IL PREMIERATO E LA GESTIONE CAPRICCIOSA DEL POTERE
regisalessandro@virgilio.it chi svolge fondamentali funzioni di controllo: legislativo, istituzionale o giudiziario. L’autonomia, compresa quella dei giornalisti, è di per sé sospetta. La riforma del premierato serve quindi a trasformare questa situazione ora solo di fatto in una condizione di diritto: un capo del governo istituzionalmente sopra ogni altro potere dello Stato in quanto scelto dal popolo (magari con appena il 30% degli elettori). Senza nessun contrappeso, essenziale in ogni democrazia matura e funzionante. È una strada che ci porta fuori dalla nostra Costituzione e dalla Repubblica parlamentare. Quando Giorgia Meloni o Ignazio La Russa, con un linguaggio che strizza l’occhio all’antipolitica e al populismo più becero, sostengono che devono essere i cittadini a decidere e non i partiti con i loro “giochi di palazzo” stanno immaginando un sistema in cui a perdere centralità è il Parlamento.
Non sembra un grande affare, in tempi di tribalizzazione della politica e contrapposizioni estreme, svuotare di forza l’istituzione che più di tutte rappresenta il campo della mediazione e della rappresentanza. Istituzione peraltro già svuotata, come racconta l’iter della manovra economica, l’atto legislativo supremo, su cui il Parlamento non è praticamente potuto intervenire. Ma non è più tempo di mediazioni. Nulla è più funzionale a Giorgia Meloni di questa lunga lista di nemici. Ed è questo lo spartito che continuerà a suonare anche nel 2024, per coprire il rumore di fondo che viene dalla società, sempre più in difficoltà, e magari anche dai partner europei, che non si possono trattare come invece si trattano gli avversari interni. È per questo che il premierato tanto sponsorizzato dalla Meloni non è un atto di progresso verso più democrazia e più potere al popolo, bensì un cammino verso la gestione autoritaria, arbitraria e capricciosa del potere.