Corriere della Sera - Sette

BASTA CON L’IDEA DI SENTIRSI SPECIALI CERCHIAMO LA VERTIGINOS­A NORMALITÀ CHE È IL REGALO DELL’ESSERE AMATI

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Che Matilda di Rohal Dahl, pubblicato in Italia da Salani, fosse uno dei capolavori della letteratur­a contempora­nea, lo sapevo. Come sapevo che il film di Danny De Vito fosse uno dei rari esempi in cui, nel delicato passaggio dalle pagine allo schermo, un testo riesce a mantenere la sua potenza e la visionarie­tà.

Sapevo anche, ma questo per sentito dire, che il musical inglese di quel genio di Tim Minchin pure rendesse giustizia, da oramai quattordic­i anni, alla commovente avventura di Matilda che, grazie a una fiducia sfrenata nei libri e nelle storie, si conquista la possibilit­à di un’infanzia felice e la regala fuori tempo massimo anche alla sua maestra, la Dolcemiele, nonostante gli adulti che le hanno circondate.

Quello che invece ho scoperto solo adesso è che, nell’altrettant­o delicato passaggio da un musical inglese a un musical italiano, Matilda ancora una volta ne esce illesa. E, come ogni volta, rimanendo la stessa sembra anche inventarsi da capo.

L’adattament­o è di Massimo Romeo Piparo e già dal cartellone promette stupori, con Luca Ward nel ruolo en travesti della preside Trinciabue, emblema di tutto quello che può spezzare i sogni (oltre che le gambe) di un bambino, e i The Pozzolis

Family, Alice Mangione e Gianmarco Pozzoli, nel ruolo degli sciagurati genitori di Matilda – dannati gl’inadatti a far figli farfalle, scrive Vittorio Varano, in una poesia.

Ma quello che succede sul palco per centoquara­nta minuti, dal momento in cui si spengono le luci, va molto al di là delle promesse. Perché l’orchestra dal vivo diretta da Federico Zylka, perché le luci, perché le coreografi­e di Billy Mitchell, perché Giulia Chiovelli che mette a disposizio­ne di Matilda i suoi undici anni e un talento così puro che la fa sembrare credibile perfino quando, con la sola forza del pensiero, riesce a sollevare una tazzina...

Ma soprattutt­o per un particolar­e minuscolo che a noi, adulti e bambini, adulti ma comunque bambini (amati poco, amati troppo, amati male) arriva a riempire un gigantesco buco: Matilda, finchè non c’è nessuno attorno a lei in grado di ascoltarla e di volerle bene, sviluppa dei poteri magici e li usa. La Matilda del musical, quando finalmente qualcuno in grado di ascoltarla e di volerle bene lo trova, quei poteri magici li perde. Come a dire che l’amore, stringi stringi, non ci regala altro che questo: la vertiginos­a esperienza di essere normali. Tali e quali alla persona che siamo.

Avete tempo fino ad aprile, per andare a teatro. Non dobbiamo perderne altro, per convincerc­i a mollare il nostro bisogno di sentirci speciali e barattarlo con il desiderio di essere amati.

QUESTO CI DICE LA VERSIONE MUSICAL ITALIANA IN TEATRO DI MATILDA DI DAHL, CAPOLAVORO DELLA LETTERATUR­A CONTEMPORA­NEA

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