ANTIFEMMINISMI PARALLELI BERLUSCONI & PUTIN MA ANCHE BERLINGUER...
I “nemici” dell’emancipazione sono sia a destra sia a sinistra, ieri ma anche oggi: la saggista Mirella Serri li racconta. A partire da Nilde Iotti e la «mitragliata di colpi bassi» che il “suo” Pci le riservò
La storia dei femminicidi in Italia è «la narrazione di una guerra». Uomini contro donne. Uomini che non accettano l’emancipazione e traducono il rifiuto di mogli, compagne o ex «in atti di violenza psicologica o fisica» che molte, troppe volte, avvengono in ambito familiare e domestico. Dopo Mussolini ha fatto tanto per le donne! (Longanesi, 2022), in cui dissotterra le «radici fasciste del maschilismo italiano» e ripercorre la biografia del Duce per dimostrare come non amasse ma temesse le donne, la saggista e scrittrice Mirella Serri torna a indagare il tema nel volume Uomini contro. La lunga marcia dell’antifemminismo italiano. Un saggio di bruciante attualità, che racconta la lunga guerra della destra contro le donne e al tempo stesso smaschera il falso egualitarismo di buona parte della sinistra.
Nata a Roma nel 1949, la saggista e giornalista che ha insegnato Letteratura italiana all’università La Sapienza e collabora tra l’altro con il Corriere della Sera ha firmato un lavoro corposo, pubblicato dac Longanesi & C. Duecento pagine dense e scorrevoli per ripercorrere l’ultimo secolo di storia alla luce del «problema femminile», vissuto come tale dal Duce e da Stalin, da Evola e da Berlusconi. A legare personaggi e periodi storicamente lontani è il filo rosso (o nero) del patriarcato, dalle dittature nazifasciste e staliniste fino alla società di oggi. Pari opportunità negate e raffigurazione della donna subalterna e vestale, contrapposta all’immagine dell’uomo-guerriero.
Se nel primo saggio sui rapporti tra Mussolini e le donne Mirella Serri aveva indagato il prototipo ideale a cui l’altra metà del cielo veniva costretta ad adeguarsi — l’angelo del focolare, la moglie devota che consacra e sacrifica l’esistenza al marito e alla riproduzione — in Uomini contro ricostruisce le date, i pensieri e le leggi attraverso i quali il Duce dichiarò guerra alle donne. Salari dimezzati, divieto di insegnare lettere e filosofia nei licei e le materie scientifiche negli istituti tecnici, concorsi pubblici riservati ai maschi. Via via, nell’arco del Ventennio, le donne
vennero tagliate fuori dalla vita attiva, mortificate nella femminilità e nella voglia di vivere, schiacciate nell’immagine della «fascista velata, in nero, esaltata nel suo ruolo o di vedova o di madre di eroi periti in battaglia».
È però di una donna di sinistra il nome e il volto che l’autrice sceglie come emblema di quanto difficile sia stato emergere e conquistare la libertà, anche per l’universo femminile progressista. Gli stessi uomini con cui avevano lottato fianco a fianco nelle battaglie partigiane, con cui avevano diviso il pane secco e rischiato la vita, un volta in Parlamento tradirono gli ideali di uguaglianza per i quali avevano combattuto e si guardarono bene dal fare loro posto sugli scranni della politica. Anzi, misero in atto forme di ostruzionismo a volte occulte e a volte palesi, pur di impedire o limitare l’avanzata delle donne.
Nilde Iotti, nata nel 1920, è sin dalle prime pagine una protagonista del saggio. Mirella Serri racconta la «smitragliata di colpi bassi» ricevuti all’inizio del 1961 dalla politica allora quarantunenne, destinata a diventare la prima donna presidente della Camera dei deputati. Attacchi misogini assestati da comunisti russi e anquel che dai compagni italiani della direzione del Pci, per via della sua formazione cattolica e per la storia d’amore con Palmiro Togliatti, il segretario del partito. In gioco c’era la presidenza della Commissione femminile. Iotti vantava titoli ed esperienza, eppure subì agguati verbali pesantissimi. Giorgio Amendola disse che la candidata poteva assolvere il compito «se ben aiutata» e altrettanto sprezzante, stando ai racconti dell’epoca, fu Enrico Berlinguer: «Non sono sicuro che possa portare a posto di direzione la serenità necessaria...».
Per anni Iotti fu investita da un carico di «sospetti, di illazioni e di pettegolezzi», fu accusata di non avere intuito politico, di essere umorale, inaffidabile, piena di «difetti» e poco capace di mediare. E solo perché era una donna. «Nilde» si legge nell’illuminante introduzione al volume «è una delle prime illustri vittime di entrambi i totalitarismi, fascista e sovietico». È anche attraverso la sua vita e la sua carriera che Serri fa luce su quel «nemico oscuro» che si è annidato nella politica, nella stampa, nella propaganda: la lotta degli uomini per fermare il progresso delle donne per impedirne la rinascita, l’emancipazione, il riscatto e allontanare la parità.
Un nemico che ancora oggi - denuncia l’autrice - sorprendentemente si annida nella societá e nella cultura di un Paese come l’Italia, per la prima volta guidato da una donna. La figura di Giorgia Meloni non è centrale nel libro, eppure Serri ricorda che «la prima donna assurta al ruolo di capo del governo è stata designata da una coalizione di centro-destra». E non è un caso. L’autrice dà atto ai partiti progressisti di essersi schierati dalla parte
LA PRIMA PRESIDENTE DELLA CAMERA FU ACCUSATA DAI COMPAGNI, RUSSI E ITALIANI, DI ESSERE UMORALE, INCAPACE DI MEDIARE (E DI ORIGINI CATTOLICHE)
delle donne e di aver lavorato e lottato per scrivere e migliorare le leggi in loro favore, ma non dimentica che la sinistra «di frequente ha limitato persino le proprie componenti femminili nella crescita e nel superamento del soffitto di cristallo in politica e nelle istituzioni». E così, per paradosso, è toccato alla destra esprimere la prima premier, nonostante le sue donne abbiano spesso «remato contro le rivendicazioni femminili di cambiamento e di innovazione».
A Silvio Berlusconi, scomparso il 12 giugno del 2023, l’autrice rimprovera (tra l’altro) l’ostilità dichiarata al femminismo, la «mercificazione» del corpo delle donne e l’aver modellato «tramite tv e giornali la cultura antifemminista degli anni Novanta-Duemila». Il capitolo Silvio e Vladimir superuomini di Stato racconta l’amicizia e la «profonda sintonia» che unì Berlusconi a Putin, simboleggiata dal celeberrimo «lettone a tre piazze» donato dall’autocrate russo al leader italiano e divenuto famoso «per aver ospitato giovani fanciulle ed escort».
Una pagina via l’altra il ritratto di Putin si fa processo. I tradimenti coniugali, poi il tradimento del popolo e delle donne russe, la «legge sugli schiaffi» del 2017 che depenalizza il reato di violenza domestica in assenza di lesioni molto gravi, la «tutela del maschio pater familias», la propaganda anti-gay e la progressiva «deriva antioccidentale, antiomosessuale, antifemminista». Il filo rosso con cui Serri cuce in una trama fitta date, eventi e personaggi non è una pennellata di colore, ma uno strumento di indagine affilato come un bisturi che serve all’autrice per incidere la sua tesi: «La lunga marcia dell’antifemminismo italiano è approdata in Russia e alimenta l’ostilità nei confronti del sistema democratico dell’Occidente, cercando di ridurre in stato di assoggettamento il mondo femminile perché, proprio come sostiene Vladimir Putin, l’eccesso di autonomia femminile mette in crisi «la sicurezza nazionale e fa vacillare l’autorità statale”».
L’Italia non è la Russia e Berlusconi non era Putin. Eppure Mirella Serri argomenta che le autocrazie di oggi, come i regimi totalitari del passato, hanno «schiacciato ogni conquista dell’altra metà del cielo» e scolpisce nero su bianco il suo monito: quell’esito fatale «può ripresentarsi nuovamente anche in Italia».
Chi sono quindi, gli «uomini contro»? Sono tutti coloro che, dalla fine della Seconda guerra mondiale in avanti, si sono rivelati avversari dell’emancipazione femminile, impegnandosi «per il mantenimento degli stereotipi di inferiorità e di subalternità che erano stati alimentati dalla propaganda mussoliniana». Chi sfogliasse il libro senza sgombrare la mente dai pregiudizi di parte, potrebbe chiedersi cosa leghi la vita di Nilde Iotti alla storia di Julius Evola - il filosofo della destra più radicale, altro protagonista del libro - alle rivolte femministe degli anni Settanta e poi al lungo e sanguinoso regno di Vladimir Putin. La risposta la fornisce la stessa autrice: «Queste situazioni estreme e queste personalità assolutamente disparate rientrano nel composto mosaico della reazione nei confronti dell’evoluzione e del progresso femminile».
Per il 2023 Treccani ha scelto «femminicidio» come parola dell’anno e il solo doverlo ricordare nero su bianco mette i brividi. Mirella Serri, avendo studiato in profondità le origini di questo dramma infinito, distilla caratteri tipografici come gocce di sangue. È un guerra, scrive. Una cronologia dell’orrore: «I femminicidi sono dunque uno dei punti più estremi dell’approdo di massa della cultura degli “uomini contro”, che non accettano l’emancipazione della donna». L’uguaglianza di genere è sotto attacco ancora oggi, nei regimi totali e autocratici e non solo. «Non è dunque vero che la democrazia oggi non sia a rischio,anche in Italia» avverte Serri nelle ultime righe. «Per renderla più fragile basta la riduzione dell’autonomia e del percorso di emancipazione femminile». Giorgia Meloni le risponderebbe come fece in Aula, gelando la dem Debora Serracchiani: «Mi guardi, le sembra che io sia un passo dietro agli uomini?».
LA SCRITTRICE MIRELLA SERRI: «I FEMMINICIDI SONO UNO DEI PUNTI PIÙ ESTREMI DELL’APPRODO DI MASSA DELLA CULTURA ESPRESSA DAGLI UOMINI CONTRO »