P iRaTEriA
SI PUÒ COMBATTERE NEI MARI O IN TV (QUELLA DEL PEZZOTTO)
Negli ultimi tempi si è molto parlato, in contesti diversi, di pirateria. Il primo contesto è quello che riguarda la partecipazione dell’Italia a missioni che intendono contrastare questo fenomeno in alcune parti del mondo. Dopo la missione Atalanta in Somalia, ora la missione Aspides nel Mar Rosso (chissà chi dà il nome a queste missioni o alle operazioni di polizia o agli uragani e alle perturbazioni meteorologiche). In questi casi si parla di «contrasto alla pirateria» in senso proprio, facendo riferimento ad assalti alle navi commerciali che spesso comportano – oltre al furto delle merci – violenti scontri, con vittime e ostaggi. Stando al resoconto dell’International Maritime Bureau, nell’anno appena trascorso gli atti di pirateria contro navi mercantili sono stati nel mondo ben 120, con un bilancio complessivo piuttosto pesante.
Eppure, quando si pensa ai pirati si pensa ancora – a seconda della generazione – ai romanzi d’avventura o ai film Disney; a Sandokan, Capitan Uncino, Long John o Johnny Depp. Anche se di pirati si parlava già nel Medioevo. Li nomina lo stesso Dante nell’Inferno, avocando la crudeltà di un tradimento tale che «non vide mai sì gran fallo Nettuno, / non da pirate»: neanche dai pirati. Il nome dei pirati era ricondotto all’epoca a quello del mitologico Pirro «figliuolo d’Achille, il quale fu primo corsale che con cento legni andava rubando, uccidendo e predando per tutto il mare» (così Franco Sacchetti). Ma il vero etimo di pirata è il greco peiratés, a sua volta dal verbo peiráo che significava «provare, tentare» o anche «assaltare, aggredire». Da lì, documentato fin dal ’600, anche l’italiano pirateria.
In queste settimane, però, ci si peritava di premunirsi anche contro un altro tipo di pirateria. Già, perché di piraterie (così come di pirati) ce n’è fuor dal mare intere praterie. Accanto ai pirati del cielo, dell’aria, dell’etere, della strada (e alle radio e alle auto pirata), c’è la pirateria editoriale, quella discografica, quella letteraria, quella informatica: tutte hanno in comune la violazione del diritto d’autore. Ma il valore metaforico di pirateria come furto è oggi usato soprattutto a proposito degli strumenti per connettersi abusivamente alle trasmissioni televisive a pagamento. Quelli che a volte, nel linguaggio giornalistico, vanno sotto il nome di pezzotti: «Respinto il ricorso di Assoprovider: la piattaforma anti-pezzotto Piracy Shield è pienamente legittima». Là dove Piracy Shield dovrebbe rendere in inglese lo scudo anti-pirateria, mentre pezzotto è parola di provenienza napoletana che in origine indicava la zeppa del falegname o la toppa del sarto ed è poi passata a indicare qualcosa di falso o di fasullo. «Stefano Azzi, ceo di Dazn, parla del pezzotto: “La pirateria? Chiamiamoli hooligan perché, come i violenti, danneggiano la loro squadra”».
DI PIRATI PARLA GIÀ DANTE; L’ETIMO È IL GRECO PEIRATÉS, DAL VERBO PEIRÁO CHE SIGNIFICA ASSALTARE