BERLINGUER 40 ANNI DOPO LA PREMIER E SCHLEIN PRENDANO APPUNTI
L’anno nuovo che sta arrivando sarà attraversato dal ricordo di Enrico Berlinguer, uno dei protagonisti politici del Novecento, scomparso esattamente 40 anni fa, l’11 giugno del 1984: una data che già rimbomba tra mito e nostalgia, con il rumore delle piazze piene (e piene erano pure le urne), Ber-linguer/Ber-lin-guer, Botteghe Oscure e l’Unità che titola “Eccoci”, la bandiera rossa con falce e martello di un comunismo diverso e distante da quello sovietico, per milioni di italiani era Dolce Enrico proprio per quella sua straordinaria originalità politica, così radicale eppure così possibile, e per quel certo senso di tenerezza che scatenava, i capelli arruffati e lo sguardo rugoso e triste, che lo hanno poi reso e lo rendono protagonista di libri, canzoni, film – ce n’è pure uno nuovo in lavorazione, regia di Daniele Segre, dove Berlinguer lo interpreta Elio Germano: «Bravissimo, quando si piega all’indietro da seduto pare proprio papà», ha anticipato a Rep la figlia Bianca, che lo ha visto all’opera. E però l’evento di maggior glamour e suggestione rischia d’essere una mostra ricca di documenti inediti, “I luoghi e le parole di Enrico Berlinguer”, inaugurata all’ex Mattatoio di Roma lo scorso 15 dicembre e che è organizzata dall’Associazione Enrico Berlinguer e dal suo presidente Ugo Sposetti, il quale – ormai da anni – si dedica con la cura del filologo classico al recupero e alla conservazione d’ogni traccia della storia di ciò che fu, significò il Pci, essere militanti del Pci, e perciò credere e sognare in qualcosa di unico. Ricordando il memorabile omaggio che Giorgio Almirante rese al feretro di Berlinguer il giorno del suo leggendario funerale a Roma, c’è stato anche tutto un sommesso chiacchiericcio per capire se magari la premier Giorgia Meloni avesse voglia di bissare, in qualche modo. In realtà, una visita (guidata, magari) alla mostra sarebbe molto opportuna per tutto il gruppo dirigente del Pd. Gli farebbe bene capire da dove vengono molti di loro, per provare a decidere chi debbano essere. Tra l’altro, Elly Schlein abita anche in zona – siamo a Testaccio – e non dovrebbe costargli fatica (certo evitate di dirle che Enrico indossava sempre una grisaglia grigio ferro, un po’ come anche Aldo Moro: miti, oggettivamente, assai poco armocromatici).
OLTRE IL GRIGIO FERRO DELLE GRISAGLIE, L’ORIGINALITÀ POLITICA DEL “DOLCE ENRICO”