GENITORI SEPARATI, FAMIGLIA UNITA I MIEI NATALI NON DA CARTOLINA GIORNI DI FELICITÀ IMPERFETTA E VERA
Sono cresciuta, come immagino molti, con l’idea che il Natale dovesse essere un giorno perfetto, e ubbidire a criteri rigidissimi: una famiglia numerosa, smaccatamente felice, con tanti bambini, tanti regali, un grande albero e un pranzo infinito.
Da piccola, questo imperativo categorico di felicità prestabilita mi ha spesso fatta sentire sbagliata per il semplice motivo di essere figlia unica di genitori separati. E ha rischiato di farmi perdere di vista una realtà ben più importante: trascorrere questo giorno con chi amavo, e poco importa se la mia famiglia non era quella del mito, se la mia tavola non era apparecchiata per dieci, se nessuno di noi era vestito a festa e senza traccia di fatiche o di pensieri. A quasi quarant’anni, al contrario, trovo la nostra cucina commovente: che i miei genitori, separatisi quando ne avevo due, siano riusciti a trascorrere insieme a me il Natale in modo unito e autentico, lo leggo come il senso più alto non solo della ricorrenza, ma del volersi bene davvero.
I Natali che ricordo con più gratitudine sono stati i più disobbedienti ai dettami da cartolina. Sono quelli della mia adolescenza, quando mi svegliavo tardi perché la sera prima ero stata fuori con gli amici, e raggiungevo l’albero in pigiama, tutta stropicciata, e se ero da mia madre arrivava mio padre, o viceversa. Ci scambiavamo i regali, ci sedevamo a tavola, e poi, soprattutto, parlavamo. Per ore. Di politica, di libri, dei nostri desideri e dei nostri timori. Una tavola, noi tre, e un intero giorno a disposizione per dirci tutto. Niente soliti film, niente parenti in visita. Noi, come nel resto dell’anno raramente era possibile. E io, già grande, a godermi il tempo con loro, e la possibilità di conoscerli al di là del ruolo, ad ascoltarli e a farmi ascoltare; sinceri e fiumi in piena.
Se una coppia si separa, può non separarsi in quanto famiglia, ed è forse il regalo di Natale più prezioso che ho ricevuto. I miei genitori e io abbiamo messo da parte la retorica, tenendo quel che davvero conta: la felicità, che non è mai perfetta, ma può essere vera; e lo stesso vale per una famiglia. Ciò non significa che io sia insensibile a certe immagini di lunghe tavolate sorridenti, in case scintillanti dove sembra non mancare mai niente né nessuno. Ho perso i nonni troppo presto, avrei voluto avere più compagnia: il Natale mi ribadisce anche certe crepe. Ma poi sta a me fare tesoro di questo giorno: dell’amore concreto, che non è una quinta di teatro o una pubblicità, ma un fatto – intimo, unico e complesso. Allora benedico lo scarto rispetto alla perfezione, la verità di essere qui, insieme, con quel che la vita ci ha regalato o ci ha tolto, con i nostri sorrisi e le nostre cicatrici, a volerci bene con impegno, per chi siamo, ringraziando in silenzio per questa enorme fortuna.
MI RICORDO ADOLESCENTE CON I MIEI, RIUNITI PER LA FESTA, A FARMI ASCOLTARE E AD ASCOLTARE. PARLANDO, SINCERI, DI TUTTO