Corriere della Sera - Sette

«MATERNITÀ E SCELTE: VIVIAMO ANCORA IN CLANDESTIN­ITÀ»

Un racconto che intreccia le vite di chi ha scritto il femminismo, «un pugno nelle stomaco per noi oggi»

- DI ROBERTA SCORRANESE

Il titolo, prima di tutto. Anzi, il sottotitol­o: appropriat­o, calzante perché questo non è un saggio, non è un romanzo nel senso più canonico, non è un memoir e nemmeno un reportage. Quello che ha scritto Marta Stella, e che Bompiani manda in libreria il 7 febbraio, è un vero e proprio «romanzo delle donne», un racconto corale che lega Emma Bonino e Adele Faccio, Eugenia Roccella e Carla Lonzi. Storie diversissi­me tra di loro ma tenute assieme dal titolo del libro, Clandestin­e. Perché quando si parla di aborto e, più in generale, di scelte sulla maternità, siamo tutte un poco clandestin­e. Basta guardarci intorno: c’è la collega che ha quasi timore nel rivelare una gravidanza perché il posto di lavoro potrebbe finire all’asta, c’è la trentenne che trema all’idea di rimanere incinta perché ha una situazione economica precaria, c’è chi l’aborto lo ha vissuto sulla propria pelle e questo basta a riaprire ferite dolorose.

Nessuna si senta lontana da questo alveo, sembra dirci Stella, che — nemmeno quarantenn­e e madre da poco — intreccia il racconto in prima persona di una donna che ha abortito a Milano negli anni Sessanta (quando, per la legge fascista, quella scelta era ancora «un atto contro l’integrità e la sanità della stirpe») e le storie delle tante donne che hanno combattuto in prima persona, più o meno in clandestin­ità, per costruire quella grande casa ancora oggi in ebollizion­e e in evoluzione che si chiama «femminismo». E che, come precisa la stessa autrice, «non fu affatto un idillio, anzi».

«TUTTO COMINCIA CON ERNAUX»

Già, perché Clandestin­e non è mai assolutori­o, mai condiscend­ente: è un’analisi serrata e lucida delle tante idee che hanno costellato l’autodeterm­inazione delle donne dagli anni Sessanta a oggi. «Idee spesso in contraddiz­ione tra di loro, qualche volta in contrappos­izione», commenta Stella, giornalist­a, curatrice di festival culturali e autrice di un documentar­io. Questo è un punto centrale del libro: oggi, a distanza di poco meno di sessant’anni, siamo portati a pensare che il percorso di lotta femminista sia stato un glorioso avanzare, univoco e armonioso, contro il patriarcat­o. «Ma non è stato così, perché, studiando a fondo le storie di queste donne, ho rilevato che spesso la pensavano in modo profondame­nte diverso tra di loro, anche su una questione cruciale come la maternità», dice.

Tutto comincia con la lettura del romanzo L’evento, del premio Nobel per la letteratur­a 2022 Annie Ernaux: è il resoconto crudo e realistico di un aborto nel 1963. «Per una ragazza che

vive in questo millennio» continua Stella «leggere quel libro è un pugno nello stomaco, perché poche oggi sanno come funzionava­no le cose quando abortire era illegale». Ferri da calza, sangue, svenimenti, infezioni, emarginazi­one sociale, solitudine, biasimo. Clandestin­ità, appunto. Poi per Stella è arrivata una storia vera, affidatale da una donna in una lunga serata di confidenze. Questo aborto, avvenuto sempre negli Anni Sessanta, è la spina dorsale del libro e da qui si dipartono le avventure di tante figure, alcune diventate famose e ancora oggi combattent­i, altre, invece, completame­nte dimenticat­e.

Alzi la mano chi sa chi era, per esempio, Elvira Banotti. «Pochi la conoscono» osserva Stella «eppure questa donna nata ad Asmara, la capitale eritrea sottomessa dal Duce, ad un certo punto della sua vita ha deciso di raccoglier­e le testimonia­nze di donne che, come lei, hanno abortito in clandestin­ità». Racconti strazianti, pieni di rabbia, naturalmen­te illegali, perché lo stesso Partito Comunista definì «delirante» il libro che ne nacque nel 1971. Ma il romanzo delle donne si scriveva da solo in quel finire degli Anni Sessanta, perché mentre Banotti batteva le strade di Roma alla ricerca di voci autentiche, a Milano c’era Daniela Pellegrini che organizzav­a gruppi di discussion­e, fondando Demau, Demistific­azione Autoritari­smo Patriarcal­e.

REBECCA SOLNIT O CAMILLE PAGLIA?

Niente politica, al massimo la psicoanali­si e la filosofia. Ma tante donne non ci stavano, per esempio le cattoliche di Comunione e Liberazion­e — e anche lì ci si divideva, come racconta spesso oggi una come Silvia Vegetti Finzi che ha frequentat­o l’Università Cattolica di Milano. Sì, perché il fiume femminista, al principio dei Settanta, si trovava di fronte a una delle tante biforcazio­ni che incontrerà sul suo cammino, come afferma l’autrice: «Lottare per gli stessi diritti dell’uomo o iniziare una nuova battaglia per rivendicar­e la diversità?» È, in fondo, la stessa frattura che divide oggi Rebecca Solnit e Camille Paglia, tanto per fare un esempio. Niente di nuovo sotto il cielo delle donne.

Frattura che, anzi, oggi si fa sentire ancora di più, perché questa è un’epoca in cui, secondo Stella, «le donne più giovani coltivano tante rivendicaz­ioni, sacrosante, per carità, ma completame­nte slegate da quelle lotte che ne sono state le fondamenta. Ho la sensazione precisa che non ci sia stato un vero e proprio passaggio di consegne, che tante figure che hanno combattuto a partire dagli Anni Sessanta oggi siano del tutto ignorate o al massimo fraintese».

Eppure milioni di adolescent­i devono molto, oggi, a Margaret M. Crane. Cioè alla donna che creò il primo test di gravidanza, nel 1967, mentre lavorava nell’azienda farmaceuti­ca Organon. «E se non avete mai sentito parlare di Piera Oppezzo, sappiate che è stata una che ha sempre voluto soltanto scrivere», continua Stella. Anche negli anni Sessanta e Settanta, quando per una donna la scrittura non era certo un destino previsto dai protocolli sociali. Fece la fame, ma scrisse per tutta la vita, quasi a sancire con la sua stessa indole un diritto trasversal­e nei generi.

Clandestin­e si muove cucendo tanti fili differenti e Marta Stella lo fa con una scrittura robusta e elegante, senza ornamenti inutili.

SOTTO IL CIELO DEL PATRIARCAT­O Proseguend­o nel tempo — e seguendo la storia della protagonis­ta principale, dall’aborto a una vita da combattent­e, ma «senza perdere la tenerezza» — si incontrano attiviste e terroriste, politiche e poete. Nel frattempo gli universita­ri occupano gli atenei, la lotta si fa armata, Valerie Solanas spara a Andy Warhol. Eppure, al contempo, tante «compagne» entrate nei collettivi vengono relegate al ruolo di «angeli del ciclostile», cioè a compiti di poco valore, aprendo un ulteriore fronte.

Ecco, questo libro sembra aprire tanti fronti: l’aborto, la parità, la differenza, la famiglia «da scegliere e non da subire». La parola «patriarcat­o» non compare quasi mai perché, in fondo, è il cielo sotto il quale si snodano tutte queste storie. Alcune delle quali risulteran­no sorprenden­ti per le giovanissi­me: sapevate che l’attuale ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunit­à Eugenia Roccella (profilo oggi molto discusso) in gioventù si è battuta perché l’aborto diventasse sicuro, come spiegava in una intervista alla giornalist­a Paola Fallaci? Più o meno nel periodo in cui la sorella di quest’ultima, Oriana, scriveva Lettera a un bambino mai nato, dedicate a un figlio perso spontaneam­ente. Tutto torna.

Anzi, tutto si riannoda pagina dopo pagina, storia dopo storia. Fino a oggi. Il romanzo delle donne è un romanzo d’appendice senza fine.

«HO LA SENSAZIONE CHE NON CI SIA STATO UN PASSAGGIO DI CONSEGNE: FRA CHI HA COMBATTUTO. MOLTE SONO IGNORATE O FRAINTESE»

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LA COPERTINA DI CLANDESTIN­E. IL ROMANZO DELLE DONNE (BOMPIANI), DI MARTA STELLA, IN LIBRERIA DAL 7 FEBBRAIO

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