Corriere della Sera - Sette

«UN FILM DI NATALE PER DIRE CHE L’AMORE VERO AIUTA ANCHE A SEPARARSI»

Dirige Ficarra e Picone in Santocielo dopo il successo della serie Imma Tataranni. «Io regista delle donne? Qui esalto il femminile dei maschietti»

- DI ENRICO CAIANO

Ero un ragazzo , e mio papà mi ha regalato la macchina fotografic­a». È lì che tutto è cominciato. Francesco Amato, nato a Torino e cresciuto a Cuneo, “armato” di quella sua macchina fotografic­a ha preso la strada per Roma. È diventato fotografo di scena sui set dei film ma ha presto capito che raccontare con le fotografie non gli bastava. La regia era il suo sogno. Ci ha provato, ci è riuscito: ingresso al Centro Sperimenta­le di Cinematogr­afia della capitale, compagni di scuola registi come Edoardo De Angelis di Comandante, Francesco Costabile di Una femmina. Giovane cinema italiano ai blocchi di partenza, insomma. Per lui la pistola dello starter ha sparato in aria nel 2006 con Ma che ci faccio qui!, storia adolescenz­iale assai meno banale di altre. «Poi», racconta con modestia fino eccessiva, «ho fatto un lavoro in television­e». E quel lavoro sono «i 18 film di Imma Tataranni», serie tv di successo oltre ogni attesa di Raiuno tratta dai romanzi di Mariolina Venezia, che ha lanciato Vanessa Scalera. Dal piccolo al grande schermo, dal romanzo poliziesco a una storia vera: è il 2020 di 18 regali. E la storia vera è quella di Elisa Girotto, la madre che scopre che la malattia le lascia poco tempo da vivere e decide prima di andarsene di “programmar­e” i regali per ogni compleanno della figlia fino alla maggiore età. Per poter esserci nella sua vita anche se non potrà esserci più. Vittoria Puccini e Benedetta Porcaroli sono madre e figlia. Altre due attrici. E una, Porcaroli, messa sulla rampa di lancio come Scalera, pronta ad arrivare molto lontano.

Ed è così che Francesco Amato da semplice giovane regista diventa il regista delle donne. Una definizion­e che accoglie con piacere: «Non credo sia un qualcosa di casuale. C’è sicurament­e la curiosità per il diverso da sè da cui nasce la voglia di raccontarl­a questa diversità, di misurarsi con argomenti che non ti sono comuni». Che le sue protagonis­te siano tutte donne forti, di carattere, neppure lo stupisce: «Non ho ancora conosciuto una donna che non abbia carattere, personalit­à. Credo sia proprio un qualcosa di connaturat­o all’essere donna. Nella mia vita è andata così e questo mi sento di dover raccontare con i miei personaggi». Cosa che succede anche nel suo ultimo lavoro, nelle sale da ieri: Santocielo, il film natalizio di Ficarra e Picone. Non ci si deve fare sviare dal duo palermitan­o, infatti. Anche qui le donne hanno un ruolo importante e le attrici sono Barbara Ronchi (che Amato ha voluto anche in Imma Tataranni) e Maria Chiara Giannetta di Blanca. «Con Ronchi e Giannetta mi sono trovato molto bene», non nasconde l’entusiasmo Amato. «Sono

molto diverse, vengono da mondi diversi. Con Barbara ho lavorato tanto e la volevo ad ogni costo in questo film. Arrivo quasi a dire che non avrei saputo come fare senza... Non aveva alternativ­e». Scherza ma fino a un certo punto, Amato: «Lei riesce ad essere elegante e comica allo stesso tempo, super borghese e al contempo piena di un’ironia e un’allegria veramente popolane. Sotto questo aspetto è unica». E Giannetta? Non pensate che l’abbia scelta dopo il successo tv di Blanca investigat­rice non vedente: «La prima volta che la vidi era in un episodio di Don Matteo. Subito chiesi “Chi è questa attrice?”. Pensai che era un fenomeno, che aveva una presenza scenica veramente incredibil­e. E quando io vedo il talento in azione comincio a fantastica­re, a pensare a quando riuscirò a lavorare con quella persona di talento. Entrambe non hanno quella che comunement­e intendiamo come bellezza canonica, ma hanno quella bellezza che viene da dentro, dal cuore». Francesco è convinto che gli uomini nel senso di maschi «debbano accogliere quella parte di sé che nella percezione comune non ci dovrebbe corrispond­ere» ed è riservata all’universo femminile. La metafora di Salvatore Ficarra incinto è quindi chiarissim­a: è stata scelta per «esaltare il femminile presente in noi maschietti». Ancora di più: Amato è sicuro che «questo percorso vada fatto per evitare certi risvolti drammatici che ben conosciamo». Ogni riferiment­o ai femminicid­i sempre più numerosi in Italia non è, insomma, puramente casuale.

Mettersi sul “mercato” dei film di Natale, cavalcare la corrente mainstream del cinema, non turba per niente Francesco Amato: «Cosa c’è di più mainstream della prima serata di Raiuno?». Torna a riferirsi a Imma Tataranni . E non lo fa con presunzion­e ma con realismo. Ricordando poi che per lui Natale è anche la sua Filomena Marturano, un classico del teatro napoletano tramutato in film tv sempre con Vanessa Scalera «che è passato in television­e proprio il giorno di Natale». All’origine di Santocielo c’era la volonta comune di «fare un film sugli angeli», quello è stato il punto di incontro. E da lì si è partiti per costruire la sceneggiat­ura con il duo palermitan­o, che questa volta, con Amato in squadra, ha accantonat­o la regia a differenza di quanto fece per il film delle Feste del 2019, Il primo Natale. Si parla di film natalizio e non di cinepanett­one. E questo piace ad Amato: «È sicurament­e un passo avanti, è importante fare un film di Natale che abbia a che fare con il senso profondo del Natale». Parole da credente. Amato lo è? «Sì, io sono credente. O almeno ci provo», conferma. «Non è semplice misurarsi con argomenti come questi, ma proprio per la mia sensibilit­à religiosa ero certo che non avrei fatto un film blasfemo o che comunque finisse per mancare di rispetto alla religione».

Alla fine, al di là delle risate, quel che rimane forte delle varie storie intrecciat­e di Santocielo è l’importanza dell’amore. «La strada che abbiamo scelto ci dice che è proprio l’amore che ti guida. Anche nelle circostanz­e complicate della vita, l’amore può rivelarsi uno strumento utile. Non soltanto per costruire ma anche per lasciare. Come capiscono Salvo Ficarra e Barbara Ronchi nel film». Ed è proprio questo il “messaggio” che Amato spera di trasmetter­e al pubblico delle Feste che ci si augura tornerà a riempire le sale come già è successo guarda caso con una donna, la Delia di Paola Cortellesi in C’è ancora domani. «Io non riesco a considerar­mi come autore cinematogr­afico che pensa le cose in totale autonomia rispetto al giudizio del pubblico», rivela Amato. «Faccio il mio lavoro tenendo ampiamente conto di quella che può essere l’attenzione, la cura per il pubblico e il gradimento che una storia può ricevere da chi va in sala a vederla. Questa cosa l’ho sempre avuta dentro. Anche quando facevo il fotografo, quando raccontavo storie attraverso le fotografie, io pensavo al pubblico».

«NON RIESCO A CONSIDERAR­MI UN AUTORE DI CINEMA SE CIÒ SIGNIFICA PENSARE IN TOTALE AUTONOMIA DAL GIUDIZIO DEL PUBBLICO»

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 ?? ?? Maria Chiara Giannetta con Salvatore Ficarra (a destra) in Santocielo; al centro Vanessa Scalera-Imma Tataranni; in basso Veronica Puccini e Benedetta Porcaroli in 18 regali
Maria Chiara Giannetta con Salvatore Ficarra (a destra) in Santocielo; al centro Vanessa Scalera-Imma Tataranni; in basso Veronica Puccini e Benedetta Porcaroli in 18 regali

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