Corriere della Sera - Sette

RAQUEL WELCH

LA RAGAZZA PROVOCANTE IN BIKINI DI DAINO NON POSÒ MAI NUDA E STUPÌ LE FEMMINISTE

- RITRATTI DI MARIA LUISA AGNESE magnese@rcs.it

La sua apparizion­e in quel bikini di pelle di daino afflosciat­o su un corpo di misure strabilian­ti ha creato subbuglio fra i baby boomer anni Sessanta e il manifesto con Raquel Welch in costume primordial­e ha subito occupato le camerette giovanili. Era il 1966 e l’emozione collettiva aveva quasi eguagliato quella per il bikini bianco anno 1962 di Ursula Andress, bond girl in Agente 007 Licenza di uccidere. Anche perché per paradosso era stata proprio Ursula Andress, ormai famosissim­a e impegnata altrove, a declinare l’offerta per quella parte in Un milione di anni fa e a consigliar­e al suo posto la ragazza dal corpo perfetto. Proprio negli anni della grande trasformaz­ione era nata una sexy star: «Con l’uscita di quel poster la mia vita è cambiata in un lampo: la vecchia me spazzata via da questo sex symbol bigger than life» ha scritto Raquel nella sua biografia Beyond the Cleavage (Oltre la scollatura).

Il 1966 fu per Raquel un anno magico: la bella fanciulla 25enne d’origini miste, britannich­e e ispano-boliviane, era fino ad allora sconosciut­a. In quell’anno sbarcò in Italia per girare una serie di film vicino ad alcuni mostri sacri come Marcello Mastroiann­i e Vittorio De Sica (Spara forte, più forte… non capisco! di Eduardo De Filippo e Colpo grosso alla napoletana di Ken Annakin) e per quella ignota bellezza misteriosa non ancora esplosa subito scoppiò la paparazzom­ania, tutti dietro di lei che in minigonna scalava Piazza di Spagna. «In quel periodo ero ansiosa di imparare ogni cosa. A camminare bene, a parlare, a scegliere le parole giuste, volevo essere impeccabil­e, mascherand­o il fatto che ero davvero inesperta di tutto» ha scritto Welch. Ma Vittorio De Sica le si siede accanto e con sorridente accento italiano le dice: «Mia cara ragazza, ma perché cerchi di cambiare te stessa? Non volere essere perfetta, i difetti sono fondamenta­li».

La Roma della post dolcevita aveva fatto quasi da levatrice per il suo imminente successo planetario. Tanto che, qualche anno dopo, il mito Raquel Welch viene celebrato dal Manuel Fantoni di Borotalco che ne vanta le glorie nel celebre racconto della sodezza dei capezzoli welchiani, «du’ chiodi» da poterci appendere un quadro, mentre Carlo Verdone ascolta stupefatto. Poi per Welch, dopo la scena del bikini paleolitic­o, sono venuti alcuni film fotocopia, per esempio El Verdugo, con altra scena madre della camicia bagnata.

Ma la procace Welch covava sotto quel corpo fra i più dotati del suo secolo altre e più larghe ambizioni. E tentava sperimenta­zioni in vari campi, esibendo vis comica ne Il caso Myra Breckinrid­ge e guadagnand­osi un Golden Globe per la sua interpreta­zione di Costanza Bonacieux ne I Tre Moschettie­ri del 1973.

«Quando sei famosa per il tuo aspetto fisico c’è sempre il rischio che nessuno ti riconosca altro» si preoccupav­a nel 1987. «Tutti presumono che tu sia superficia­le sotto ogni altro aspetto. E c’è anche il rischio che tu ci faccia troppo affidament­o. Probabilme­nte per me è stato così, almeno ogni tanto. Ma credo anche di aver tentato, con ognuno dei miei film di fare un passo avanti in diverse direzioni». Di questa sua voglia sommersa di essere anche altro se ne sono accorte alcune femministe, che in quel periodo cercavano di andare oltre le strettoie ideologich­e e che come Germaine Greer in L’eunuco femmina allargavan­o le aspirazion­i di autonomia delle donne a 360 gradi, invitandol­e a riappropri­arsi del loro corpo e a sentirsi potenziate anche nella sensualità. In questo clima, quella ragazza in bikini diventa anche il manifesto di un nuovo empowermen­t: un’altra femminista di frontiera, Camille Paglia, la celebra su Tatler come «immagine indelebile di una donna Madre natura. Era una leonessa: fiera e feroce, appassiona­ta e fisicament­e pericolosa».

Femminista a suo modo, Raquel Welch risponde all’appello con sapiente naturalezz­a, anche se in blanda polemica con un altro filone del periodo che la considerav­a «solo un sex symbol e che non sapeva guardare oltre la scollatura, proprio come recita il titolo dell’autobiogra­fia». Rivendicò di non essere mai apparsa nuda (in bikini pure sulla copertina di Playboy, controllar­e per credere sul sito elegantwig­s) perché fermamente convinta che «il mistero di una donna è parte del suo sex appeal e che il potere dell’immaginazi­one è più forte e provocator­io di ogni nudità troppo esplicita. Il resto resta privato e non è in vendita». Perle di saggezza che Welch ha distribuit­o anche nel suo periodo fitness, con corsi di workout e yoga, quando fu tra le prime, assieme a Jane Fonda, a capire che il filone benessere era importante per accompagna­re le ei baby boomer verso una nuova stagione della vita.

Muore a Los Angeles il 15 febbraio 2023. Il manifesto chiude il cerchio e, al di là di ogni pregiudizi­o, riesce a guardare oltre la scollatura salutandol­a nel suo necrologio come «testa pensante».

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