A PROPOSITO DI FARINE D’INSETTI C’È UN TEST PER CAPIRE SE CI DISGUSTANO (O NO)
Approvate come ingredienti alimentari anche in Italia, ora sono alla prova del mercato. Perché diventino cibi comuni serviranno tecnologie di produzione efficienti, ottime strategie di marketing e il tempo necessario per conquistare le nuove generazioni.
La mandibola si abbassa, la lingua si protende, il naso si arriccia. Bleah. Il disgusto è un’emozione universale, di cui parlava già Darwin. Ma oltre alla biologia contano i fattori culturali e le esperienze individuali. Gli esempi abbondano: ci sono cibi considerati disgustosi in una regione del mondo e non in altre, la cui accettabilità è cambiata nel corso del tempo o è una questione di gusti. Che effetto ci faranno le farine di insetti recentemente autorizzate come ingredienti alimentari anche in Italia?
La biologa che è in me applaude: i dati propendono chiaramente a favore dei nuovi alimenti, che forniscono proteine in quantità e a costi ambientali inferiori alle fonti animali tradizionali (i conti li ha fatti la Fao). La giornalista appassionata di psicologia non vede l’ora di sbirciare le reazioni davanti agli espositori nei supermercati. Come consumatrice, invece, eviterò questi prodotti, che saranno chiaramente etichettati: sono vegetariana, ho la fobia degli insetti e mi posiziono nella parte alta della scala del disgusto (ci sono i test online, basta googlare). Per dire: quando trovo dei crostacei
DOMANDE & RISPOSTE Anna Meldolesi e Chiara Lalli scrivono di argomenti fra filosofia morale e scienza, tra diritti e ricerca. Due punti di vista diversi per disciplina, ma affini per metodo
Ci sono alcune leggi universali come «se hai fame mangi tutto» e «se fritto è buono tutto». Su tutto il resto possiamo discutere per anni e perfino offenderci: la panna nella carbonara rischia di provocare infarti e conflitti mondiali, solo per fare un esempio. Solo quando abbiamo soddisfatto i nostri bisogni primari possiamo discutere di preferenze e gusti e forme — questo vale per tutto, non solo per le predisposizioni alimentari. Se non dormiamo da una settimana non ci interesserà il colore del copripiumino e nemmeno se il materasso è di ultima generazione. Se siamo riposati e il nostro sonno non è minacciato da nulla, magari avremo voglia di decidere lo spessore del cuscino e dichiareremo i nostri diritti violati se non abbiamo anche il topper.
Quindi la nostra reazione alle farine di insetti dipenderà molto dal contesto e dall’apporto calorico del momento.
C’è poi un disgusto cognitivo che potremmo superare copiando quella vecchia pubblicità del Glen Grant, dove Michele l’intenditore assaggiava bendato e riconosceva il suo whiskey preferito dal gusto pulito. Facciamo una prova e assaggiamo sen
I PREGIUDIZI NASCONO DA CORTOCIRCUITI COGNITIVI E PORTANO A CONSEGUENZE SPESSO IRRAGIONEVOLI NELLA SFERA ALIMENTARE
disegnati sull’etichetta del vino distolgo lo sguardo. Ed ero piuttosto irritata quando ho scoperto che il rosso di certi aperitivi era ottenuto con una sostanza derivata dalla cocciniglia, prima di passare ai coloranti artificiali. Ma il bello del libero mercato è poter scegliere: ricette locali o arrivate da lontano (quanti dei nostri nonni avrebbero apprezzato il sushi?), produzioni biologiche o migliorate grazie alle conoscenze scientifiche (accoglieremo gli alimenti biotech di nuova generazione meglio degli Ogm?), carne da allevamento o coltivata (perché mai gli amanti degli animali devono vedersi negata la seconda opzione in Italia?). In generale i pregiudizi nascono da cortocircuiti cognitivi e portano a conseguenze spesso irragionevoli nella sfera alimentare. Perché i gamberetti sì e le cavallette no? In fondo sono entrambi invertebrati. Oppure: perché la focaccia con i fichi è una delizia mentre la pizza all’ananas è considerata un’aberrazione?
Probabilmente gli insetti resteranno una curiosità per palati avventurosi, almeno all’inizio, almeno in Italia. Perché diventino alimenti comuni serviranno tecnologie di produzione efficienti, ottime strategie di marketing e il tempo necessario a conquistare le nuove generazioni. Intanto vale la pena ricordare il ristorante più premiato del mondo, il Noma di Copenaghen, che chiuderà alla fine del 2024 perché i costi dell’alta cucina sono ormai proibitivi. Per anni ha servito una rivisitazione a base di grilli del garum, la salsa di interiora di pesce popolare nell’antica Roma. Non sarà che quando il menù è pluristellato e l’esperienza è esclusiva, i pregiudizi vacillano?
QUANTO SAREMMO NAUSEATI SE ASSISTESSIMO A TUTTA LA FILIERA DELLA CARNE, DALL’ALLEVAMENTO AL NOSTRO PIATTO?
za sapere in quale porzione c’è l’ingrediente che diciamo di schifare. Basterebbe a farci passare l’avversione se venissimo a sapere che c’è della farina di grillo in quel ciambellone che abbiamo appena mangiato e apprezzato? Oppure l’informazione di per sé sarebbe una condizione sufficiente per la ripugnanza, anche se a posteriori?
Poi c’è un disgusto olfattivo e di sapore che sarebbe più difficile da superare. Se un odore o un sapore ci disgustano è piuttosto complicato rimediare — a parte il tentativo di friggere tutto. Riguardo alle forme, la farina potrebbe fare meno impressione di una cavalletta ( fritta) a forma di cavalletta?
Mangiamo cose che ad altri causano disgusto e repulsione e vorremo fare una sceneggiata quando vediamo degli adulti ordinare un cappuccino dopo pranzo (giustamente, il relativismo culinario ha fatto moltissimi danni). Anche solo la carne (penso soprattutto alla pagliata o alla trippa o al cervello) che non vediamo se non nell’aspetto finale. Quanti sarebbero disgustati se assistessero a tutta la filiera, dall’allevamento al nostro piatto? Una presentabilissima cotoletta diventerebbe splatter e forse indigesta. Vale per tutti i cibi di provenienza animale — sebbene ci siano persone che celebrano i funerali anche alle melanzane, ma di questo parlerò un’altra volta.
Vedremo che futuro avranno queste farine di insetti. Intanto mi fa particolarmente ridere che molte critiche sono rivolte al periodo di approvazione: ma nei giorni di festa, ma a fine anno! Come se fosse una specie di complotto per la conquista entomologica delle nostre tavole.