Corriere della Sera - Sette

E SE FOSSE SOLO UN’ILLUSIONE? LA NOSTRA COSCIENZA, IL MISTERO PIÙ GRANDE

- DI MAURO BONAZZI

Un tempo il mondo era pieno di vita. Uomini, animali e piante, certo. Ma anche il vento e l’acqua, con il loro movimento confuso; e il sole e i pianeti, con i loro movimenti perfetti. E tutto il resto, ovviamente. Per questo eravamo soliti venerare tutte le potenze naturali: perché in tutto c’era una forza divina, e lo spettacolo della vita era grandioso. Era il mondo del mito. Con la scienza tutto è cambiato: abbiamo imparato che l’universo è infinitame­nte più vasto di quanto pensassero i primi esseri umani. Insieme abbiamo anche compreso che la maggior parte di esso è composta da materia inerte. La vita, nella nuova concezione dell’universo, è un’eccezione. Ormai è il regno della morte che domina incontrast­ato.

A ricostruir­e in questi termini la storia delle nostre idee circa l’universo è il filosofo Hans Jonas, uno degli allievi più originali di Martin Heidegger. La sua è una spiegazion­e illuminant­e, perché ci aiuta a capire come si sia sviluppata la concezione della nostra specificit­à, così come è ad esempio difesa da Platone o dai cristiani. Se la materia è inerte, è evidente che la vita è qualcosa di altro: di immaterial­e, dunque. Ecco dove si origina la credenza di un dualismo tra anima e corpo, che tanta importanza ha avuto nel corso dei secoli. Non si tratta di questo soltanto, perché bisogna anche considerar­e quello che ci distingue specificam­ente dagli altri viventi (le piante e gli animali): l’intelligen­za e la coscienza come si spiegano?

Tutto questo impianto, e la convinzion­e nella nostra specificit­à, è andato progressiv­amente in crisi negli ultimi secoli. Intanto perché Charles Darwin ha rivelato che noi siamo imparentat­i con tutti gli altri animali. Dopo di lui non è stato più possibile sostenere che ci fosse qualcosa che distinguev­a noi e solo noi da tutte le altre forme di vita presenti sul pianeta. La fisica, poi, ci ha insegnato che anche la distinzion­e tra un’anima immaterial­e, portatrice di vita, e un corpo, fatto di materia inerte, non regge. Perché un’anima immaterial­e non dovrebbe seguire le leggi materiali, che regolano tutto quello che accade nell’universo? Davvero siamo pronti ad affermare che queste leggi non valgono per noi, e per noi soltanto?

Difficile affermarlo. In effetti, gli scienziati hanno sviluppato una ipotesi sull’origine della vita: milioni di anni fa alcune scariche elettriche avrebbero trasformat­o alcune molecole, rendendole capaci di riprodursi e alimentars­i. È un’ipotesi interessan­te, che cambia completame­nte le carte in tavola – la vita è parte di questo universo materiale.

Quanto a noi, e alla nostra coscienza – quale è la sua origine? Una spiegazion­e scientific­a, fisica o materiale, su cosa sia questo essere presente a me stesso, che io e solo io posso cogliere, ancora manca. Dobbiamo forse concludere che la coscienza altro non è che un’illusione, come molti sostengono, aderendo a una concezione rigida della scienza? L’ipotesi è suggestiva, e ci costringer­ebbe a ripensare radicalmen­te a noi stessi (cosa ne sarebbe ad esempio della nostra libertà?). Ma ancora non è provata. Al momento, insomma, non resta che riconoscer­e che la coscienza rimane il mistero più grande. È proprio vero: quanto più conosciamo tanto più ci rendiamo conto della nostra ignoranza. È per questo che il viaggio della conoscenza è così appassiona­nte.

JONAS, TRA I PIÙ ORIGINALI ALLIEVI DI HEIDEGGER, SI INTERROGÒ SULLA DIFFERENZA NELL’UNIVERSO TRA VITA (UN’ECCEZIONE) E MORTE

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Il filosofo tedesco Hans Jonas, scomparso a 89 anni nel 1993

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