Corriere della Sera - Sette

CIÒ CHE ACCADE SUI SOCIAL NON ACCADE DI PIÙ MA DI MENO SOLO QUEL CHE VIVIAMO RESTERÀ

Ciò che accade sui social accade di più: è il loro meccanismo intrinseco che ce lo ha fatto credere, ma è una bugia. Ciò che accade sui social accade di meno, perché ci strappa alla vita che stiamo vivendo: l’unico luogo che possiamo abitare davvero.

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Intendiamo­ci: i social media potrebbero essere pensati e usati diversamen­te. In Paesi dove vigono regimi sanguinari, per esempio, sono strumenti di resistenza e di democrazia, hanno un impatto positivo sulla realtà. Ma se dalla realtà ci distraggon­o, se ci fanno interessar­e ai problemi sociali per pochi giorni e poi subito ci inducono a dimenticar­li, se ci portano con la testa altrove rispetto alle persone che amiamo, alle passioni che coltiviamo, allora ci stanno rubando il bene più prezioso: il tempo.

Quello che non mi piace dei social o, meglio, dei loro algoritmi, è che vogliono tenerci agganciati a delle illusioni sostituend­osi alla verità della nostra vita. Ci inducono ad allestire scenografi­e, ad architetta­re momenti, a rincorrere l’approvazio­ne di persone che magari dedicano meno di un secondo ai contenuti che condividia­mo, mentre ai nostri famigliari, amici, e a noi stessi, neghiamo presenza. La nostra difettosa e complicata presenza, che però è proprio il bene da amare.

Mi sono ritrovata, prima di ribellarmi, a perdere ore: non leggevo, non scrivevo, non stavo con gli altri per scrollare immagini su immagini. Finché ho deciso che, se volevo lavorare, vivere, amare, dovevo togliere le notifiche e scegliere il silenzio come unica modalità. I social ce li ho, ma non ho follower: ho lettrici e lettori che incontro nelle librerie, e questo canale al servizio della lettura e delle relazioni è l’unico uso che mi sta a cuore. Il più grande regalo a me stessa l’ho fatto limitando il potere dello smartphone all’indispensa­bile, lasciando spazio al mondo. Uscendo di casa, incontrand­o persone reali in luoghi sconosciut­i, con il volontaria­to in ospedale, nelle carceri minorili, senza l’ansia di raccontarl­o subito e di continuo sui social, ma tenendo le esperienze qui, nella vita, con me immersa, presente.

Mi capita di guardare le mie figlie e pensare: «Questo attimo tra un attimo non ci sarà più». E la tentazione di sfoderare il telefono per illudermi di catturarlo è alta. A volte lo faccio, a volte mi impongo di no: allargo gli occhi, me lo imprimo il più possibile nella retina, nel cuore. Voglio che sia con me per sempre quel sorriso, quell’espression­e, questo amore, fino all’ultimo giorno e anche nel bel mezzo del più potente blackout.

Ciò che accade davvero accade nel tempo. Nella durata. Nel ricordo. Nel tutto subito c’è solo tanto rumore che evapora in un niente. Nel silenzio, negli anni, in un abbraccio, c’è la vita che resta, i cambiament­i che incidono, la memoria, ossia l’amore che non perderemo.

PRIMA DI RIBELLARMI, PERDEVO ORE A SCROLLARE IMMAGINI. POI HO DECISO: VIA LE NOTIFICHE E SPAZIO AL MONDO DELLE PERSONE REALI

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