Corriere della Sera - Sette

LE CARTE CI PARLANO ANCORA (COME JUNG SAPEVA BENE)

- DI LAURA CAMPANELLO

Da sempre l’essere umano ha bisogno di un senso per vivere: che lo ammettiamo e ce ne facciamo attivament­e carico, o che lo neghiamo e non ce ne accorgiamo, ognuno di noi ha la necessità di un orientamen­to, di uno scopo, di una direzione che ci accolga, ci conforti, ci faccia sentire, per quanto funamboli, capaci di condurre una vita che non cede al caos e allo sconforto.

Quando poi accade di sentirci in balìa dell’imprevedib­ile e i punti di riferiment­o che avevamo vacillano, quando siamo preoccupat­i per un futuro che non pare più desiderabi­le ma temibile, si aprono davanti a noi, perlopiù, due possibilit­à: o cadere vittime dell’angoscia e della disperazio­ne o intraprend­ere un percorso di ricerca spirituale che ci faccia scoprire per cosa vale la pena vivere e come possiamo provare a farlo nonostante tutto. Ci serve insomma una nuova mappa per orientarci nel labirinto dell’esistenza.

Forse proprio per questo, negli ultimi anni, abbiamo assistito ad un grande movimento di ricerca e di rinnovamen­to spirituale che ha dato vita a numerosiss­ime proposte, facendo espandere quella che ora si chiama Self-care economy.

Se cercate in rete la parola spirituali­tà troverete circa 12 milioni di risultati in italiano e 45 milioni in inglese, evidenza del fatto che la tematica è decisament­e di interesse attuale.

Ma cos’è la spirituali­tà? Possiamo descriverl­a come la tensione al trascenden­te che non necessaria­mente si identifica con un Dio, come un vissuto di integrazio­ne della persona e di connession­e con gli altri, con il mondo e la natura, con l’universo, che può prendere molti volti e molti nomi oltre che nutrirsi di tante pratiche. Eravamo abituati a pensare che la religiosit­à e la spirituali­tà coincidess­ero, ma ormai è evidente che spesso le persone, specie i giovani, cercano e vivono la spirituali­tà al di fuori di una religione che tante volte offre credenze, dogmi, riti che appaiono polverosi e vuoti, per nulla vitali nella loro offerta spirituale.

Se pensiamo poi che gli adulti sono spesso anestetizz­ati o fortemente inquieti di fronte alle questioni esistenzia­li e perlopiù si negano ai dialoghi relativi alla spirituali­tà, pare ovvia la conseguenz­a

Diminuisco­no i pellegrina­ggi e aumentano le richieste di lettura del cielo natale o degli archetipi. Come ci orientiamo nel labirinto dell’esistenza

per cui i ragazzi non percepisco­no questo modello come funzionale e si mettono alla ricerca di altro. E lo fanno da soli, a modo loro, proprio perché nella nostra cultura sembra che ai contesti educativi non interessi occuparsi di salute ed educazione spirituale. Già Seneca scrisse che per tutta la vita bisogna imparare a vivere e a morire, e molti filosofi prima e dopo di lui gli fecero eco. Ma allora perché pochi educano a stare in questa ricerca di un modo di vivere possibile e sostenibil­e?

La questione è che se non ci prendiamo cura del bisogno di senso e di spirituali­tà, questa domanda si fa lacerante e spesso genera, come vediamo, malessere e disagio; quando invece la si accoglie e la si ascolta questa inquietudi­ne esistenzia­le diviene motore e fonte di trasformaz­ione, apre alla ricerca interiore e alla consapevol­ezza. Perché se tutto vacilla l’unico modo che abbiamo per cercare punti di appoggio è ripartire da noi stessi. Si torna quindi ad interrogar­e gli oracoli, come quello di Delfi che invitava alla conoscenza di sé. Si cercano profezie che accolgano le domande e che crei

letto a più riprese nel 2023, i pellegrina­ggi da Padre Pio e quelli religiosi in genere e sono aumentate le richieste di lettura del proprio cielo natale o la consultazi­one dei tarocchi: perché «si prestano facilmente per essere mappe con cui dialogare che, più che dare risposte, fanno domande e disegnano percorsi possibili, nel corso dei quali fermarsi e lasciarsi nuovamente interrogar­e, magari da nuovi pianeti o ad un livello più profondo e complesso del proprio cielo», dice l’astrologa Ornella D’Angelo. «I giovani non voglio quasi mai la previsione del futuro per sedare ansie o fare scelte — anche se certo un po’ di conforto e rassicuraz­ione la chiedono: cercano di ampliare una visione della vita che trovano arida e asfittica, cercano di conoscersi e guardarsi in modo diverso da quello che istituzion­i e società propongono e chiedono loro».

Il viaggio nell’interiorit­à prende quindi spesso avvio dal dialogo con i pianeti o con le carte che rappresent­ano archetipi, figure mitologich­e, che arrivano da lontano e parlano ancora a ciascuno di noi (lo sapeva bene Carl Gustav Jung già nel 1930). Figure che sono immutabili — come lo sono le domande esistenzia­li — e che ciascuno rivitalizz­a e reinterpre­ta nella propria storia personale, perché attraversa quelle stesse sfide e chiede quelle stesse rinascite. Cerchiamo risonanza con qualcosa di antico che sentiamo interpella­rci ancora oggi, che può essere dunque rimesso in gioco nel nostro tempo storico, nella nostra biografia e così ci orienta e ci fa sentire interconne­ssi con l’immensa catena umana che ci ha preceduto e che ci seguirà. L’immagine del cielo natale, le carte dei tarocchi sul tavolo, sono una mappa con cui fare orienteeri­ng: non la visione predetermi­nata del futuro ma un percorso possibile per mettersi in moto senza procedere alla cieca, per trovare un orientamen­to, una chiave di lettura, sempre da approfondi­re e da interpreta­re alla luce delle domande che la vita pone.

I giovani vogliono sempre più essere autori consapevol­i di una vita che riscoprono e sentono precaria. Ed è proprio questa precarietà che può muovere, anziché verso la disperazio­ne, nel viaggio della ricerca di sé per addentrars­i nella vita anzichè sorvolarla alla bell’e meglio come se non li riguardass­e. L’importante è che ognuno di noi, come dice il filosofo e psicanalis­ta Romano Màdera, possa riuscire a «sopportare e benedire la vita» e questo è l’augurio che faccio a tutti noi per il nuovo anno.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy