VI SIETE LASCIATI DA TEMPO MENTRE STAVATE INSIEME IL RESTO È SOLO CONSEGUENZA
Caro Massimo, con mia moglie stiamo insieme da quattordici anni, praticamente metà della vita. Ci siamo sempre voluti molto bene: abbiamo vissuto anche distanti per alcuni anni e, nonostante questo, mai un cedimento. Ma due anni fa, con la nascita di nostro figlio, il giochino si rompe. Qualche mese dopo la gravidanza lei va in crisi rispetto al suo essere madre, io cerco di starle accanto, si fa aiutare da una psicologa, le fa bene. A giugno dello scorso anno, vedendo il miglioramento, le chiedo di poterci ritrovare come coppia, di ritagliarci dei momenti per noi. Niente. Dopo un po’, riprovo. Niente. Dopo un po’ comincio a dirle che sto meglio fuori casa che in casa, perché lì non sono felice. Niente. Dopo un po’ le dico che non sono più sicuro di essere innamorato di lei. Niente. Dopo un po’ esplodo e le dico che mi sono innamorato di un’altra.
Sempre in quel giugno, infatti, una ex collega entra nella mia vita come una bomba atomica. All’inizio la tenevo lontana per senso del dovere, ma anche per paura di quel che stavo provando. Con il passare del tempo, però, ho abbassato le barriere. Ho capito di non avere mai amato veramente prima d’ora. Con lei ho sperimento l’amore fino all’ultima goccia. Mi ha fatto scoprire parti di me che non credevo esistessero e riscoprire altre parti che erano chiuse in un cassetto da anni. Anche lei è sposata, con due figli. Anche lei si è dichiarata al marito. Con mia moglie sto affrontando una terapia di coppia in cui non c’è terapia, ma emerge tutto il distacco che si è creato. La situazione si è incancrenita e anche di fronte alle sue suppliche di riprovarci, resto insensibile. Io e la ex collega stiamo cercando di chiudere le nostre relazioni per stare insieme, ma avvertire il dolore dei rispettivi ex e attraversarlo non è semplice. Allontanarsi consapevolmente dalla vita quotidiana con i figli neppure. Ti senti in colpa e sentirsi in colpa genera confusione. Essere i “carnefici” richiede grande fermezza e quando ti rendi conto che le cose sono andate in pezzi, a volte vacilli di fronte ai sentimenti umani. Anche perché mia moglie reagisce dicendo “vorrei ammazzarmi”, “non voglio più dormire e mangiare”. Non chiedo una risposta, forse un po’ di coraggio.
Lo Sconvolto
IN EFFETTI UN RISPOSTA non c’è. Ci sono altre domande, una su tutte: come può una persona perbene non sentirsi in colpa quando è consapevole di far soffrire qualcuno? E non un “qualcuno” qualsiasi, ma la donna che ha amato e con cui ha condiviso un lungo tratto di strada e addirittura un figlio? Un metodo spiccio è silenziare la coscienza. Giocando in difesa — non pensarci, rimuovere, come se la cosa non ti riguardasse — oppure in attacco: ribaltare lo schema, dando la colpa a lei.
Un altro metodo, più razionale, consiste nel mettere in fila i fatti, cercando la catena di cause ed effetti che ha portato a una situazione ormai inesorabile e come tale sottratta al dominio della tua personale responsabilità. È quello che hai cercato di fare tu nella lettera, dove hai descritto, ovvia
«VOGLIO ROMPERE CON MIA MOGLIE E LEI REAGISCE DICENDO “VORREI AMMAZZARMI”. MI DARESTI UN PO’ DI CORAGGIO?»
mente dal tuo punto di vista, il lento inabissarsi del vostro rapporto. I segnali di allarme non colti e la crisi di comunicazione: i corpi che smettono di parlarsi, le anime che li seguono a ruota. Quello è il vero momento di rottura.
Ci si lascia mentre si sta ancora insieme, quando la coppia diventa la convivenza di due solitudini. Il resto è solo una conseguenza. Appena il partner si innamora di un’altra persona, tendiamo a scaricare la responsabilità della crisi sul tradimento, raccontandoci la favola che tra noi le cose andavano benissimo e che sì, magari c’era stato qualche piccolo problema di incomprensione dovuto all’abitudine e alla stanchezza, ma il rapporto era solido e sarebbe rimasto in piedi, se non fosse intervenuto il terzo incomodo a mandarlo in tilt.
Si tratta di un autoinganno: nessun liquido può riempire un bicchiere colmo fino all’orlo. Se riesce a farlo, significa che ha trovato il bicchiere mezzo vuoto. E la responsabilità di averlo svuotato è sempre di entrambi.
Messi dunque da parte i sensi di colpa, per districarti dalle sabbie mobili può esserti utile ragionare al contrario. Invece di chiederti che cosa accadrebbe se lasciassi tua moglie, domandati che cosa accadrebbe se tu, pur di non farla soffrire e di salvare l’unità della famiglia, interrompessi la nuova storia e ti rimettessi con lei. Il vostro matrimonio avrebbe una chance di risorgere dalle sue ceneri, oppure, dopo qualche settimana, ti renderesti conto di avere agito più per paura e compassione che per amore, col risultato di moltiplicare la sofferenza di tutti? Io non posso conoscere la risposta a questa domanda. Ma tu sì.
INVECE DI CHIEDERTI COSA ACCADREBBE SE LA LASCIASSI, DOMANDATI COSA ACCADREBBE SE TI RIMETTESSI CON LEI