«VIA LE AUTO DAI QUARTIERI SPAGNOLI»
Il sindaco-rettore e il boom turistico di Napoli: «Dobbiamo migliorare i servizi e fino a quando non pagheranno tutti non potrò abbassare le tasse»
Due anni da sindaco di Napoli. Un’esperienza «unica nel suo genere», per Gaetano Manfredi. Il quale, dopo le titubanze iniziali del 2021, e incassata la certezza di firmare il famoso «Patto» col governo per ottenere aiuti per 1,23 miliardi in 20 anni a fondo perduto, ha deciso di socchiudere con il mondo universitario e fare il salto in politica. Pur mantenendo – cosa che i detrattori gli rinfacciano – quel profilo basso del prof e non del politico puro. Del resto, l’ex ministro dell’Università, ancora oggi si definisce un tecnico prestato alla politica; un tecnico che, quindi, non chiude la porta in faccia a nessuno, indipendentemente dall’area politica di provenienza.
Da due anni è il leader di Palazzo San Giacomo, alla guida di una città che da dopo il Covid è cambiata profondamente. Certo, molti degli atavici problemi sono ancora lì, ma c’è dell’altro che va meglio: le sue giornate, i suoi ritmi, complice il turismo record e un numero incredibile di persone che circola in strada, sono, se possibile, ancor più frenetici di un tempo.
Da prof a sindaco di Napoli, lavori molto diversi: dopo due anni crede di essere più bravo in questo nuovo ruolo o faceva meglio il rettore?
«Ho insegnato per tanti anni, consapevole che avrei anche imparato dai miei studenti. In quest’esperienza complicata ma esaltante da sindaco, imparo ogni giorno dai cittadini, dalle esperienze umane e dal continuo confronto. So anche che la quotidianità non deve travolgerti». Napoli sembra essere tornata di moda. Per il clima, il cibo, l’arte. Eppure, i turisti, oggi, sono paradossalmente anche una “problematica” da affrontare. E i motivi sono tanti. Lei, con la sua amministrazione, crede di avere meriti per questi numeri? I suoi detrattori dicono che Napoli sia un prodotto che va avanti da solo.
«Napoli si sta avvantaggiando di feno
meni globali ma sta ritrovando la sua centralità da capitale europea perché offre mille bellezze a chi la visita mantenendo la sua identità di città viva, vera, umana. Quante città al mondo lo sono? La vera sfida e sulla qualità dei servizi e i turisti quando arrivano a Napoli trovano i trasporti che funzionano meglio che in passato. Penso alla metropolitana. Oggi ci sono infatti più treni e funziona molto meglio di prima».
Quando apriranno altre stazioni? «Entro il 2024 si avviano linea 6 e prolungamento fino al Centro direzionale. Alla fine del 2025 aprirà invece il prolungamento fino all’aeroporto. Mica è poco?». Non crede di doversi attrezzare di più per affrontare queste vere e proprie ondate di turisti? In città quasi non si riesce a camminare a piedi, ci sono zone come San Gregorio Armeno dove si circola a piedi a senso unico. A Natale 420mila arrivi solo all’aeroporto di Capodichino, posti che sono stati introvabili in hotel e B&B: il tutto, con servizi parametrati su meno di un milione di residenti.
Per il futuro, come si gestisce tutto ciò?
«Sono numeri straordinari che ci riempiono di orgoglio. Prima non c’erano, oggi ci sono e auspichiamo che il trend non si fermi. Al tempo stesso, stiamo lavorando per favorire le condizioni di una migliore ricettività: sorgeranno presto quattro nuovi alberghi di lusso, stiamo allargando l’offerta turistica per raggiungere target alti e poi stiamo organizzando itinerari in ogni parte della città. Ad esempio, la trasformazione dell’Albergo dei Poveri in grande hub culturale ed espositivo consentirà di offrire una nuova alternativa ai turisti».
Pare che il restauro dell’Albergo dei Poveri sia il più grande d’Europa per un bene culturale. Ma il governo le è stato vicino?
«Certamente ci è stato vicino. E ora il cantiere di Palazzo Fuga è concreto, vivo, operativo, esiste. E sarà pronto per il 2026, che è la scadenza del Pnrr».
Torniamo al turismo. Nomisma certifica che quello di Napoli è il quarto aeroporto per traffico di passeggeri, con oltre 12 milioni per il 2023 e con una crescita del +12,7% sul 2022 e del +13,3, sui livelli del 2019. E con un impatto sul Pil regionale superiore al miliardo di euro: piove nel suo giardino?
«Questi dati segnalano un indotto per il territorio molto significativo che dobbiamo valorizzare sempre di più. Il nostro aeroporto, che si trova in piena città a differenza di altre realtà, rappresenta uno snodo fondamentale come la Stazione Centrale e il Porto, entrambi sempre più sviluppati».
Molti non vedono solo il bicchiere mezzo pieno, ma anche rischi da turistificazione. In questo periodo Napoli era stracolma e lo è ancora.
«Il rischio, all’interno di fenomeni di natura globale, soprattutto dopo la pandemia, c’è e ne siamo consapevoli. I flussi turistici, nel centro storico, non devono condizionare eccessivamente la vita di chi vi risiede. In attesa di norme nazionali sul tema, a partire dagli affitti brevi, stiamo procedendo su due fronti: uno stop al rilascio di licenze per ristoranti, pub, bar nell’area Unesco e l’accelerazione sui progetti proprio targati Unesco tesi a tutelare e valorizzare lo straordinario patrimonio culturale di cui disponiamo».
Ma con gli introiti che arrivano dal turismo non dovrebbe abbassare le tasse ai napoletani? Sono altissime e da quest’anno cresceranno ancora. «L’obiettivo futuro, senza dubbio, deve essere sicuramente di poter abbassare le tasse. Ma dobbiamo prima recuperare risorse da chi non paga per garantire servizi essenziali a tutti. Siamo partiti con operazioni in tal senso, ce lo chiede il Patto per Napoli ed è un atto di onestà nei confronti di chi invece regolarmente paga le tasse. Quanto agli introiti del turismo, vengono reinvestiti in servizi o programmazione culturale».
Napoli, città che ora sembra puntare su innovazione e sviluppo. Città che vorrebbe il ritorno dei cervelli. Ma anche città dei nuovi arrivi: è il caso, per fare un esempio, di Martina Servadei, la influencer che dal nord è venuta a vivere a Napoli perché qui si sente sicura; o di ex calciatori, stranieri, del Napoli, come Dries Mertens, che gioca in Turchia ma che ha casa a Posillipo e chiama il figlio Ciro?
«Guardi, l’Apple Accademy a San Giovanni a Teduccio non è stata un’eccezione. Si stanno radicando numerose realtà legate a innovazione tecnologica, transizione digitale, start-up: possiamo fare l’esempio di Talent Garden, che ha deciso di aprire una sede a Gallerie d’Italia; c’è la Casa delle tecnologie emergenti, con i fondi del Ministero del Made in Italy. Poi l’ampliamento della sede del “Cineca”, con la realizzazione di un data center ad alta efficienza energetica: la nuova sede ospiterà un sistema di supercalcolo che sarà parte della rete dei sistemi di calcolo ad alte prestazioni direttamente interconnessi con il supercomputer Leonardo, classificato al quarto posto tra i sistemi più potenti al mondo. Sulla storia della influencer o di Mertens, poi, posso assicurarle che non sono affatto gli unici casi perché sono tante le persone che cominciano a preferire Napoli ad altre città. Stranieri e non».
Lo scudetto del Napoli nel 2023 ha giovato senza dubbio all’immagine
«NO ALLE NUOVE LICENZE PER PUB E RISTORANTI NELL’AREA UNESCO. I CITTADINI HANNO DIRITTO A NON VIVERE NEL CAOS»
internazionale della città. Lei ha fatto la campagna elettorale con l’accusa di essere “juventino”, anche De Laurentiis l’ha ricordato in maniera polemica. Quando ha consegnato a Spalletti la cittadinanza onoraria ha però dichiarato di tifare per il Napoli: conversione o opportunità?
«Diciamo che ho portato bene. Lo scudetto del Napoli è stato un momento di gioia per i tifosi azzurri, ma per tutto il popolo di napoletani, la Nazione azzurra nel mondo. Questo mi ha colpito tanto emotivamente e non posso che ritenermi oggi un tifoso del Napoli. Si, ora tifo Napoli».
A proposito: a Spalletti sì, a De Laurentiis no. Perché non ha voluto dare la cittadinanza onoraria al presidente del Napoli?
«Aurelio è già napoletano. Opera qui da 20 anni e la città è nel suo cuore. Spalletti è stato due anni, il secondo con un trionfo che meritava un riconoscimento per la vetrina che ha rappresentato per la nostra città».
E lo stadio Maradona, che lui vuole acquistare, alla fine glielo venderà? «Lo stadio Maradona è della città, dei tifosi, di tutti. Dobbiamo trovare una soluzione che riesca a garantire i necessari e importanti interventi di ristrutturazione. Aspetto un’adeguata proposta economica a una serie di garanzie. Ma il Maradona va adeguato e modernizzato, non v’è dubbio».
La politica. Lei governa con Pd e M5S, mentre Schlein e Conte non riescono ad allearsi. Che fa, li aiuta lei?
«Parlo spesso con entrambi. Nei nostri recenti incontri ho ribadito quello che penso sul futuro del campo largo: va costruito davvero, dandosi una serie di priorità programmatiche comuni, parlando dei problemi reali dei cittadini. Solo l’unità e la valorizzazione dei territori possono consentire al campo largo di essere competitivo».
Con chi va più d’accordo poi con Conte o con Schlein?
«Con Giuseppe sono stato ministro, un grande onore e un’esperienza indimenticabile. Per Elly nutro stima e simpatia». E vero che potrebbe diventare il prossimo presidente dell’Anci?
«Non ho avanzato alcuna autocandidatura. Alla scadenza del mandato di Decaro, è in atto una discussione sulla rappresentatività dei Comuni sul piano nazionale, troppo spesso poco valorizzati. È il momento di essere protagonisti, ai sindaci viene chiesto di risolvere problemi ogni giorno, abbiamo il polso della situazione».
I rapporti col governo? Con Draghi ha firmato Patto per Napoli, con Meloni confida in un Patto diverso?
«Con Draghi abbiamo costruito un percorso di fiducia, i primi risultati si stanno vedendo. Con Meloni dialoghiamo su molti fronti, instaurando una proficua collaborazione. Aspetto un’attenzione forte sul nostro territorio, con importanti investimenti sulle infrastrutture, in particolar modo dove c’è ancora marginalità sociale».
Milano e Roma hanno i loro problemi. Al tempo stesso, hanno anche progetti di lungo termine: il sindaco Sala, punta forte sul green e sulla chiusura alle auto di ampi pezzi di città; Gualtieri, a Roma, ha individuato nel termovalorizzatore la soluzione del problema rifiuti. Qual è invece il suo progetto per Napoli?
«Puntiamo sulla sostenibilità ambientale, che non è un tema di facciata ma una necessità da considerare in ogni atto politico e amministrativo. Io vorrei lasciare una traccia per le giovani generazioni disegnando una Napoli che guarda al futuro costantemente costruendolo con start-up, luoghi di innovazione, centri di competenza e talento. Passare dall’industria pesante all’industria pensante, non è facile ma è l’unica strada da percorrere».
Si, ma nel concreto, che decisioni prenderà in materia di ambiente?
«Col nuovo anno cominceremo a sottrarre pezzi di città alle auto partendo dai Quartieri spagnoli man mano che si potenzieranno i traporti in città».
Con il governatore De Luca, un tempo suo grande sponsor, i rapporti sono cambiati.
«I rapporti erano e sono buoni. A me interessa solo il bene di Napoli».
Ma è vero che da quando De Luca pensa che possa essere lei il candidato del centrosinistra alle Regionali 2026 le cose sono peggiorate tra voi?
«Non ho questa sensazione. Ognuno ha il suo ruolo e il suo carattere. Quanto alle Regionali, ho sempre sostenuto che vanno costruite le condizioni per vincere ma non ho parlato di candidature. E davanti a me ho ancora più di tre anni da sindaco. I processi di cambiamento per realizzarsi necessitano di tempo e a Napoli sono già cominciati. Poi ho tanto investito anche in termini personali sulla candidatura e sul mio ruolo, ho fatto tante rinunce non solo professionali ma anche personali».
«DICIAMO CHE HO PORTATO BENE AL NAPOLI E, SÌ, OGGI MI RITENGO UN TIFOSO AZZURRO. LO STADIO MARADONA? È DELLA CITTÀ, DI TUTTI»