ANNA E IL SUO CANE ADE UN TRAMPOLINO VERSI ALTRI AMORI ( A QUATTRO O DUE ZAMPE)
Caro Massimo, io e mia sorella abbiamo sempre ironizzato su quella che ritenevamo una eccessiva apprensione da parte di mamma e papà. Poi il 24 giugno 2020 è entrato nella mia vita qualcuno di cui preoccuparmi e che, soprattutto, senza di me non sarebbe potuto crescere. A quel punto, i ruoli con mia madre si sono invertiti: ero io a chiamare costantemente lei, in preda alla paura per il più piccolo graffio, per quel pasto saltato, per quella visita che mi metteva ansia. Anche perché il mio compagno di viaggio le parole per farsi capire non le ha e nemmeno le avrà mai e quindi ho dovuto imparare a capirlo senza parlare. Già, perché quel 24 giugno 2020 è entrato nella mia vita Ade, un bellissimo pastore tedesco. Ora, tanti diranno: ma sempre di un cane parliamo. E io rispondo: sempre di una vita parliamo. Quello stesso anno ho iniziato a lavorare in una nuova città, durante la fase non calda, ma nemmeno fredda del Covid, avendo come compagno d’avventura Ade. E quando in ospedale alla parola “ricovero”, tanti pazienti mi rispondevano «sarà breve, vero? Perché io non posso lasciare per tanto tempo il mio cane da solo» o quando fuori dall’ospedale vedevo piccoli o grandi quattro-zampe andare a trovare il loro padrone, il mio cuore tremava il doppio. La sua è una rubrica che parla di amore e io sempre di amore parlo, quello di chi solo con gli occhi è in grado di unire persone e dare conforto. Quello di chi, quando sono stata male, si è messo vicino a me senza mangiare o bere, fin quando non sono stata bene. In questi tempi in cui tante povere creature vengono vessate o abbandonate dall’uomo, la mia vuole essere un’incitazione affinché tanti possano accogliere nella loro vita creature che non parlano, ma che dicono tanto. Alla fin dei conti, anche questo è un ricominciare.
Anna
CARA ANNA, NON HA BISOGNO di convincermi: la mia famiglia è composta da due adulti (uno dei quali sedicente tale: io), due bambini, un coniglio coraggiosissimo e una cucciolona di incredibile bellezza e ancora più incredibile appetito che ha ereditato il nome del mio primo amore a quattro zampe, Billie: l’irripetibile incrocio tra un lupetto e un leprotto che si infilò nel portabagagli della mia auto e della mia vita all’uscita di un supermercato e non ne uscì che sedici anni dopo, lasciandomi dentro il senso di una mancanza che non ho mai davvero superato.
Mi spiace che l’insopportabile tendenza a dividersi su tutto abbia creato anche questa assurda contrapposizione tra amore per i cani e per gli umani. Come se i cani fossero diventati i sostituti dei fidanzati o addirittura dei bambini che non facciamo più. Ci si è messo pure il Papa, che è partito da una critica giustissima a chi vizia l’animale come un bebè, rimpinzandolo di passeggini e cappottini, per arrivare alla conclusione che le società benestanti preferiscano i cani ai bambini perché danno meno scocciature. Per qualcuno il cane sarà anche un rimpiazzo del figlio che non
«QUANDO SONO STATA MALE, LUI SI È MESSO VICINO A ME SENZA MANGIARE O BERE, FINCHÉ NON SONO STATA BENE...»
ha avuto o voluto, benché non si tratti affatto di una scelta “di comodo”, dal momento che anche il cane richiede attenzioni continue: meno di un bimbo, ovviamente, ma comunque tantissime, e il mio pensiero assonnato e commosso va alle centinaia di uscite sotto la pioggia con Billie 1, e adesso 2, per il rito della sgambata notturna, da ritenersi conclusa solo al momento dell’espulsione (e della raccolta) dell’ultimo bisognino. Però mi sento di affermare per esperienza diretta che l’amore per un cane e per un figlio sono assolutamente compatibili: entrambi hanno a che fare con il nostro bisogno insopprimibile di accudire.
Non capisco perché si debbano sempre giudicare le scelte d’amore in base alla natura del destinatario, invece che alla sincerità del sentimento. Dopo venticinque anni di posta del cuore, se c’è una cosa che (forse) ho capito è che in ogni relazione sentimentale l’unica cosa che conta non è la carta di identità dei protagonisti, ma la presenza (o meno) di quella misteriosa energia che ti porta a uscire dall’ego per occuparti e preoccuparti di un’altra creatura, mettendoti così per un attimo in sintonia con l’universo, che è l’anti-ego per eccellenza. Il miglior augurio che possa farle, cara Anna, è che il suo splendido pastore tedesco sia un trampolino verso altri amori, a quattro e magari anche a due zampe.
DOPO 25 ANNI DI POSTA DEL CUORE HO CAPITO CHE IN OGNI RELAZIONE NON CONTA L’IDENTITÀ DEI PROTAGONISTI, MA L’ENERGIA CHE PORTA