelici»