«STO PER SPOSARMI, MA CONTINUO A PENSARE CHE FORSE DOMANI NON TORNERÒ A CASA»
L’attivista peruviana racconta come è nata la poesia che ha attraversato le piazze dopo la morte di Giulia Cecchettin, parla del «caso America Latina» e di una nuova generazione di uomini «che sa che il maschilismo danneggia loro per primi»
ono gli appunti di una studentessa di architettura poco più che ventenne, digitati al cellulare durante un lungo, lento viaggio in autobus nel traffico di una capitale sudamericana. «Se domani non rispondo alle tue chiamate, se non ti dico che torno a cena, se il taxi non compare…». Una poesia che è un messaggio alla propria mamma, pensando alle madri delle migliaia di ragazze scomparse e ritrovate in una discarica, in una fossa in giardino, in una valigia abbandonata su una spiaggia, uccise e malsepolte nel greto di un fiume. «Non piangere sulle mie ceneri, mamma. Se domani non torno, distruggi tutto. Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima».
Da allora, invece, è toccato a migliaia di altre donne ancora...
«Adesso di anni ne ho trenta ma continuo a pensare che forse domani non tornerò a casa… Se è possibile, la situazione è peggiorata».
Cristina Torres-Cáceres trova il tempo di rispondere a 7 nel pieno dei preparativi per il proprio matrimonio. Vive ancora a Lima, Perù, porta i capelli lunghi di un rosa acceso, gli occhiali dalla montatura spessa. Una testa di Medusa tatuata sul dorso della mano sinistra, posta su Facebook foto di escursioni al Machu Picchu, si dichiara fan di Lady Gaga e del pesce marinato alla maniera del ceviche. Lavora in un’agenzia immobiliare e di versi simili, dice, «non ne ho più scritti; per la verità non intendo scriverne più».
È consapevole, però, che quel che aveva annotato con urgenza e rabbia dopo l’ennesima notizia di femminicidio — in quel caso la vicenda della diciannovenne messicana Mara Fernanda Castilla, massacrata dall’autista del taxi a noleggio che aveva chiamato per rientrare a casa, il cadavere ritrovato sul ciglio di una strada di Puebla avvolto nelle lenzuola di un motel — è diventato manifesto globale delle proteste contro i femminicidi; ripreso dalle argentine di “Ni una menos” (Non una di meno); rimbalzato nei comunicati delle attiviste nordamericane, quindi rilanciato da questa parte