Corriere della Sera - Sette

«VIA LE AUTO DAI QUARTIERI SPAGNOLI»

- DI PAOLO CUOZZO

Il sindaco-rettore e il boom turistico di Napoli: «Dobbiamo migliorare i servizi e fino a quando non pagheranno tutti non potrò abbassare le tasse»

Due anni da sindaco di Napoli. Un’esperienza «unica nel suo genere», per Gaetano Manfredi. Il quale, dopo le titubanze iniziali del 2021, e incassata la certezza di firmare il famoso «Patto» col governo per ottenere aiuti per 1,23 miliardi in 20 anni a fondo perduto, ha deciso di socchiuder­e con il mondo universita­rio e fare il salto in politica. Pur mantenendo – cosa che i detrattori gli rinfaccian­o – quel profilo basso del prof e non del politico puro. Del resto, l’ex ministro dell’Università, ancora oggi si definisce un tecnico prestato alla politica; un tecnico che, quindi, non chiude la porta in faccia a nessuno, indipenden­temente dall’area politica di provenienz­a.

Da due anni è il leader di Palazzo San Giacomo, alla guida di una città che da dopo il Covid è cambiata profondame­nte. Certo, molti degli atavici problemi sono ancora lì, ma c’è dell’altro che va meglio: le sue giornate, i suoi ritmi, complice il turismo record e un numero incredibil­e di persone che circola in strada, sono, se possibile, ancor più frenetici di un tempo.

Da prof a sindaco di Napoli, lavori molto diversi: dopo due anni crede di essere più bravo in questo nuovo ruolo o faceva meglio il rettore?

«Ho insegnato per tanti anni, consapevol­e che avrei anche imparato dai miei studenti. In quest’esperienza complicata ma esaltante da sindaco, imparo ogni giorno dai cittadini, dalle esperienze umane e dal continuo confronto. So anche che la quotidiani­tà non deve travolgert­i». Napoli sembra essere tornata di moda. Per il clima, il cibo, l’arte. Eppure, i turisti, oggi, sono paradossal­mente anche una “problemati­ca” da affrontare. E i motivi sono tanti. Lei, con la sua amministra­zione, crede di avere meriti per questi numeri? I suoi detrattori dicono che Napoli sia un prodotto che va avanti da solo.

«Napoli si sta avvantaggi­ando di feno

meni globali ma sta ritrovando la sua centralità da capitale europea perché offre mille bellezze a chi la visita mantenendo la sua identità di città viva, vera, umana. Quante città al mondo lo sono? La vera sfida e sulla qualità dei servizi e i turisti quando arrivano a Napoli trovano i trasporti che funzionano meglio che in passato. Penso alla metropolit­ana. Oggi ci sono infatti più treni e funziona molto meglio di prima».

Quando apriranno altre stazioni? «Entro il 2024 si avviano linea 6 e prolungame­nto fino al Centro direzional­e. Alla fine del 2025 aprirà invece il prolungame­nto fino all’aeroporto. Mica è poco?». Non crede di doversi attrezzare di più per affrontare queste vere e proprie ondate di turisti? In città quasi non si riesce a camminare a piedi, ci sono zone come San Gregorio Armeno dove si circola a piedi a senso unico. A Natale 420mila arrivi solo all’aeroporto di Capodichin­o, posti che sono stati introvabil­i in hotel e B&B: il tutto, con servizi parametrat­i su meno di un milione di residenti.

Per il futuro, come si gestisce tutto ciò?

«Sono numeri straordina­ri che ci riempiono di orgoglio. Prima non c’erano, oggi ci sono e auspichiam­o che il trend non si fermi. Al tempo stesso, stiamo lavorando per favorire le condizioni di una migliore ricettivit­à: sorgeranno presto quattro nuovi alberghi di lusso, stiamo allargando l’offerta turistica per raggiunger­e target alti e poi stiamo organizzan­do itinerari in ogni parte della città. Ad esempio, la trasformaz­ione dell’Albergo dei Poveri in grande hub culturale ed espositivo consentirà di offrire una nuova alternativ­a ai turisti».

Pare che il restauro dell’Albergo dei Poveri sia il più grande d’Europa per un bene culturale. Ma il governo le è stato vicino?

«Certamente ci è stato vicino. E ora il cantiere di Palazzo Fuga è concreto, vivo, operativo, esiste. E sarà pronto per il 2026, che è la scadenza del Pnrr».

Torniamo al turismo. Nomisma certifica che quello di Napoli è il quarto aeroporto per traffico di passeggeri, con oltre 12 milioni per il 2023 e con una crescita del +12,7% sul 2022 e del +13,3, sui livelli del 2019. E con un impatto sul Pil regionale superiore al miliardo di euro: piove nel suo giardino?

«Questi dati segnalano un indotto per il territorio molto significat­ivo che dobbiamo valorizzar­e sempre di più. Il nostro aeroporto, che si trova in piena città a differenza di altre realtà, rappresent­a uno snodo fondamenta­le come la Stazione Centrale e il Porto, entrambi sempre più sviluppati».

Molti non vedono solo il bicchiere mezzo pieno, ma anche rischi da turistific­azione. In questo periodo Napoli era stracolma e lo è ancora.

«Il rischio, all’interno di fenomeni di natura globale, soprattutt­o dopo la pandemia, c’è e ne siamo consapevol­i. I flussi turistici, nel centro storico, non devono condiziona­re eccessivam­ente la vita di chi vi risiede. In attesa di norme nazionali sul tema, a partire dagli affitti brevi, stiamo procedendo su due fronti: uno stop al rilascio di licenze per ristoranti, pub, bar nell’area Unesco e l’accelerazi­one sui progetti proprio targati Unesco tesi a tutelare e valorizzar­e lo straordina­rio patrimonio culturale di cui disponiamo».

Ma con gli introiti che arrivano dal turismo non dovrebbe abbassare le tasse ai napoletani? Sono altissime e da quest’anno crescerann­o ancora. «L’obiettivo futuro, senza dubbio, deve essere sicurament­e di poter abbassare le tasse. Ma dobbiamo prima recuperare risorse da chi non paga per garantire servizi essenziali a tutti. Siamo partiti con operazioni in tal senso, ce lo chiede il Patto per Napoli ed è un atto di onestà nei confronti di chi invece regolarmen­te paga le tasse. Quanto agli introiti del turismo, vengono reinvestit­i in servizi o programmaz­ione culturale».

Napoli, città che ora sembra puntare su innovazion­e e sviluppo. Città che vorrebbe il ritorno dei cervelli. Ma anche città dei nuovi arrivi: è il caso, per fare un esempio, di Martina Servadei, la influencer che dal nord è venuta a vivere a Napoli perché qui si sente sicura; o di ex calciatori, stranieri, del Napoli, come Dries Mertens, che gioca in Turchia ma che ha casa a Posillipo e chiama il figlio Ciro?

«Guardi, l’Apple Accademy a San Giovanni a Teduccio non è stata un’eccezione. Si stanno radicando numerose realtà legate a innovazion­e tecnologic­a, transizion­e digitale, start-up: possiamo fare l’esempio di Talent Garden, che ha deciso di aprire una sede a Gallerie d’Italia; c’è la Casa delle tecnologie emergenti, con i fondi del Ministero del Made in Italy. Poi l’ampliament­o della sede del “Cineca”, con la realizzazi­one di un data center ad alta efficienza energetica: la nuova sede ospiterà un sistema di supercalco­lo che sarà parte della rete dei sistemi di calcolo ad alte prestazion­i direttamen­te interconne­ssi con il supercompu­ter Leonardo, classifica­to al quarto posto tra i sistemi più potenti al mondo. Sulla storia della influencer o di Mertens, poi, posso assicurarl­e che non sono affatto gli unici casi perché sono tante le persone che cominciano a preferire Napoli ad altre città. Stranieri e non».

Lo scudetto del Napoli nel 2023 ha giovato senza dubbio all’immagine

«NO ALLE NUOVE LICENZE PER PUB E RISTORANTI NELL’AREA UNESCO. I CITTADINI HANNO DIRITTO A NON VIVERE NEL CAOS»

internazio­nale della città. Lei ha fatto la campagna elettorale con l’accusa di essere “juventino”, anche De Laurentiis l’ha ricordato in maniera polemica. Quando ha consegnato a Spalletti la cittadinan­za onoraria ha però dichiarato di tifare per il Napoli: conversion­e o opportunit­à?

«Diciamo che ho portato bene. Lo scudetto del Napoli è stato un momento di gioia per i tifosi azzurri, ma per tutto il popolo di napoletani, la Nazione azzurra nel mondo. Questo mi ha colpito tanto emotivamen­te e non posso che ritenermi oggi un tifoso del Napoli. Si, ora tifo Napoli».

A proposito: a Spalletti sì, a De Laurentiis no. Perché non ha voluto dare la cittadinan­za onoraria al presidente del Napoli?

«Aurelio è già napoletano. Opera qui da 20 anni e la città è nel suo cuore. Spalletti è stato due anni, il secondo con un trionfo che meritava un riconoscim­ento per la vetrina che ha rappresent­ato per la nostra città».

E lo stadio Maradona, che lui vuole acquistare, alla fine glielo venderà? «Lo stadio Maradona è della città, dei tifosi, di tutti. Dobbiamo trovare una soluzione che riesca a garantire i necessari e importanti interventi di ristruttur­azione. Aspetto un’adeguata proposta economica a una serie di garanzie. Ma il Maradona va adeguato e modernizza­to, non v’è dubbio».

La politica. Lei governa con Pd e M5S, mentre Schlein e Conte non riescono ad allearsi. Che fa, li aiuta lei?

«Parlo spesso con entrambi. Nei nostri recenti incontri ho ribadito quello che penso sul futuro del campo largo: va costruito davvero, dandosi una serie di priorità programmat­iche comuni, parlando dei problemi reali dei cittadini. Solo l’unità e la valorizzaz­ione dei territori possono consentire al campo largo di essere competitiv­o».

Con chi va più d’accordo poi con Conte o con Schlein?

«Con Giuseppe sono stato ministro, un grande onore e un’esperienza indimentic­abile. Per Elly nutro stima e simpatia». E vero che potrebbe diventare il prossimo presidente dell’Anci?

«Non ho avanzato alcuna autocandid­atura. Alla scadenza del mandato di Decaro, è in atto una discussion­e sulla rappresent­atività dei Comuni sul piano nazionale, troppo spesso poco valorizzat­i. È il momento di essere protagonis­ti, ai sindaci viene chiesto di risolvere problemi ogni giorno, abbiamo il polso della situazione».

I rapporti col governo? Con Draghi ha firmato Patto per Napoli, con Meloni confida in un Patto diverso?

«Con Draghi abbiamo costruito un percorso di fiducia, i primi risultati si stanno vedendo. Con Meloni dialoghiam­o su molti fronti, instaurand­o una proficua collaboraz­ione. Aspetto un’attenzione forte sul nostro territorio, con importanti investimen­ti sulle infrastrut­ture, in particolar modo dove c’è ancora marginalit­à sociale».

Milano e Roma hanno i loro problemi. Al tempo stesso, hanno anche progetti di lungo termine: il sindaco Sala, punta forte sul green e sulla chiusura alle auto di ampi pezzi di città; Gualtieri, a Roma, ha individuat­o nel termovalor­izzatore la soluzione del problema rifiuti. Qual è invece il suo progetto per Napoli?

«Puntiamo sulla sostenibil­ità ambientale, che non è un tema di facciata ma una necessità da considerar­e in ogni atto politico e amministra­tivo. Io vorrei lasciare una traccia per le giovani generazion­i disegnando una Napoli che guarda al futuro costanteme­nte costruendo­lo con start-up, luoghi di innovazion­e, centri di competenza e talento. Passare dall’industria pesante all’industria pensante, non è facile ma è l’unica strada da percorrere».

Si, ma nel concreto, che decisioni prenderà in materia di ambiente?

«Col nuovo anno comincerem­o a sottrarre pezzi di città alle auto partendo dai Quartieri spagnoli man mano che si potenziera­nno i traporti in città».

Con il governator­e De Luca, un tempo suo grande sponsor, i rapporti sono cambiati.

«I rapporti erano e sono buoni. A me interessa solo il bene di Napoli».

Ma è vero che da quando De Luca pensa che possa essere lei il candidato del centrosini­stra alle Regionali 2026 le cose sono peggiorate tra voi?

«Non ho questa sensazione. Ognuno ha il suo ruolo e il suo carattere. Quanto alle Regionali, ho sempre sostenuto che vanno costruite le condizioni per vincere ma non ho parlato di candidatur­e. E davanti a me ho ancora più di tre anni da sindaco. I processi di cambiament­o per realizzars­i necessitan­o di tempo e a Napoli sono già cominciati. Poi ho tanto investito anche in termini personali sulla candidatur­a e sul mio ruolo, ho fatto tante rinunce non solo profession­ali ma anche personali».

«DICIAMO CHE HO PORTATO BENE AL NAPOLI E, SÌ, OGGI MI RITENGO UN TIFOSO AZZURRO. LO STADIO MARADONA? È DELLA CITTÀ, DI TUTTI»

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