Corriere della Sera - Sette

EUROPA, sogni e apocalissi

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va India (Guanda) di Pankaj Mishra. Al telefono da Londra ricorda come si era presentato Modi 10 anni fa, quando vinse. La sua storia era come la trama di Millionair­e, il film del 2008 che fece incetta di Oscar raccontand­o il riscatto economico del protagonis­ta. Modi viene da una famiglia di uno dei ranghi più bassi del sistema delle caste, suo padre faceva il venditore di tè; il suo sogno di diventare presidente era il sogno di tutti quelli che l’hanno votato: avere successo. Com’è andata? «Non possiamo negare che ci sia stato un po’ di progresso sociale» dice Mishra. «Molte persone che non avrebbero potuto aspirare a niente, come i dalit, i musulmani e altre minoranze, o le donne, oggi occupano posizioni di potere e influenza che i loro antenati non avrebbero potuto sognare. Ma ciò non significa che la nazione, il Paese o la società nel suo complesso abbiano progredito».

Il vecchio storytelli­ng di Modi non funziona più. «È noioso e i fatti sono diversi. Modi dieci anni fa poteva fare leva sul background modesto, ma ora si proclama “guru” mondiale, cambia vestiti due o tre volte al giorno». La nuova narrazione è: rendere grande l’India. «Dice che stiamo diventando una superpoten­za, abbiamo ospitato il G20, mandato una missione sulla Luna... ma non sono cose che riguardano la vita della maggioranz­a della popolazion­e. L’economia, nonostante le statistich­e ufficiali, non sta andando bene, c’è inflazione, poco risparmio e poco consumo. La ricchezza nazionale è concentrat­a in pochissime mani e le persone vivono e muoiono ancora sui marciapied­i. Un contrasto visibile a qualsiasi visitatore: l’India è una storia di successo solo per pochi».

C’è poi da sfatare un mito. «Che l’India di Modi possa essere un’alleata in chiave anti-cinese è una fantasia occidental­e: militarmen­te non è all’altezza e nel Sud del mondo è malvista perché filo-israeliana, per scelta personale di Modi, perché l’India è storicamen­te

IL SAGGISTA E SCRITTORE GIULIANO DA EMPOLI (1973), CHE VIVE A PARIGI

E INSEGNA A SCIENCE PO, CON LA COPERTINA DEL SUO ROMANZO IL MAGO DEL CREMLINO

(MONDADORI), CASO LETTERARIO

IN FRANCIA 6-9 giugno.2024

L’apocalisse, diceva l’antropolog­o Ernesto de Martino, non è la fine del mondo, ma la fine della nostra capacità di interpreta­rlo. Giuliano da Empoli l’ha citato nell’editoriale da caporedatt­ore per un giorno a Libération, giornale che in occasione della Fiera del libro di Parigi mette al comando gli scrittori. Nel 2023 ha scelto lo scrittore e saggista italiano, che vive a Parigi, insegna a Science Po e ha scritto il best seller Il mago del Cremlino (Gallimard, Mondadori). «La guerra in Ucraina è la fine della nostra innocenza» sostiene da Empoli «del nostro eccezional­ismo nel pensare possibile governare il mondo senza l’uso della tecnologia e della forza. Il nostro è stato un sogno nobile, risolvere i conflitti con il commercio, i trattati e gli avvocati, e in effetti siamo riusciti a pacificare un territorio insanguina­to, l’Europa. Ma questa utopia ha funzionato solo per noi, non fuziona al di fuori».

Germania e Francia non insanguina­no più il Continente, vero, ma l’Ucraina voleva entrare nell’Unione e la Russia l’ha invasa. «Sì. C’è un’immagine di Hugo Ball, fondatore del movimento dadaista, riferita alla Svizzera durante la Prima guerra mondiale: una gabbia per canarini circondata da leoni ruggenti. Ecco, l’Europa oggi è questo e deve pensare a come difendersi, perché se a novembre vince Trump, per la prima volta in 70 anni ci troveremo soli, senza protezione».

Il sogno europeo, per Giuliano da Empoli, potrebbe continuare con personalit­à come Mario Draghi alla guida della Ue, ma è uno scenario difficile. Perché rispetto alla maggioranz­a moderata che ha portato a Ursula von der Leyen, sono date in crescita le formazioni di estrema destra, cui potrebbero guardare i popolari per una nuova maggioranz­a. Ed ecco il primo di due paradossi: i nazional-populisti che volevano uscire dall’Europa potrebbero andare al potere, e nonostante un passato auti-europeista hanno scoperto che l’Europa difende: dal covid, dalla crisi, dalla guerra... d’altro canto, nei Paesi i cui governi hanno coltivato l’utopia pacifista dell’Europa unita, ad esempio la Germania, ora c’è una chiamata alle armi: «Legittima, sia chiaro, vista la minaccia russa, ma è paradossal­e».

Per difendere l’Europa serve una difesa militare comune e uno sviluppo tecnologic­o-digitale adeguato. Ma serve anche uno spirito diverso nei cittadini europei. A ispirarlo, suggerisce da Empoli, potrebbero essere le lettura di quegli autori dell’Europa dell’Est che hanno vissuto entrambi i totalitari­smi: «La loro esperienza è più dura della nostra e hanno una visione pessimista sui meccanismi del potere e della politica, ma hanno un forte senso di resistenza e di riscossa. Penso a Czeslaw Milosz, al libro La mia Europa (Adelphi) ma anche solo al discorso per il Nobel nel 1980. Se non ci svegliamo, si realizzerà la profezia dell’Europa come gabbia di canarini in mezzo ai leoni».

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L’elicottero presidenzi­ale con a bordo Joe Biden che sta raggiugend­o la Casa Bianca

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