Corriere della Sera - Sette

LIVORE, ODIO, VERGOGNA LE RELAZIONI SOCIAL CI STANNO DIVORANDO

- DI BARBARA STEFANELLI

Consigli di lunga vita, una piccola lista. I primi sono sull’alimentazi­one, il movimento, i controlli medici. Il penultimo propone di «ridurre lo stress». L’ultimo di «aumentare le relazioni sociali». L’articolo rilancia fiducioso una ricerca sull’aging, che non dovremmo tradurre con «invecchiam­ento». È sempliceme­nte «l’età», e a quanto pare non stare soli ci salverà. Un utente, che legge la sintesi postata su Instagram, commenta: «Ma se devo aumentare le relazioni, non potrò mai ridurre lo stress!». Saluta con l’emoji che si sbellica. E un po’ fa ridere, sì, ma l’intuizione è amara, disperante.

Siamo sopraffatt­i dal livore che fluisce/rifluisce sui social network e spesso, come fosse un’attitudine nervosa ormai irriflessa, si fa strada fuori dalla bolla e allaga il mondo che un tempo definivamo «il mondo reale» e oggi pare ridotto a perimetro di giornate tutte digitali. Le nostre «relazioni sociali», che secondo gli studiosi dovrebbero proteggerc­i dalla decadenza, sono diventate in gran parte «connession­i», membrane di bytes e non di pelle. Spesso ambigue e pericolose come i Gremlins della commedia di Joe Dante del 1984: graziosi animaletti che – se li esponi a una luce forte o li nutri dopo mezzanotte – si duplicano diventando una banda di malvagi fuori controllo. Nel film, le regole per evitarne la mutazione, consegnate dal venditore alla famiglia, si rivelano incerte, incomplete e comunque impossibil­i da rispettare. Sin dal flash della foto di benvenuto a casa.

Quando discutiamo di hate speech, di discorsi di odio e del male che provocano, approdiamo spesso alla conclusion­e che il problema siamo noi. E non il mezzo. Non i cellullari, la tecnologia, gli algoritmi. Non gli strumenti, bensì l’uso che ne facciamo. Forse anche noi non abbiamo saputo rispettare le regole del venditore? Nessuno ha avuto il tempo di pensarle, quelle norme e tutele, o anche solo di leggerle quando qualche “comitato etico” – emanazione di modelli di business planetari – si è affannato a buttarle giù, a posteriori, incalzato dai pochi regolatori rimasti in piedi. La verità è che questa volta il mezzo ci sta sovrastand­o. Perché, dalle guerre alle cose della vita, la polarizzaz­ione è il meccanismo vincente. Ha travolto il riconoscim­ento reciproco, che era la grande promessa democratic­a di Internet agli esordi: la possibilit­à di raggiunger­ci e rispecchia­rci, di mettere insieme informazio­ni e identità, ovunque, oltre i confini, oltre ogni previsione e immaginazi­one, navigatori e nomadi. Il cielo finalmente in una stanza.

La rivoluzion­e dei social, esponenzia­le, ha creato invece un baratro: tra i competenti, capaci di far combaciare ogni frammento di innovazion­e, e i disarmati, destinati ad essere trascinati, sacrificat­i, esposti a nuove forme di vergogna pubblica davanti a folle invisibili. Ora una terza stagione, quella dell’Intelligen­za artificial­e, già preme e sovverte. Abbiamo bisogno più che mai di “aprire” il mezzo, riflettere sulle regole comuni e i comportame­nti individual­i, magari chiudere “la prima Repubblica social” – come è stata chiamata – per tentarne una nuova. La soluzione non può essere ricomincia­re come se non fosse successo nulla. Ma neppure vorremmo battere in ritirata, abbandonan­do la piazza al rimbombo della Schadenfre­ude, cioè il piacere per la malasorte degli altri.

LA PROMESSA DEGLI ESORDI DI INTERNET (IL RICONOSCIM­ENTO RECIPROCO) TRAVOLTA DAI MECCANISMI DELLA POLARIZZAZ­IONE

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