LA CASA NELLA PRATERIA CI SEDUCE ANCORA MA FU VERA AMERICA? IN PARTE (FORSE) SÌ
La scrittrice Laura Ingalls raccontò la vita della sua famiglia, poveri pionieri del Midwest, e conquistò gli Stati Uniti: ora accusata di “razzismo”, ha descritto un mondo che ancora ispira la politica (vedi Trump). Perché un po’ di verità c’era...
Nei primi giorni di gennaio 2024 sul profilo Instagram dell’attrice Melissa Gilbert è comparsa un’immagine che certamente avrà scosso i cuori di molti quaranta-cinquantenni: «Pa» Charles in giubba di lana grezza, zazzera e basettoni, in piedi e appoggiato a un fucile da caccia. Charles Ingalls ci è (ri)apparso in tutta la sua imponenza, capelluta reminiscenza del pater familias americano, faticatore e tuttofare, quello che appianava i conflitti e che stemperava i dissapori con gli occhi sorridenti. Pa Charles nasceva esattamente cinquant’anni fa, quando, come ricorda Melissa, usciva il lungometraggio pilota di Little House on the Prairie. Il film poi diventerà una delle serie più longeve di tutti i tempi, andato in onda in Italia per la prima volta nel 1977 con il titolo La casa nella prateria. E ancora oggi il canale 27-Twentyseven di Mediaset lo trasmette più volte nel corso della giornata.
Melissa Gilbert interpretava Laura, la seconda figlia di Charles (Michael Landon) nonché alter ego della scrittrice dalla quale nacque il libro ispiratore: la vera Laura Ingalls Wilder era nata nel 1867 e le vicende narrate nella serie le aveva vissute in prima persona. L’epopea dei pionieri, il Midwest americano, l’incontro con gli indiani, la fame, la fatica di coltivare terreni vergini. E così oggi, rivedendo un episodio a caso, ci si chiede quale sia il segreto della
Casa nella prateria, quale sortilegio ci ha impartito se siamo ancora incollati lì, davanti alle macchie di sudore della maglia in lana di Pa, davanti ai colletti improbabili di mamma Caroline, davanti alle trecce di Laura, ai boccoli dell’insopportabile Nellie e ai grembiuli di Mary, la figlia maggiore.
UN MONDO ANTICO
Che cosa ci troviamo in quel mondo antico, dove ogni forma di progresso è mantenuta a opportuna distanza? Dove i valori di una comunità sono tenuti assieme dai rigidissimi dogmi cristiani, scanditi ogni domenica dal pulpito della Congregational Church di Walnut Grove, Minnesota, e dove, in alcune puntate, la discriminazione razziale si avverte come un’eco sottile (stemperata, sempre risolta con un senso di ecumenismo indulgente, ma presente, vibrante)?
E che cosa ci trovavamo noi, oggi donne del #MeeToo, nelle sorelle Ingalls, pronte a riprodursi sull’altare della Famiglia, vestite come in un incubo di