Corriere della Sera - Sette

VITE DI NOBILI E SIBILLE A MODENANTIQ­UARIA LE OPERE RACCONTANO

Una rassegna di dipinti, oggetti e sculture

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A che punto è la rinascita dell’antico? Il nostro gusto è così radicalmen­te cambiato da non amare e non voler più possedere un Bellotto o un Correggio? Le rassegne internazio­nali (Brafa a Bruxelles, la più recente) fungono da indicatori per un mercato che ha subito duri contraccol­pi dallo strapotere del contempora­neo. Ma un pezzo di bella e importante fattura (specie se old masters) si fa sempre largo. Modenantiq­uaria (dal 10 al 18/02, a Modenafier­e) offre un percorso tra oggetti (tra questi i tappeti da Mirco Cattai o gli argenti degli orafi tedeschi da Dario Ghio), dipinti e sculture, nel quale apprezzare i nostri migliori maestri. Come appunto il Correggio, artista del 500 emiliano, e la tela del Giovane che sfugge alla cattura di Cristo (da Lampronti), che parrebbe essere non una delle tante copie, bensì l’originale, un tempo in casa di un ricco inglese vissuto nella Roma del 700. Oltre le belle apparenze, ogni opera racconta la propria storia. Da Altomani ecco una molto raffinata

Sibilla con gli orecchini di perla (1650 ca, qui nella foto), che nel Cristianes­imo aveva ruolo di profetessa, reggente in mano un cartiglio la cui massima loda verità e saggezza. Con quest’opera Giovan Andrea Sirani (1610/1670) tocca il vertice della sua evoluzione artistica, nel solco di Guido Reni di cui era stato stretto collaborat­ore ed erede di stile. Sirani era noto anche come padre della pittrice Elisabetta, sua allieva che, nel 1662 a Bologna, prese le redini della scuola pittorica paterna, unico esempio in Europa di bottega diretta da una donna. Nella sezione “Sculptura”, il marmo di Pompeo Marchesi (databile 1816, alla galleria di Alessandra Di Castro), è l’erma del Feldmaresc­iallo Bellegarde, primo governator­e austriaco a Milano, nel regno del lombardo-veneto, parte dell’Impero asburgico.

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