«PORTO IN SCENA IL GRANDE NINO VENT’ANNI DOPO»
A gennaio l’attore in Gente di facili costumi, scritta e recitata da Manfredi, scomparso nel 2004: «Lui ancora mi commuove. Mi ha scelto suo figlio, cerco ancora di capire perché...»
Metti un paio di pomeriggi del 1990 in un’Italia lontana, più colorata. L’uno di fronte all’altro, Nino Manfredi – con Sordi, Tognazzi e Gassman uno dei colonnelli della commedia all’italiana, allora vicino ai settant’anni – e il 25enne Flavio Insinna, neodiplomato al Laboratorio di esercitazioni sceniche di Gigi Proietti. Il maestro e l’allievo. Insinna ricorda: «Lo intervistai con molta devozione sul mestiere dell’attore. Prendevo appunti che poi negli anni ho riletto mille volte. Pendevo dalle sue labbra, emozionato come uno scolaretto. Mi spiegò che non esiste niente di facile sul palco e sul set. Che bisogna studiare, studiare, studiare e non accontentarsi mai. Che dietro ogni gesto, anche il più banale, ci sono fatica e lavoro. Chi non ricorda la sua celebre, doppia giravolta? Mi rivelò di averci pensato per mesi, con mille tormenti. Diventò uno dei suoi marchi di fabbrica».
Trentaquattro anni dopo, la lezione di Nino Manfredi rivivrà nell’omaggio del 4 e 5 gennaio al Teatro Argentina di Roma. In scena, la commedia Gente di facili costumi, scritta da Manfredi e da lui interpretata con Pamela Villoresi e Lia Tanzi. La regia dello spettacolo, prodotto da Valerio Santoro per La Pirandelliana, è di Luca Manfredi, il figlio di Nino che già nel 2017 aveva ripreso la figura e la carriera del padre nel film tv In arte Nino con Elio Germano. I protagonisti sono Flavio Insinna e Giulia Fiume. La commedia doveva andare in scena nel 2021 per i 100 anni della nascita di Nino, ma il progetto si bloccò per il Covid. Nel gennaio 2024 si aggiunge un’altra scadenza: i 20 anni dalla morte dell’attore. Dice Insinna: «Abbiamo lavorato sul copione originario, rivedendo solo le parti più strettamente legate al suo autore, per evitare di scimmiottarlo. Nino è inimitabile. È stato un maestro della commedia. Un attore modernissimo, a suo agio nel registro comico come nel drammatico. Penso a film come C’eravamo tanto amati, Nell’anno del Signore, Per grazia ricevuta,Pane e cioccolata, Brutti sporchi e cattivi, Café Express e quasi mi commuovo. Perché Luca ha scelto me? Cerco di scoprirlo giorno per giorno. Quando mi ha proposto la parte gli ho subito detto: devi chiamare Germano, è bravo e in sintonia con te. Lui l’ha presa come una battuta. In fondo, è come riproporre una canzone di Lucio Battisti. Canti in punta di piedi evitando di far danni».
Gente di facili costumi descrive l’incontro di due solitudini. Anna, detta Principessa, prostituta che sogna di diventare giostraia; Ugo, un intellettuale che scrive sceneggiature e sogna il cinema d’autore. Manfredi si chiede che valore hanno ancora l’onestà e la dignità in una società di corrotti e corruttibili. Per Insinna, una sfida da vincere. Così ricorda gli inizi in teatro: «Ero timidissimo. Del resto, fai l’attore per liberarti delle tue fragilità. Ora il teatro è la mia casa, ma non potrei mai fare il regista. A 58 anni mi piacerebbe aiutare i giovani trasferendo loro il mio piccolo sapere. Proietti ci ammoniva: questo mestiere può anche lasciare infelici. Amo stare sul palco. Ma a volte penso che, se tornassi indietro, farei il medico come mio padre. M’ha fregato la paura degli aghi».