Corriere della Sera - Sette

LA CONTRO-HOLLYWOOD ECCO CHI SONO LE STELLE INDIPENDEN­TI

Kristen Stewart con due lavori e Jessie Essenberg regista nella rassegna fondata 40 anni fa da Redford

- DI VALERIA VIGNALE

Dopo i Golden Globe e prima degli Oscar, come in una staffetta, inizia la lunga corsa di film, attori e registi pronti a contenders­i i riflettori da qui al 2025. Sono i protagonis­ti del Sundance Film Festival (18-28 gennaio) che, in questo weekend, premia il cinema indipenden­te di cui è simbolo e motore, dopo una scrematura di circa 80 titoli tra i 17mila candidati. La rassegna festeggia 40 anni da quando Robert Redford la fondò come contraltar­e di Hollywood e fucina di talenti.

A Park City, nello Utah amato dal “Sundance Kid” del grande schermo, sono stati lanciati e onorati Quentin Tarantino (Le iene, 1992) e Damien Chazelle (Whiplash, 2003), i fratelli Joel e Ethan Coen (Blood simple - Sangue facile, 1984) e Christophe­r Nolan (Memento, 2000) oltre a Steven Soderbergh (Sesso, bugie e videotape, 1989) tornato per il 40° party a cui ha portato in regalo il nuovo thriller-horror Presence.

Sebbene nota al mondo per la saga sbanca-botteghini di Twilight, la stella premiata già al galà di apertura è stata l’habituée Kristen Stewart, tornata con due film: Love Lies Bleeding di Rose Glass – storia d’amore e violenza tra la manager di una palestra e una body-builder – e Love Me di Sam e Andy Zuchero, dramma romantico in un mondo post-apocalitti­co. La 33enne attrice e regista ha ricevuto il Visionary Award «per il lavoro di artista senza compromess­i e i contributi alle produzioni indipenden­ti». Tra i più attesi in competizio­ne anche Jessie Eisenberg, con il secondo film da autore-attore prodotto con Emma Stone (che però non appare): l’autobiogra­fico A Real Pain segue, tra dramma e humour, due cugini in viaggio in Polonia sulle tracce della famiglia, fuggita negli Usa per l’Olocausto.

Come da tradizione, ci sono varie chicche anche tra i documentar­i. Super/ Man: The Christophe­r Reeve Story di Ian Bonhôte e Peter Ettedgui racconta l’ascesa dal nulla dell’attore che fu superuomo dal 1978 al 1987 ma «ha imparato il vero significat­o dell’eroismo come attivista dopo l’incidente del 1995, che lo rese tetraplegi­co e dipendente da un ventilator­e per respirare», sottolinea­no i registi, che hanno raccolto filmati inediti dall’archivio di famiglia di Reeve e riflession­i sulla vita in altalena tra fortuna e sfortuna. Tra gli highlights l’unico titolo fruibile subito, dal prossimo lunedì su Netflix, è The Greatest Night Pop di Bao Nguyen, il making of del brano We Are the World, che su iniziativa di Harry Belafonte per le carestie in Africa, il 25 gennaio del 1985 riuscì a mettere insieme 46 popstar per registrare l’hit mondiale che avrebbe poi vinto 4 Grammy. Fu un’impresa portare al microfono, tutte insieme, le icone dell’epoca. Tra queste Michael Jackson e Tina Turner, Bob Dylan e Cindy Lauper, Bruce Springstee­n e Dionne Warwick. Davanti alla porta della sala di registrazi­one c’era scritto: «Lasciate a casa l’ego».

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Christophe­r Reeve con la moglie in Super/Man: The Christophe­r Reeve Story
Da sinistra, in senso orario, Kristen Stewart e Steven Yeun in Love Me; Kieran Culkin e Jesse Eisenberg in A Real Pain; Cindy Lauper e Bruce Springstee­n in The Greatest Night Pop; Christophe­r Reeve con la moglie in Super/Man: The Christophe­r Reeve Story

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