LA FOLLA DELLA PIAZZA VIRTUALE COME I RIVOLTOSI DEL PANE DI MANZONI (MA IN SERVIZIO PERMANENTE)
L’altro giorno ero in ospedale per una visita. Si apre all’improvviso una porta e ne esce un giovane dottore che non avevo mai incontrato prima. Appena mi vede si blocca all’improvviso: «L’ho riconosciuta», mi dice, «lei è una persona eccezionale», e scappa via al suo lavoro. Resto colpito. Neanche i familiari mi trattano così. Ma con loro è comprensibile: mi conoscono. Invece il dottorino no. L’elogio non si riferiva dunque alla mia “persona” privata, ma a quella pubblica, alle idee che esprimo facendo il mio mestiere. Fa piacere lo stesso ma è solo il frutto della notorietà, mi dico.
Poi torno a casa (a proposito, la visita tutto bene), e mi siedo al computer. Apro un social e sotto un mio vecchio post trovo un commento: «Sei un essere spregevole. Un boomer e un venduto. Spero che sparisci presto». Questo invece non fa piacere, ma ci sono abituato. Lo attribuisco alla stessa ragione, capovolta, del complimento del dottore: anche l’odiatore confonde la mia persona con le mie opinioni, solo che non le condivide. Dunque, allo stesso modo in cui provo a non inorgoglirmi per l’elogio, non mi abbatto per l’insulto. Purtroppo non riesce a tutti sul web, dove invece abbondano i deliri di onnipotenza dei “picchiatori” e le fragilità di chi di fronte all’ingiuria digitale vorrebbe solo sparire, e qualche volta purtroppo lo fa. Però mi chiedo: come mai quando mi trovo faccia a faccia con la gente di solito prevalgono i complimenti, e sulla Rete gli insulti? C’è qualcosa nel mezzo in sé che orienta il messaggio verso l’odio?
Ovviamente c’è, e non è solo l’anonimato, che non spiega tutto. Ciò che veramente uccide, a volte letteralmente, chi sul web viene travolto da uno shit storm (traduzione: tempesta di cacca) è piuttosto un fenomeno già conosciuto da tempo: il comportamento della “folla”. Il fenomeno cioè che unisce un insieme di individui sottoposti a un medesimo stimolo quando si trovano nello stesso luogo. Solo che le folle un tempo si potevano riunire solo una volta ogni tanto nelle piazze, oggi sono costantemente in azione nella piazza virtuale. La “folla” è diversa da un “pubblico” (per esempio quello della tv), dove le persone confrontano le proprie idee e nel peggiore dei casi si polarizzano su due sole opinioni contrapposte. Nella folla, protagonista delle società totalitarie, avviene invece una reazione circolare, e gli individui si rafforzano l’un l’altro in un unico atteggiamento, irrazionale e imitativo, «orientandolo contro qualcuno che diventa l’obiettivo di azioni conflittuali e a volte violente» (Arnaldo Bagnasco).
Del resto, c’era già tutto in Manzoni. Se volete spiegarvi la tragedia di Giovanna, la ristoratrice suicida di Lodi, basta rileggere i capitoli della rivolta del pane nei Promessi sposi, quando una massa di popolani affamati tenta di linciare il vicario, assurdamente accusato di imboscare il grano. Solo che allora il malcapitato trovò un Renzo Tramaglino che ne prese le difese, a suo rischio e pericolo. Al giorno d’oggi, nei linciaggi mediatici, nessuno più difende i deboli. Oggi c’è solo la folla.
UNA VOLTA SI RIUNIVA OGNI TANTO NELLE PIAZZE, OGGI È SEMPRE SUI SOCIAL. E NESSUNO DIFENDE I DEBOLI, RENZO LO FECE COL MUGNAIO