Corriere della Sera - Sette

«IL MODELLO È MIA MADRE: IO SONO UN PAPÀ DA CONTATTO NON UN SEMAFORO ROSSO»

- DI MARIA LUISA AGNESE E GRETA SCLAUNICH

Lo scrittore due volte Premio Strega ha cinque figli, nati da due amori diversi. «La mia vita è cambiata più volte e pure l’approccio pedagogico è cambiato», racconta. «Quando gli leggevo Harry Potter per farlo addormenta­re, il mio bambino mi teneva il naso con la manina, perché non me ne andassi: mi piaceva, era una specie di secondo cordone ombelicale»

Devo andare a prendere il figliolo a scuola alle 15.20, è possibile sentirci con più calma alle 15.35?». Sandro Veronesi, lo scrittore due volte premio Strega con Caos calmo e Il colibrì, si scusa per il leggero ritardo sull’orario preventiva­to per l’intervista. Più che giustifica­to, stiamo per parlare di nuovi padri e di ruolo genitorial­e e siccome l’esempio è la cosa che conta, con lo scrittore che abbandona la penna per andare a prendere a scuola (causa leggera pioggerell­ina) il più piccolo di casa, ultimo di cinque figli nati da due amori diversi, si comincia già con il piede giusto.

Lei dovrebbe essere libero docente ormai in materia. A che punto siamo come educatori, in questa transizion­e di valori? Lei che voto si dà?

«Io, come genitore, non mi giudico. Cerco di razionaliz­zare degli impulsi che sono quelli che provo d’istinto nei confronti dei miei figli. Istinti dei quali mi fido molto, per cui se sento che c’è un pericolo che potrebbe coinvolger­e un mio figlio in una cattiva interpreta­zione dei valori, cerco di intervenir­e nel modo in cui sono capace. Io non sono né un genitore né una persona severa, perciò non intervengo in modo severo. Cerco di intervenir­e per avere credibilit­à perché tu ci puoi mettere tutta l’autorità che vuoi ma oggi senza autorevole­zza con i figli si ottiene poco».

Sclaunich: Ci fa un esempio?

«Qualche anno fa, quando erano piccoli i miei primi tre figli che adesso ormai sono fuori casa, c’era in television­e molto wrestling, questa lotta un po’ finta un po’ vera, non ho mai capito. E siccome era molto di moda i bambini la guardavano e tendevano anche a replicarle, queste mosse, con grande preoccupaz­ione dei genitori. Invece io dicevo lasciamogl­ielo vedere, controllia­mo solo che non si mettano a farlo con i fratellini più piccoli, e aspettiamo che gli venga a noia, e così è stato. Intervenen­do in modo più autoritari­o avrei potuto creare un senso del proibito, al quale ambire». Agnese: Lei è per il non intervento. Recentemen­te però il papà di Giulia Cecchettin si è interrogat­o se, a costo di essere un po’ scorretti, non dovremmo avere un po’ più controllo sui figli, per non perdere i contatti con loro, quando crescono.

«Su questo tema c’è una sottovalut­azione generale perché non si pensa mai che la smania di controllo possa sfociare

«CERCO DI INTERVENIR­E PER AVERE CREDIBILIT­À, PERCHÉ PUOI METTERCI TUTTA L’AUTORITÀ CHE VUOI, MA SENZA AUTOREVOLE­ZZA OTTIENI POCO»

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