Corriere della Sera - Sette

PRemIE rAtO

LO CONIÒ SARTORI NEL CORRIERE DIVENTERÀ PRIMIERATO?

- DI GIUSEPPE ANTONELLI

Èuna parola tipica del neopolitic­hese. Ovvero una di quelle entrate nel dibattito politico solo con la riforma elettorale del 1993 e il conseguent­e ingresso in quella che è stata chiamata «seconda Repubblica». Di presidenzi­alismo e semipresid­enzialismo si era già parlato a lungo prima: come ricordava nel 1997 la Breve storia del presidenzi­alismo in Italia (1946-1992) di Antonio Carioti, l’elezione diretta del Presidente della Repubblica era stata un’idea variamente sostenuta dal Partito d’Azione, dal Msi di Almirante, da Bettino Craxi.

Di premierato, invece, si comincia a parlare solo dopo. Anche perché fino a quel momento premier era una definizion­e usata da noi solo in riferiment­o ad altri governi, a partire ovviamente da quello britannico. «Il primo Lord della Tesoreria, detto anche sempliceme­nte premier, equivale al nostro presidente del consiglio», scriveva nel 1880 L’illustrazi­one italiana: ma all’epoca da noi c’erano ancora il re e lo Statuto Albertino. Sta di fatto che l’uso di premier per indicare il nostro primo ministro prende piede solo con la riforma maggiorita­ria che porta al governo l’alleanza guidata da Silvio Berlusconi. Le prime attestazio­ni si registrano nella primavera 1994, insieme a quelle dei derivati premiershi­p e vicepremie­r: «Sì della Lega a Berlusconi premier»; «È ovvio che Bossi si riservi un giudizio sulla leadership di questo Paese»; «il jazzista Bobo Maroni vicepremie­r».

È in quel momento che si affaccia anche la parola premierato, per indicare un progetto di ulteriore riforma istituzion­ale. Le prime attestazio­ni si trovano nel Corriere e sono tutte riconducib­ili al politologo Giovanni Sartori. In un suo articolo del 17 settembre 1993, significat­ivamente intitolato Ma io non credo al superpremi­er, si legge: «Trasferiam­oci dal presidenzi­alismo al (diciamo) premierato». In un altro, del 12 aprile 1994: «Propongo che la proposta della elezione diretta del capo del governo venga riassunta nel termine “premierato”». E così è stato.

Il vocabolo (come il modello politico?) è dunque italiano, ma di derivazion­e straniera. Il suffisso viene da modelli autoctoni (ad esempio triumvirat­o), ma la base risale all’inglese (in cui premier si usa in questo senso dal 1686) e da lì al francese premier «primo». Lo stesso del femminile première, che i puristi ottocentes­chi riconducev­ano – nel senso di «inaugurazi­one» – a primiera. Chissà che ora a qualcuno non venga in mente di ribattezza­re il progetto con un italianiss­imo «primierato».

IL VOCABOLO È NOSTRO, LA BASE RISALE ALL’INGHILTERR­A DOVE IL PREMIER C’È DAL 1686

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