Reagan ha vinto. E “Mr. Babbit” ritrova in lui le idee chiare e l’ottimismo dei fondatori
L’equivalente del nostro signor Brambilla è fiero di esser nato negli Usa. Come il neopresidente ha pragmatismo, allergia ideologica, vocazione anticontemplativa. Al capo chiede soltanto di farsi portavoce di ideali di libertà che antepone a quelli di ugu
Il «marine» è il suo eroe; l’uomo sulla Luna, il suo orgoglio; il dollaro, il suo Dio; l’automobile, la sua amante; il lieto fine, la sua fede; la vecchiaia, il suo incubo; Selezione, iI suo Vangelo; la tivù, il suo nepente; la coca-cola, il suo nettare; l’hamburger, la sua ambrosia. Convinto che gli Stati Uniti, pur coi loro acciacchi, siano il miglior Paese del mondo, che nessuna democrazia sia più democratica di questa, nessun liberalismo più liberale, Mr. Babbitt, l’equivalente del nostro signor Brambilla, è fiero d’esser nato quaggiù, come, ai tempi d’Augusto, s’era fieri d’esser nati a Roma, o nelle sue province. Dell’America ama tutto, e non perde occasione per sbandierarne i primati che l’hanno resa grande, o eccentrica.
(...) In Reagan Mr. Babbitt s’e riconosciuto sin dalle primarie, fiutando in lui il riparatore dei torti, il vendicatore dei soprusi, il restauratore di quel valori messi in dubbio, e in crisi, da una contestaztone che voleva tutto e subito, ma non sapeva che cosa.
(...) Ciò che all’uomo della strada di Ann Arbor, Phoenix, Cleveland più piace del neo-presidente è il realismo, la chiarezza d’idee (anche se poche), l’efficacia nell’esporle. L’americano assimila, infatti, solo quel che capisce. E capisce solo quel ch’è semplice. E per lui è semplice solo quel ch’è dimostrabile. Di qui il suo pragmatismo, la sua allergia ideologica, la sua vocazione anticontemplativa.
Emulo più dello sperimentale Henry Ford che del dialettico Socrate, e più Homo faber che sapiens. Vive nell’oggi, ma guarda al domani, ch’è la sua vera, grande tradizione, come quella di noi europei è l’ieri. Volto ansiosamente al futuro, non ha radici, né vuol averne.
(...) Pragmatico, e anche ottimista, come i suoi antenati, missionari e pionieri insieme, sorretti da quella fede in Dio, che instilla fiducia, pungolando all’azione e all’emulazione.
Babbitt è un lavoratore modello, che dalle otto del mattino alle cinque del pomeriggio, con un piccolo intervallo per un piccolo spuntino, non si dà, e non dà tregua. Mai si siede sugli allori e, se pur ne avesse la tentazione, la moglie, ambiziosamente viglle, gliel’impedirebbe. Vuol far carriera, bruciare le tappe, guadagnare sempre di più. Perché, guadagnando sempre di più, può sempre più spesso cambiare, casa e macchina, indiscussi status symbol d’un popolo selvaggiamente competitivo.
(...) E Dio solo sa quanto nel Nuovo Mondo pesi il giudlzlo della comunità, cui nulla sfugge, che tutto sorveglia e su tutti incombe col suo tacito, inflessibile codice, i suoi tabù, i suoi veti, le sue prescrizioni.
(...) Al suo presidente il signor Brambilla formato yankee chiede solo di tener alto il vessillo dell’Unione e farsi portavoce d’ideali di libertà che, forse sbagliando, antepone a quelli d’uguaglianza e giustizia.
E ciò perché, grazie a questa libertà, oggi meno sfrenata di ieri, ma ancor enorme, l’uomo qualunque, che non è nessuno, sa di poter diventare qualcuno: le occasioni non gli mancheranno, dipenderà unicamente da lui trarne profitto. (...)