LO STUPRO DI CATANIA, IL SUICIDIO DI SYLLA L’IMMIGRAZIONE VA GOVERNATA
Cara Lilli, lei sostiene che l’ immigrazione non sia stata efficacemente affrontata dai governi di destra ma venga strumentalizzata. La sinistra cavalca questo tema in modo altrettanto strumentale. Non crede che sia arrivato il momento di mettere da parte le posizioni ideologiche ed affrontare la questione in modo realistico?
Francesca Caffini
Cara Francesca, farei molta attenzione, perché ridurre tutto a un derby tra «porti chiusi» e «accoglienza indiscriminata» significa cadere nei tranelli della propaganda. Nella realtà questo braccio di ferro semplicemente non c’è. La sinistra delle porte aperte a tutti, esclusa qualche frangia utopistica, esiste solo nella caricatura della destra e, per converso, i numeri stessi rendono evidente quanto «blocco navale», «immigrazione zero» siano solo slogan del tutto irrealizzabili, al di là di ogni valutazione morale. Partiamo da questo, per avere quell’approccio realistico e non ideologico che lei giustamente reclama. L’immigrazione è un fenomeno epocale e mondiale, un processo di grande trasformazione che produce problemi di semplice convivenza o di vero allarme sociale. Ultimo caso di cronaca nera quello del terribile stupro di gruppo di Catania su una tredicenne, di cui sono accusati sette giovani egiziani. L’arrivo di extra-comunitari è però ormai anche un elemento strutturale delle nostre economie. Nelle attività labour-intensive –cioè ad alta intensità di mano d’opera – o in quelle di cura, l’impiego di lavoratori stranieri è amplissima se non prevalente. Nell’inverno demografico in cui vive da qualche anno l’Italia, l’immigrazione non è una risorsa, è una necessità.
Qualche dato del 2023: i lavoratori stranieri sono circa il 10% (2,4 milioni), e raggiungono il 28,9% tra il personale non qualificato. Con un valore aggiunto che rappresenta il 9% del prodotto interno lordo. Con il Piano Mattei (il piano strategico per la costruzione di un nuovo partenariato tra Italia e Stati africani), Giorgia Meloni si concentra soprattutto sulla dimensione esterna del problema, puntando a neutralizzare le cause dell’esodo dall’Africa: cioè meno migranti in cambio di più investimenti e aiuti economici. Peccato che le risorse siano molto scarse, l’Unione africana (54 Paesi) non sia stata consultata preventivamente e «la collaborazione da “pari a pari”» assai poco credibile quando predicata da un governo sovranista e nazionalista del “prima gli italiani”. Vento protezionista e populista che soffia peraltro in tutta l’Europa.
In sintesi, l’esecutivo segue soprattutto una linea di occultamento-allontanamento: pensiamo all’accordo con l’Albania (che darà in gestione una quota dei nostri sbarchi), al largo ricorso ai Cpr, i centri di permanenza per il rimpatrio, la cui rete è stata potenziata con tempi di detenzione estesi fino a 18 mesi. Nulla c’è per l’integrazione, strumento fondamentale per attutire lo shock sociale dell’immigrazione. E poi c’è la retorica sui rimpatri, effettivamente realizzati solo per la metà delle persone trattenute nei Cpr: gli altri restano per mesi in queste galere non galere che generano tragedie, come quella del 22enne guineano Ousmane Sylla, suicida nel centro di Ponte Galeria. Aveva chiesto di poter tornare a casa, ma l’Italia non ha accordi di rimpatrio con la Guinea. Quindi cara Francesca, fare opposizione è semplice, governare un vasto programma…
UN ESEMPIO: NELL’ACCORDO ITALIA-ALBANIA NON C’È NULLA PER L’INTEGRAZIONE, CHE È STRUMENTO FONDAMENTALE