ACQUA, SOLE, VENTO (E GAS SERRA) IL DOPPIO VOLTO DELLA CINA
Installata fra i terrazzamenti delle coltivazioni, questa sontuosa distesa di pannelli solari – nella contea di Ruicheng, provincia cinese dello Shanxi – non basta a nascondere le contraddizioni della lotta alla crisi climatica dell’anno appena iniziato. Di impianti fotovoltaici simili Pechino ne sta installando senza sosta, così come di pale eoliche. Per l’Agenzia Internazionale per l’Energia, la Cina aggiungerà più capacità energetica da fonti rinnovabili di tutto il resto del mondo messo insieme. Di eolico off-shore ne ha costruito in un anno quanto gli altri Paesi in cinque, nel Sichuan ha “acceso” la centrale ibrida solare-idroelettrica più colossale del pianeta. Stati Uniti, Giappone, Germania e India, dal 2° posto in giù per solare installato, impallidiscono.
Se questo attivismo nelle rinnovabili mette la Cina sulla buona strada per raggiungere nel 2024 l’obiettivo di energia pulita fissato per il 2030, non significa che la causa della battaglia al riscaldamento globale possa davvero guardare avanti con ottimismo. La superpotenza asiatica resta responsabile di un terzo delle emissioni di gas serra legate all’energia, più della somma di Americhe, Europa e Africa. E continua a costruire centrali a carbone, il più sporco dei combustibili fossili, per soddisfare il fabbisogno d’elettricità legato alla crescita economica. Per il governo, gli impianti sono progettati in modo da minimizzare le emissioni e funzionare solo quando servono. Ma le colline “solari”, per quanto spettacolari, non coprono il fatto che la coperta è sempre corta.