Corriere della Sera - Sette

DIGIUNARE A INTERMITTE­NZA... CI SONO CASCATO ANCH’IO NON DIMAGRISCO, MA STO MEGLIO

- DI ANTONIO POLITO apolito@rcs.it

Alla fine ci sono cascato anch’io: da qualche settimana faccio il digiuno. “Intermitte­nte”, of course; che poi è la versione in cui noi contempora­nei che viviamo in Occidente facciamo ogni cosa: un po’ sì e un po’ no. Cioè non mangio per sedici ore, e mangio nelle restanti otto. Furbamente, approfitto della notte per digiunare. Per cui, ammesso che riesca a concludere il pasto serale entro le 22, posso riprendere ad assumere cibo solo dalle 14 del giorno dopo (anche se mi rosicchio spesso, è il caso di dirlo, un’ora qua e un’ora là).

Non me l’ha prescritto nessuno, non è sotto controllo medico, è una di quelle cose che si fa per sentito dire, per seguire l’onda, la moda, i siti che ne parlano, gli amici che se ne vantano, i divi che lo pubblicizz­ano. Risultato sul peso, finora, nessuno. Quando facevo le cose più seriamente, in materia di salute, ricordo che una dietologa mi mise sull’avviso: se digiuni spesso, il corpo capisce che non avrà più un apporto costante di tutte le calorie che vuole bruciare, e così accumula grasso per i tempi magri. Si vede che sta andando così anche a me.

Ciò nonostante, la cosa mi dà soddisfazi­one. Mi sento più virtuoso, più in controllo. Penso anzi che tutte le regole alimentari, al pari dell’esercizio fisico, servano innanzitut­to alla nostra mente. Abbiamo un bisogno disperato di disciplina, in queste vite caotiche, superficia­li, di corsa, con il nostro “io” costanteme­nte alienato a un cellulare, o a un navigatore; per dimostrare che riusciamo ancora a essere padroni di noi stessi. Una regola monastica, insomma. Non è un caso se l’ufficio stampa di Sunak, il premier britannico di fede induista, ha fatto sapere ai media che il loro leader digiuna trtentasei ore alla settimana (roba seria, un giorno e mezzo): è un modo di dimostrars­i giovane, attivo, sopratutto concentrat­o.

D’altra parte anche nelle religioni, che abbondano tutte di regole alimentari, il digiuno serve a quello: a fare spazio nella nostra mente per Dio. Sì, è vero, secondo molti storici nascono in origine per motivi sanitari: nel deserto del Mediorient­e, dove sono nate le tre grandi religioni del Libro, ebraica, cristiana e islamica, conservare certi cibi in sicurezza non era facile: pensate alla carne di maiale, per esempio. Ma ben presto queste prescrizio­ni si trasformar­ono in un esercizio spirituale. Non molto diverso da quello che oggi, nelle società del consumo e dello spreco, facciamo anche noi col digiuno, solo “intermitte­nte”.

Delle tre, la religione cristiana è anzi quella più tollerante. Non ha vere proibizion­i alimentari. Anzi c’è un passo delle Scritture in cui a Pietro, affamato e timoroso di violare le regole ebraiche, appare una visione: una grande tovaglia, calata a terra per i quattro capi. «Pietro, uccidi e mangia», gli dice una voce. Ma lui: «Non sia mai, Signore, io non ho mai mangiato nulla di profano o impuro». E la voce di nuovo a lui: «Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo profano».

Così possiamo mangiare tutto. Solo intermitte­ntemente (a proposito, mercoledì comincia la Quaresima).

L’HO SCELTO PER MODA ED È PERFETTO PER IL NOSTRO OCCIDENTE CHE FA LE COSE UN PO’ SÌ, UN PO’ NO. LE RADICI SONO NELLA BIBBIA

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