C’È IL POTERE DIETRO I FEMMINICIDI MA L’AMORE È IL SUO CONTRARIO E CI SI AMA SOLO TRA PERSONE ALLA PARI
Ho una zia che non ha potuto iscriversi all’università, pur volendolo, perché in famiglia, viste le risorse limitate, l’accesso allo studio era prima di tutto un diritto dei maschi. Decenni più tardi, in quella di mio marito, ogni 1° gennaio ad augurare buon anno al nonno e a ricevere
una paghetta erano ammessi lui e i suoi cugini ;le femmine no. Ancora sento dire: auguri e figli maschi!
Nascere maschi rimane un privilegio, e lo si nota, evidente, nella quotidianità. Come nel film di Cortellesi C’è ancora domani, non conto gli episodi in cui, in molte case, ho visto le donne alzarsi da tavola per aggiungere, togliere, servire piatti, e gli uomini seduti, sempre. Entrando nei negozi di giocattoli, sperimento la stessa rigida distinzione a cui ero sottoposta da piccola: quelli di cura e di bellezza per le femmine, quelli di potere e di avventura per i maschi. Ovunque, il linguaggio ribadisce la stessa feroce suddivisione: il notaio, l’avvocato, l’ingegnere ricorrono al maschile (anche quando sono le donne a svolgere queste professioni); la maestra, la signora delle pulizie, la tata al femminile (anche se la cura è amore ed educazione, e non dovrebbe avere perimetri di genere). Il sottinteso resta: il palcoscenico del mondo ai maschi, le retrovie di casa alle femmine. Il ruolo dei maschi è da protagonisti, quello delle femmine ancillare. Una bambina oggi, come me, mia mamma, mia nonna, assorbe un non detto scandaloso: le femmine valgono meno. E, se valgono meno, possono essere pagate meno, occuparsi da sole di altri – marito, figli, genitori – mai di loro stesse. Se sono meno, possono essere picchiate, violentate e uccise. Come si picchia, si violenta e si uccide qualcuno a cui non si riconosce dignità, che non si ascolta, non si guarda; figuriamoci se si ama.
I femmicidi non sono una questione sentimentale, ma di potere: un problema strutturale della nostra società. L’amore è il contrario del potere. Se ti amo, non voglio che tu mi appartenga. Se ti amo, non sopporto di vederti serva, muta, umiliata. Se ti amo, ti accompagno in questa vita, non ti soffoco. Per amare c’è una condizione di granito: la parità. Nella sottomissione si può solo ferire.
La morte sistematica di tante donne e l’inferno di terrore che la precede non sono l’eccezione del male, ma la sua consuetudine. La conseguenza diretta di una cultura patriarcale che ci ripete a ogni passo in casa, per strada, sul lavoro, nei testi delle canzoni, nelle pubblicità, che noi donne non siamo soggetti, bensì oggetti di cui godere, di cui appropriarsi, di cui disfarsi. Allora serve una detonazione dei rapporti di forza e del linguaggio. Un mondo aperto: liberato. Dove i figli si crescono alla pari, gli anziani si curano alla pari, le carriere si percorrono alla pari: in cui si decide e si agisce alla pari. E nessuna è un meno. E tutte siamo persone: rispettate, libere, quindi amate.
#rompiamoilsilenzio #unite
PER LA CAMPAGNA #ROMPIAMOILSILENZIO AUSPICO UNA DETONAZIONE DEI RAPPORTI DI FORZA E DEL LINGUAGGIO: AVREMO UN MONDO LIBERATO