DIGIUNARE A INTERMITTENZA... CI SONO CASCATO ANCH’IO NON DIMAGRISCO, MA STO MEGLIO
Alla fine ci sono cascato anch’io: da qualche settimana faccio il digiuno. “Intermittente”, of course; che poi è la versione in cui noi contemporanei che viviamo in Occidente facciamo ogni cosa: un po’ sì e un po’ no. Cioè non mangio per sedici ore, e mangio nelle restanti otto. Furbamente, approfitto della notte per digiunare. Per cui, ammesso che riesca a concludere il pasto serale entro le 22, posso riprendere ad assumere cibo solo dalle 14 del giorno dopo (anche se mi rosicchio spesso, è il caso di dirlo, un’ora qua e un’ora là).
Non me l’ha prescritto nessuno, non è sotto controllo medico, è una di quelle cose che si fa per sentito dire, per seguire l’onda, la moda, i siti che ne parlano, gli amici che se ne vantano, i divi che lo pubblicizzano. Risultato sul peso, finora, nessuno. Quando facevo le cose più seriamente, in materia di salute, ricordo che una dietologa mi mise sull’avviso: se digiuni spesso, il corpo capisce che non avrà più un apporto costante di tutte le calorie che vuole bruciare, e così accumula grasso per i tempi magri. Si vede che sta andando così anche a me.
Ciò nonostante, la cosa mi dà soddisfazione. Mi sento più virtuoso, più in controllo. Penso anzi che tutte le regole alimentari, al pari dell’esercizio fisico, servano innanzitutto alla nostra mente. Abbiamo un bisogno disperato di disciplina, in queste vite caotiche, superficiali, di corsa, con il nostro “io” costantemente alienato a un cellulare, o a un navigatore; per dimostrare che riusciamo ancora a essere padroni di noi stessi. Una regola monastica, insomma. Non è un caso se l’ufficio stampa di Sunak, il premier britannico di fede induista, ha fatto sapere ai media che il loro leader digiuna trtentasei ore alla settimana (roba seria, un giorno e mezzo): è un modo di dimostrarsi giovane, attivo, sopratutto concentrato.
D’altra parte anche nelle religioni, che abbondano tutte di regole alimentari, il digiuno serve a quello: a fare spazio nella nostra mente per Dio. Sì, è vero, secondo molti storici nascono in origine per motivi sanitari: nel deserto del Medioriente, dove sono nate le tre grandi religioni del Libro, ebraica, cristiana e islamica, conservare certi cibi in sicurezza non era facile: pensate alla carne di maiale, per esempio. Ma ben presto queste prescrizioni si trasformarono in un esercizio spirituale. Non molto diverso da quello che oggi, nelle società del consumo e dello spreco, facciamo anche noi col digiuno, solo “intermittente”.
Delle tre, la religione cristiana è anzi quella più tollerante. Non ha vere proibizioni alimentari. Anzi c’è un passo delle Scritture in cui a Pietro, affamato e timoroso di violare le regole ebraiche, appare una visione: una grande tovaglia, calata a terra per i quattro capi. «Pietro, uccidi e mangia», gli dice una voce. Ma lui: «Non sia mai, Signore, io non ho mai mangiato nulla di profano o impuro». E la voce di nuovo a lui: «Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo profano».
Così possiamo mangiare tutto. Solo intermittentemente (a proposito, mercoledì comincia la Quaresima).
L’HO SCELTO PER MODA ED È PERFETTO PER IL NOSTRO OCCIDENTE CHE FA LE COSE UN PO’ SÌ, UN PO’ NO. LE RADICI SONO NELLA BIBBIA