«HO USATO L’ARTE PER COMBATTERE ORA TORNO AI FUCILI»
A lungo soldato, l’artista Leontyev ha scelto di debuttare dietro la macchina da presa: «Volevo mostrare a tutti la mia Karkhiv che sopravvive»
Ecome potevano loro dipingere sotto le bombe dei russi? Questa è la storia di tre artisti ucraini che, dopo l’invasione del febbraio 2022, hanno imbracciato prima il fucile e poi la telecamera. Il risultato è Porcelain War di Brendan Bellomo e Slava Leontyev, premiato con il Grand Jury Prize all’ultimo Sundance Film Festival. Racconta un anno nella vita di Slava, Anya e Andrey dopo che la città di Kharkiv, a 30 chilometri dal confine con la Russia, è diventata teatro di distruzione. «E noi ci siamo chiesti quale sarebbe stato il nostro ruolo, quale arte avesse ancora un senso» dicono a 7 in collegamento da Park City nello Utah dove sono andati come autori, invitati dal Sundance.
Iniziata la guerra, Slava Leontyev (ora regista) si era in realtà arruolato nell’esercito mentre la moglie, Anya Stasenko, ha continuato le sculture di porcellana prima ideate insieme a lui. Andrey Stefanov, pittore e loro caro amico, a dipingere non è riuscito per molto tempo. «Volevo solo essere utile» spiega (qui è responsabile della fotografia). L’idea di girare il film è venuta al regista americano Brendan Bellomo, in contatto da tempo con Slava e Anya perché gli era piaciuto il loro lavoro. «Ci ha convinto a filmare la nostra realtà» continua Slava. «Ci ha mandato l’attrezzatura, ci ha fatto scuola di filmaking a distanza».
In che modo, da artisti, avete scelto di raccontare la guerra?
«Il nostro sguardo è diverso da quello giornalistico e soprattutto non volevamo concentrarci sulla distruzione. Abbiamo cercato la bellezza, trovandola nella gente che resiste e combatte per liberare il Paese».
Difatti il film mostra anche le giornate dell’unità militare Saigon, alla quale appartiene lei con altri civili diventati soldati. Tornerà in guerra?
«Il film ci ha permesso di usare l’arte come strumento di battaglia. Per completarlo, a maggio sono uscito dall’esercito ma da volontario continuo ad addestrare altri all’uso del fucile. Siamo persone ordinarie in una situazione straordinaria, per questo dobbiamo saperlo usare».
Di cosa avete vissuto in questi due anni?
«Come soldato sono stato pagato anche se ho devoluto tutto all’unità Saigon. Le entrate mie e di Anya sono ovviamente diminuite ma abbiamo continuato a vendere i nostri pezzi e abbiamo ricevuto donazioni dall’estero».
Siete mai entrati in contatto con artisti russi contrari alla guerra voluta da Putin?
«No, perché sappiamo che molti di loro sono imbarazzati e addolorati, che esprimersi è rischioso: che cosa possiamo dirci? Ci sono sentimenti complessi. C’è sicuramente anche chi resta in silenzio e ne trae indirettamente un vantaggio».
La guerra in Israele potrebbe togliere attenzione e sostegno all’Ucraina?
«Una cosa è certa: non sarà l’ultima guerra. L’obiettivo della Russia, oltre a quello di distruggere l’identità ucraina, è la destabilizzazione. Ovunque sia possibile. Noi ucraini però continueremo a combattere a qualsiasi costo».