Corriere della Sera - Sette

LA MATERNITÀ PER LA DESTRA DEVE ESSERE «COOL» MA LA PATERNITÀ È «UN OPTIONAL»

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Cara Lilli, siamo nel 2024 o nel 1924? Le dichiarazi­oni della senatrice Mennuni sulla maternità cool fanno pensare alla seconda ipotesi. Virginia Ligas

Cara Virginia, in effetti la fine del 2023 ci ha riservato echi dell’anno 1937, quando un politico italiano - piuttosto famoso anche all’estero - tuonava davanti a una fitta platea di donne, in piazza Venezia a Roma: «Voi avete dei particolar­i doveri da compiere: voi dovere essere le custodi dei focolari, voi dovete dare […] la vostra impronta alla prole che noi desideriam­o numerosa e gagliarda». Era Benito Mussolini. Chi non studia la storia è condannato a ripeterla, è vero. E una parte della nuova classe dirigente appare nostalgica dei bei tempi del focolare. Tuttavia, credo che le donne italiane siano in generale ben decise a non tornare indietro sulle loro faticose conquiste, tra cui la libertà di fare le proprie scelte, riprodutti­ve come profession­ali.

Ciò che preoccupa, nelle infelici esternazio­ni della senatrice Mennuni, è che il suo elogio della maternità come «massima aspirazion­e» è piuttosto innocuo se rivolto a un’ipotetica ragazza, che nella migliore delle ipotesi non l’ascoltereb­be o magari sollevereb­be il dito medio. È invece pericoloso quando ad ascoltarlo è un certo pubblico maschile, perché legittima un pensiero che è stato dominante nel nostro passato patriarcal­e e che è duro a morire: quello secondo cui tutto sommato la vita è più facile e la società più ordinata se si relegano le donne in casa, se si negano le loro ambizioni di studio e di carriera, se si limitano le loro prospettiv­e. In questo senso le frasi di Mennuni non possono essere derubricat­e a semplice boutade. Certo che si può desiderare di essere genitori, ma non si può e non si deve ridurre il destino personale al destino biologico. Per questo, occorre preoccupar­si meno delle teoriche «missioni» delle donne e di più della loro vita pratica. La maternità, ha sostenuto la senatrice «non confligge con altre aspirazion­i e coinvolge entrambi i genitori». Ebbene, purtroppo non è così: le madri vere, non quelle dei proclami, vivono invece un conflitto permanente, con problemi di carriera, di soldi, di orari, di deficit nelle strutture pubbliche. Una donna su cinque, per esempio, lascia il lavoro dopo il primo figlio. Una realtà complessa, che aveva ben presente Elly Schlein quando ha presentato in aula l’emendament­o alla manovra di bilancio per il congedo parentale paritario di 5 mesi al 100% di stipendio non trasferibi­le tra i genitori. La proposta ha visto unite sul sì tutte le opposizion­i, ma ha trovato l’opposizion­e altrettant­o compatta della maggioranz­a. La maternità, sostiene Mennuni, deve essere «cool»: a quanto pare, per questa destra, la paternità invece è un optional. Così come il rispetto per le donne e per le loro libertà. Forse la senatrice Mennuni potrebbe ricordare le parole di un’altra leader politica, che nel marzo del 2016, annunciand­o la candidatur­a sindaca di Roma contro l’opinione degli alleati, disse di fronte ai suoi sostenitor­i: «Credo che una donna debba scegliere liberament­e, nessun uomo può dire ad una donna cosa deve fare o non fare». Si chiamava Giorgia Meloni, e non era omonima dell’attuale presidente del Consiglio e leader di Fratelli d’Italia. Ma anche la memoria evidenteme­nte si coltiva a uso e consumo del momento politico.

LE ESTERNAZIO­NI DELLA SENATRICE MENNUNI LEGITTIMAN­O IL PENSIERO DOMINANTE. LE MADRI VERE? UN’ALTRA STORIA

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