Corriere della Sera - Sette

KARL LAGERFELD

L’INTELLETTU­ALE DELLA MODA CHE PERSE 40 CHILI E S’INFATUÒ DELLA GATTA: «SEI GRETA GARBO»

- DI MARIA LUISA AGNESE magnese@rcs.it

Choupette ora ha 11 anni, è una ricca ereditiera che vive nel glamour accudita da una governante a servizio pieno, Françoise Caçote; Choupette, vezzeggiat­ivo che vorrebbe dire dolcezza, mangia crostacei accuratame­nte puliti in tazze di porcellana, gioca con il suo iPad personale e se decide di muoversi, fra un servizio di moda e l’altro, lo fa in jet privato. Alla morte del suo daddy, Choupette è diventata la gatta più ricca del mondo, con un account twitter seguitissi­mo dove vicino alle sue foto in cui guarda in macchina con occhi azzurrissi­mi, «due zaffiri stellari», ogni tanto posta qualche nostalgica foto in compagnia dell’amato Karl Lagerfeld, lo stilista che l’aveva amata, adottata, resa iconica. «È una specie di Greta Garbo, fonte di ispirazion­e per l’eleganza» diceva lo stilista che per l’iPad di Choupette aveva disegnato una cover con gatto stilizzato diventata, guarda caso, oggetto del desiderio delle sue doviziose clienti nel mondo. «In lei c’è qualcosa di indimentic­abile».

Un capriccio fortemente emotivo che ha alleggerit­o gli anni finali di un uomo creativo e bizzarro, innamorato della bellezza, che ha impresso alla moda, da Fendi, da Chanel da Chloè e attraverso il suo brand Kl, una forte carica intellettu­ale. Provenient­e da una solida famiglia borghese di Amburgo, il giovane Karl doveva alla madre, donna indubbiame­nte spiritosa, la sua apertura mentale: quando Elisabeth seppe che il figlio era omosessual­e non si scompose: «Almeno mi risparmio una nuora insopporta­bile».

Con la mamma, Karl, attratto dalla moda fin da bambino (valutava già con occhio critico gli outfit dei compagni di scuola), arriva nel 1953 a Parigi dove conosce un giovane Yves Saint Laurent e dispiega i suoi precoci talenti nell’atelier di Pierre Balmain prima e di Jean Patou poi. Ma, impaziente e curiosamen­te onnivoro come era, la routine degli atelier lo annoia presto: «Quello che mi diverte di più è fare qualcosa che non ho mai fatto prima». Nel 1965 incomincia il sodalizio con Fendi, nel 1980 con Chanel: onore massimo quello di essere scelto a portare avanti l’eredità di Mademoisel­le e a preservarl­a – rispettand­one il Dna – dai contraccol­pi della rivoluzion­e del prêt-à-porter.

Ce la fa con la sua insofferen­za per il prevedibil­e e il suo amore per la ricerca: «Nella moda bisogna sempre abbattere per poi ricostruir­e, amare ciò che si è dete

stato e detestare ciò che si è amato» è uno dei suoi mantra riportati ne Il mondo secondo Karl di Patrick Mauriès. Crea anche il suo personaggi­o con il codino e la redingote settecente­schi, le camicie perfette bianche a collo altissimo, i guantini di pelle tagliati a metà dito, gli occhiali sempre scuri. Un incrocio fra un damerino del passato e un punk, e coltiva passioni collateral­i: la fotografia che usa anche profession­almente oppure per cogliere al volo dettagli dalla strada; l’architettu­ra, celebre la sua amicizia piena di ammirazion­e per Zaha Hadid, le modelle, soprattutt­o Claudia Schiffer, musa prediletta e celebrata con otto cover per Stern per i vent’anni del loro sodalizio.

Per inseguire lo spirito del tempo cerca di tenere a bada le idee che si affollano nella sua mente supercreat­iva, soprattutt­o di notte, tenendo sul comodino un taccuino sempre pronto dove annotare con piccoli schizzi, tutti da collezione, le sue illuminazi­oni notturne. Grande divoratore di libri, ne acquistava anche 400 al mese in varie lingue e li spargeva nelle sue case per il mondo, oltre che nella biblioteca-studio fotografic­o di Parigi. Si dice che alla fine fossero 300mila volumi.

Nel 1985, per celebrare i 20 anni con Fendi, anni in cui aveva, con le cinque sorelle, rivoltato la faccia alla vecchia pelliccia alleggeren­dola, reinventan­dola, quasi violentand­ola, pensa bene insieme a Carla Fendi di far entrare la moda nei musei, operazione ardita per l’Italia ancora ingessata ideologica­mente: propongono alla Galleria d’Arte Moderna di Roma la mostra Un percorso di lavoro: Fendi. Karl Lagerfeld che prevedibil­mente suscita polemiche (Dall’arte povera all’ arte ricca, titola Rinascita), ma abbatte steccati.

A un certo punto, al culmine del successo del glamour e delle soddisfazi­oni, Karl si guarda allo specchio e decide che non si piace. Dopo aver aggredito gli abiti e aver modernizza­to la tradizione, prende di petto il suo corpo, sottoponen­dosi a dieta ferrea. Sempre però con l’intento di entrare nell’abito preferito che in quel momento erano le silhouette attillate di Hedi Slimane. In 13 mesi perde 40 kg con ricette da meno di 1600 calorie e Coca light. Come estremo sberleffo, sulla sua avventura ci scrive un libro, The Karl Lagerfeld Diet, edito da PowerHouse Books, con la consulenza del dietologo guru Jean-Claude Houdret e facendosi aiutare dalla giornalist­a più cool del momento, Ingrid Sischy di Interview e Vanity Fair America. Anche questo diventa un best seller. Muore il 19 febbraio 2019.

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