«IL MODELLO È MIA MADRE: IO SONO UN PAPÀ DA CONTATTO NON UN SEMAFORO ROSSO»
Lo scrittore due volte Premio Strega ha cinque figli, nati da due amori diversi. «La mia vita è cambiata più volte e pure l’approccio pedagogico è cambiato», racconta. «Quando gli leggevo Harry Potter per farlo addormentare, il mio bambino mi teneva il naso con la manina, perché non me ne andassi: mi piaceva, era una specie di secondo cordone ombelicale»
Devo andare a prendere il figliolo a scuola alle 15.20, è possibile sentirci con più calma alle 15.35?». Sandro Veronesi, lo scrittore due volte premio Strega con Caos calmo e Il colibrì, si scusa per il leggero ritardo sull’orario preventivato per l’intervista. Più che giustificato, stiamo per parlare di nuovi padri e di ruolo genitoriale e siccome l’esempio è la cosa che conta, con lo scrittore che abbandona la penna per andare a prendere a scuola (causa leggera pioggerellina) il più piccolo di casa, ultimo di cinque figli nati da due amori diversi, si comincia già con il piede giusto.
Lei dovrebbe essere libero docente ormai in materia. A che punto siamo come educatori, in questa transizione di valori? Lei che voto si dà?
«Io, come genitore, non mi giudico. Cerco di razionalizzare degli impulsi che sono quelli che provo d’istinto nei confronti dei miei figli. Istinti dei quali mi fido molto, per cui se sento che c’è un pericolo che potrebbe coinvolgere un mio figlio in una cattiva interpretazione dei valori, cerco di intervenire nel modo in cui sono capace. Io non sono né un genitore né una persona severa, perciò non intervengo in modo severo. Cerco di intervenire per avere credibilità perché tu ci puoi mettere tutta l’autorità che vuoi ma oggi senza autorevolezza con i figli si ottiene poco».
Sclaunich: Ci fa un esempio?
«Qualche anno fa, quando erano piccoli i miei primi tre figli che adesso ormai sono fuori casa, c’era in televisione molto wrestling, questa lotta un po’ finta un po’ vera, non ho mai capito. E siccome era molto di moda i bambini la guardavano e tendevano anche a replicarle, queste mosse, con grande preoccupazione dei genitori. Invece io dicevo lasciamoglielo vedere, controlliamo solo che non si mettano a farlo con i fratellini più piccoli, e aspettiamo che gli venga a noia, e così è stato. Intervenendo in modo più autoritario avrei potuto creare un senso del proibito, al quale ambire». Agnese: Lei è per il non intervento. Recentemente però il papà di Giulia Cecchettin si è interrogato se, a costo di essere un po’ scorretti, non dovremmo avere un po’ più controllo sui figli, per non perdere i contatti con loro, quando crescono.
«Su questo tema c’è una sottovalutazione generale perché non si pensa mai che la smania di controllo possa sfociare
«CERCO DI INTERVENIRE PER AVERE CREDIBILITÀ, PERCHÉ PUOI METTERCI TUTTA L’AUTORITÀ CHE VUOI, MA SENZA AUTOREVOLEZZA OTTIENI POCO»