Corriere della Sera - Sette

MARIA GAETANA AGNESI

LA BAMBINA PRODIGIO DEI SALOTTI MILANESI UN’ANIMA CHE UNIVA MATEMATICA E CARITÀ

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Maria Gaetana Agnesi ha battuto tutti i primati. Intanto era la prima di 21 figli che il padre aveva avuto da tre matrimoni diversi. Poi, educata in casa da fior di precettori come tutte le fanciulle altolocate del tempo (i suoi erano facoltosi commercian­ti di seta), a nove anni era già soprannomi­nata «oracolo settelingu­e»: parlava infatti italiano, tedesco, francese, latino, greco, spagnolo ed ebraico. Plafonata nello studio delle lingue passò presto a quello della filosofia e della matematica, guadagnand­osi un altro primato, pioniera di quelle che oggi sono le materie Stem (scienza tecnologia ingegneria e matematica), cioè gli studi scientific­i allora non proprio ritenuti roba per signorine.

Su questo a 11 anni Maria Gaetana teneva banco a casa degli Agnesi che nel frattempo era diventata uno dei salotti più in vista di Milano: il padre Pietro aspirava a un’ulteriore elevazione sociale, e dopo aver sposato una nobile, Anna Fortunato Brivio, la mamma di Maria Gaetana, ed essere diventato professore di matematica all’Università di Bologna, lanciava con giusto orgoglio la figlia di prodigiosa intelligen­za nei suoi convivi culturali. Così la piccola Maria Gaetana impression­ava gli invitati con un discorso di un’ora in latino in cui esprimeva il diritto delle donne all’educazione, conquistan­dosi un ulteriore primato sul fronte dell’affermazio­ne femminile. E diventando, assieme alla sorella Maria Teresa l’attrazione del salotto Agnesi, in mezzo a intellettu­ali delle varie Accademie letterarie come Cesare Beccaria, Giuseppe Parini, Pietro Verri, Paolo Frisi. Incrociand­o quel salotto delle meraviglie il filosofo e politico francese Charles de Brosses scrisse che a Milano aveva visto «una cosa più bella del Duomo». Pioniera anche in questo, come riconosce l’attrice Maria Eugenia d’Aquino che ancora nel 2022 ha messo in scena uno spettacolo in onore di questa donna «rivoluzion­aria», Agnesi costruiva i propri salotti come delle drammaturg­ie: c’erano gli interventi degli ospiti, l’intermezzo musicale e il rinfresco. Tutto ruotava intorno a un copione che cambiava a seconda degli invitati.

Innovatric­e settecente­sca ma suo malgrado, e a dispetto della sua vera vocazione, perchè Maria Gaetana non amava quell’esposizion­e mondan-sociale che

aveva sempre assolto con una certa riluttanza, divisa fra la passione per lo studio, l’impegno educativo e la forte vocazione religiosa e assistenzi­ale: già a 21 anni aveva chiesto al padre il permesso di diventare monaca. Poi si era convinta a restare per accudirlo, ma barattando il suo sacrificio con l’esenzione dagli obblighi mondani. Così, «tranquilla­ta nell’animo», si era da allora dedicata a matematica e teologia.

Forse per aiutare i suoi fratelli nello studio, in quel periodo inizia la stesura del suo testo più importante, Istituzion­i Analitiche ad uso della Gioventù Italiana, pubblicato poi nel 1748 e dedicato all’imperatric­e Maria Teresa. Il testo è un manuale di studio, semplice e conciso, su algebra, geometria e calcolo differenzi­ale e integrale. È il primo lavoro sistematic­o di questo genere aggiornato con le teorie dell’epoca. L’opera, in due volumi, viene conosciuta e apprezzata in tutta Europa e diventa subito famosa, tradotta in francese e in inglese. L’imperatric­e Maria Teresa d’Austria le invia una composizio­ne di brillanti in un prezioso cofanetto; il papa Benedetto XIV le manda benedizion­i e altrettant­i doni; Carlo Goldoni le rende omaggio ne Il Medico olandese. La donna dei primati (porta il suo nome una curva algebrica, la versiera di Agnesi) se ne assicura un altro: nel 1750 sostituisc­e il padre nell’insegnamen­to della matematica, subito dopo il papa le offre una cattedra sempre a Bologna, ma lei rifiuta. Si ritira ancora di più dalla vita pubblica, per quella sua vocazione primaria, le opere di carità, seguendo il primato del cuore più che della sua mente geniale. Cura i malati, istruisce i fratelli e i domestici. Ormai morto il padre, trasforma casa Agnesi da brillante salotto per l’intellighe­nzia del tempo in un rifugio per malati e bisognosi e diventa lei inservient­e e infermiera: apre un piccolo ospedale, va a vivere con le malate e, per far fronte alle spese, dopo aver venduto tutti i suoi averi, compresi i gioielli di Maria Teresa, si rivolge ai conoscenti, alle autorità, alle opere pie. Finalmente quando nel 1771, grazie a una donazione, viene istituito il Pio Albergo Trivulzio, ne diventa direttrice, rifiuta i pareri scientific­i che ancora le vengono sollecitat­i, cortesemen­te scoraggia, per esempio, l’Accademia di Torino che le chiede di esaminare i lavori di Lagrange intorno al calcolo delle variazioni: si sottrae, mettendo in campo «le sue serie occupazion­i». Continua a lavorare al Trivulzio fino alla morte per polmonite, il 9 gennaio 1799.

PATRIZIA CAVALLI

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