Corriere della Sera - Sette

PROCESSARE SOCRATE OGGI È CONDANNARE CHI SOLLEVA DUBBI PERCHÉ NON SA MA VUOLE SAPERE

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Nel 399 a.C. Socrate andò a processo. La filosofia contro la democrazia, la libertà di pensiero contro la politica: sono tutti valori importanti, per noi. Come è stato possibile arrivare a un simile scontro? E soprattutt­o, cosa è successo veramente? La tesi più diffusa è quella di un processo mascherato: in gioco erano le simpatie oligarchic­he di Socrate, che i democratic­i di Atene volevano punire una volta per tutte. E siccome un’amnistia da poco in vigore impediva processi di natura politica, i suoi nemici si erano inventati alcune accuse di comodo per portarlo in tribunale. Tanto tutti sapevano di cosa si sarebbe discusso.

Di certo, Socrate non ha mai nascosto le sue critiche e perplessit­à rispetto al funzioname­nto della democrazia. Ma questo non significa arruolarlo immediatam­ente nel campo degli oligarchi attivi nella lotta contro la democrazia. Socrate li ha frequentat­i, ma i rapporti con loro sono spesso stati tesi, soprattutt­o quando costoro andarono al potere. Le sue idee filosofich­e, del resto, mal si conciliava­no con la loro ideologia oltranzist­a. L’accusa politica, da sola, non regge. In compenso i due capi di imputazion­e ufficiali sollevano questioni molto serie. Socrate fu accusato di non credere negli dèi nella città e di corrompere i giovani. Non sono problemi di poco conto, il secondo in particolar­e.

Durante il processo, Socrate, rispondend­o all’accusa di corrompere i giovani, terrà una linea non sempre chiarissim­a (del resto, tutta la sua condotta al processo è stata disastrosa). Nega di aver avuto allievi, per il semplice fatto che non ha mai chiesto soldi a nessuno. Dunque, non gli si può muovere l’accusa di essere un cattivo maestro per il semplice fatto che non fu un maestro. Ma così sfugge al vero punto dell’accusa: molti giovani gli giravano intorno e Socrate li ha corrotti, inculcando loro idee sbagliate su ciò che è giusto e su ciò che si deve fare.

Gli accusatori, insomma, alludevano a qualcosa che Socrate ha fatto per tutta la vita, come lui stesso ricorda durante il processo: ha cercato, si è posto problemi, ha sollevato dubbi. Socrate non sa, ma vuole sapere – come potremmo sperare di vivere una vita buona, soddisface­nte, se non sappiamo cosa sia giusto fare e cosa sbagliato? Socrate dunque cerca, si confronta con gli altri, i presunti esperti. Scoprendo che i grandi di Atene – la sua classe dirigente, intellettu­ale, politica, religiosa – non sanno di cosa parlano. Non riflettono, si limitano a seguire passivamen­te e orgogliosa­mente le tradizioni e i costumi della città. Si fa così, perché si è sempre fatto così. Che risposta è? Davvero possiamo affidarci ciecamente alle nostre tradizioni come guida per tutto? Sono domande che, come gocce, piano piano scavano dubbi, seminano incertezze. Sono domande pericolose, insomma, soprattutt­o se rivolte a dei giovani, che iniziano a guardare con sospetto alle certezze dei padri. Ma non sono domande necessarie? Non è fondamenta­le poter disporre sempre di qualcuno che ti provoca, ti stimola, ti costringe a vedere le cose da un’altra prospettiv­a? Cosa succedereb­be, se il processo di Socrate si svolgesse oggi? Ecco una buona domanda per valutare la società in cui viviamo e in cui vorremmo vivere.

CHIEDERSI COME FINIREBBE ORA UNO SCONTRO SIMILE PUÒ SERVIRE A VALUTARE SE LA SOCIETÀ IN CUI VIVIAMO È QUELLA CHE VORREMMO

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Socrate, filosofo della Grecia antica (Atene 470-399 a. C.)
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