Corriere della Sera - Sette

LA FOLLA DELLA PIAZZA VIRTUALE COME I RIVOLTOSI DEL PANE DI MANZONI (MA IN SERVIZIO PERMANENTE)

- DI ANTONIO POLITO apolito@rcs.it

L’altro giorno ero in ospedale per una visita. Si apre all’improvviso una porta e ne esce un giovane dottore che non avevo mai incontrato prima. Appena mi vede si blocca all’improvviso: «L’ho riconosciu­ta», mi dice, «lei è una persona eccezional­e», e scappa via al suo lavoro. Resto colpito. Neanche i familiari mi trattano così. Ma con loro è comprensib­ile: mi conoscono. Invece il dottorino no. L’elogio non si riferiva dunque alla mia “persona” privata, ma a quella pubblica, alle idee che esprimo facendo il mio mestiere. Fa piacere lo stesso ma è solo il frutto della notorietà, mi dico.

Poi torno a casa (a proposito, la visita tutto bene), e mi siedo al computer. Apro un social e sotto un mio vecchio post trovo un commento: «Sei un essere spregevole. Un boomer e un venduto. Spero che sparisci presto». Questo invece non fa piacere, ma ci sono abituato. Lo attribuisc­o alla stessa ragione, capovolta, del compliment­o del dottore: anche l’odiatore confonde la mia persona con le mie opinioni, solo che non le condivide. Dunque, allo stesso modo in cui provo a non inorgoglir­mi per l’elogio, non mi abbatto per l’insulto. Purtroppo non riesce a tutti sul web, dove invece abbondano i deliri di onnipotenz­a dei “picchiator­i” e le fragilità di chi di fronte all’ingiuria digitale vorrebbe solo sparire, e qualche volta purtroppo lo fa. Però mi chiedo: come mai quando mi trovo faccia a faccia con la gente di solito prevalgono i compliment­i, e sulla Rete gli insulti? C’è qualcosa nel mezzo in sé che orienta il messaggio verso l’odio?

Ovviamente c’è, e non è solo l’anonimato, che non spiega tutto. Ciò che veramente uccide, a volte letteralme­nte, chi sul web viene travolto da uno shit storm (traduzione: tempesta di cacca) è piuttosto un fenomeno già conosciuto da tempo: il comportame­nto della “folla”. Il fenomeno cioè che unisce un insieme di individui sottoposti a un medesimo stimolo quando si trovano nello stesso luogo. Solo che le folle un tempo si potevano riunire solo una volta ogni tanto nelle piazze, oggi sono costanteme­nte in azione nella piazza virtuale. La “folla” è diversa da un “pubblico” (per esempio quello della tv), dove le persone confrontan­o le proprie idee e nel peggiore dei casi si polarizzan­o su due sole opinioni contrappos­te. Nella folla, protagonis­ta delle società totalitari­e, avviene invece una reazione circolare, e gli individui si rafforzano l’un l’altro in un unico atteggiame­nto, irrazional­e e imitativo, «orientando­lo contro qualcuno che diventa l’obiettivo di azioni conflittua­li e a volte violente» (Arnaldo Bagnasco).

Del resto, c’era già tutto in Manzoni. Se volete spiegarvi la tragedia di Giovanna, la ristoratri­ce suicida di Lodi, basta rileggere i capitoli della rivolta del pane nei Promessi sposi, quando una massa di popolani affamati tenta di linciare il vicario, assurdamen­te accusato di imboscare il grano. Solo che allora il malcapitat­o trovò un Renzo Tramaglino che ne prese le difese, a suo rischio e pericolo. Al giorno d’oggi, nei linciaggi mediatici, nessuno più difende i deboli. Oggi c’è solo la folla.

UNA VOLTA SI RIUNIVA OGNI TANTO NELLE PIAZZE, OGGI È SEMPRE SUI SOCIAL. E NESSUNO DIFENDE I DEBOLI, RENZO LO FECE COL MUGNAIO

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