SIAMO QUEL CHE CI RACCONTIAMO CAMBIARE PUNTO DI VISTA CAMBIA LA NOSTRA STORIA
Egr. Gramellini, ho 53 anni e provengo da una famiglia disfunzionale anche, ma non solo, per la dolorosa separazione intercorsa tra i miei genitori che mi pesò come un macigno per l’intera adolescenza. Da adulto ebbi una sola storia vera e diverse senza costrutto che altri, dotati di un pizzico di fiuto in più, avrebbero rifuggito fin dall’inizio. A 33 anni conobbi la madre dei nostri due figli, di cui mi innamorai, ma dopo nove anni lei decise di lasciarmi per un altro e, non contenta, mi fece vedere i sorci verdi per la separazione, tra tribunali di vario ordine e grado. Successivamente mi ero rinchiuso in me, illudendomi di poter fare a meno dell’amore. Pia illusione. Dopo qualche altra storiella senza sugo, negli ultimi anni mi è capitato di vivere due relazioni intense, entrambe naufragate. Adesso sono alcuni mesi che vivo a fatica da solo; credo sia un passaggio inevitabile e per certi versi anche fruttuoso per cercare di centrarmi di nuovo, evitando come mio solito di appoggiarmi sull’altra di turno. Ammetto che nell’ultimo lungo rapporto sono rimasto legato alla mia compagna anche per la paura della solitudine e questo rischia di seguitare a farmi scegliere in futuro la persona sbagliata. Purtroppo, la solitudine mi morde dentro, acuendo la sensazione di angoscia. Mi sento gravato da troppe responsabilità al punto da trasmettere intorno a me un’ansia quasi patologica, una tensione palpabile e una scarsa propensione al sorriso e alla leggerezza. Devo fare i conti pure con un innato senso del dovere, con i sensi di colpa succhiati praticamente col latte materno, nonché con una severità nei miei confronti che rasenta la spietatezza. Faccio una vita dura, dominata dalle varie attività lavorative e dai figli, oltre che da una mamma anziana. Di conseguenza sono al lumicino le speranze di nuovi, fruttuosi incontri. In quei rari casi, tendo a mettere in fuga la persona conosciuta. Quasi superfluo dirle che ho battuto in lungo e in largo la strada della psicoterapia (anche di gruppo). Passi in avanti, e non di poco conto, li ho compiuti ma evidentemente non sufficienti a superare il guado in cui mi trovo. Ecco dunque insinuarsi le spiacevoli sensazioni di inadeguatezza e di mancata realizzazione, con conseguenti frustrazioni. Mi vengono in mente le parole di Pietro Nenni quando, ormai molto avanti negli anni, disse di «aver fallito la sua vita».
Tex
CARO TEX, NON LE SARÀ SFUGGITO che la sua lettera è una pagella esistenziale scritta da un professore particolarmente severo, una sequela ininterrotta di giudizi e interpretazioni a senso unico di fatti accaduti in una vita intera. E poiché noi siamo sempre quel che ci raccontiamo, proverò a narrarle gli stessi eventi da un altro punto di vista. «Dopo un’adolescenza infelice e complessa, come pressoché quasi tutte le adolescenze, il nostro eroe comincia un classico percorso di educazione sentimentale nel quale fa il pieno di delusioni e amarezze, fino ad approdare alla grande storia d’amore e alla nascita dei figli. A un certo punto il matrimonio scoppia per incompatibilità soprag
«HO 53 ANNI, DA ALCUNI MESI VIVO A FATICA DA SOLO E SENTO INSINUARSI LE SPIACEVOLI SENSAZIONI DI INADEGUATEZZA...»
giunte, o magari preesistenti ma che all’inizio non erano ancora visibili con chiarezza a nessuno dei due protagonisti. Segue una fase inevitabile di assestamento, che culmina in un paio di relazioni in cui però non scatta la passione. E così si torna al punto di partenza: il nostro eroe è di nuovo solo. La condizione ideale per rimettersi in gioco senza fare del male a nessuno, ma con un carico di esperienze accumulate che lo renderà sicuramente più consapevole nel riconoscere l’amore, la prossima volta in cui gli cascherà addosso».
Tex, anche questa è la sua storia. L’ho soltanto raccontata diversamente, mettendo in fila i fatti senza appesantirli con giudizi negativi. E sono fatti, mi creda, abbastanza comuni, in cui si riconosceranno tante lettrici e lettori. Nulla è perduto, fuorché l’umore. Perché è la sua depressione latente l’unica nota che davvero mi preoccupa. Lei deve tornare a prendere la vita con più leggerezza. La vita è un gioco serio, in cui immergersi come facevamo da bambini: senza pensare al risultato finale, ma focalizzandosi sul gioco in sé. Lei non è inadeguato, è solo fuori allenamento. Torni in campo, e ci torni per divertirsi, senza pretese di vittoria. Molli la presa sulla sua mente, si lasci andare e vedrà accadere il miracolo: le cose arrivano quando smettiamo di avere paura di perderle o, come nel suo caso, di non poterle più avere.
MOLLI LA PRESA SULLA SUA MENTE: LE COSE ARRIVANO QUANDO SMETTIAMO DI AVERE PAURA DI NON POTERLE PIÙ AVERE