UNO, NESSUNO, CENTOMILA LE MASCHERE DI CONTE (CHE PERÒ, POI, SE LA CAVA)
La prima volta che in redazione qualcuno ci parlò di un certo Giuseppe Conte fu nel 2018, in un pomeriggio di fine maggio, al tramonto. Nessuno di noi sapeva chi fosse. Conte o Conti? La fonte del M5S era però sicura: «Conte. Quello che un’ora fa abbiamo scelto per fare il Presidente del Consiglio si chiama Conte». Da una scrivania in fondo alla stanza urlarono: «Ci stanno prendendo in giro! Questo Conte non esiste! È un nome di fantasia… non c’è nemmeno su Wikipedia!». La verità è che non è mai stato troppo chiaro come e perché i grillini arrivarono ad individuare il loro futuro premier in questo sconosciuto avvocato di Volturara Appula, un paesino nelle campagne del foggiano. A casting ultimato – perché fu scelto con un vero casting: mai accaduto niente di simile, una roba stupefacente – Conte impiegò poi poche settimane per diventare un personaggio assolutamente noto della vita politica italiana. Il problema però è che, ancora adesso, non abbiamo capito bene chi, realmente, sia. Mi spiego: quanti Conte abbiamo visto in azione, da quella sera? C’è il Conte che tutto soddisfatto presenta i tragici «decreti sicurezza» accanto a un tronfio Matteo Salvini. Ma poi è lo stesso Conte che in aula randella con toni severi proprio Salvini, il quale è di ritorno dal Papetee Beach, dove – tra un mojito e l’altro, sudato, a torso nudo – ha sbracato chiedendo i «poteri assoluti». La sequenza è spaventosa. Perché c’è il Conte definito «riferimento dei progressisti italiani». E il Conte pupillo di Trump (“Oh, Giuseppì!”). C’è il Conte che sostiene di ammirare Enrico Berlinguer (ci tocca ascoltare tutto, eh) e il Conte che fa il sovranista. Quello che finanzia la produzione di armi e quello che invece le armi, agli ucraini invasi dalla Russia, non vuole mandarle. E ancora, in queste settimane: che partita sta giocando? Un giorno abbraccia complice Elly Schlein. Ma il giorno dopo non si presenta all’appuntamento, perché fa gli occhi dolci alla Lega. Un camaleonte spietato. Abilissimo a interpretare i peggiori istinti populisti dei grillini (non stupitevi che il M5S, con lui alla guida, sia saldo al 16 per cento). Anche se poi, a pensarci bene, il dato veramente pazzesco resta un altro: e cioè che uno come Conte è già stato premier addirittura due volte (Bettino Craxi, per dire, una sola).
GIÀ PREMIER DUE VOLTE (CRAXI UNA SOLA) SALTA DA SCHLEIN A SALVINI, DA TRUMP A BERLINGUER