«SCALANDO MONTAGNE IMPARO AD AFFRONTARE I MOMENTI BUI»
L’attrice romana è protagonista di Martedì e Venerdì: «Amo le donne che non seguono i canoni tradizionali»
La coppia non c’è più. È svanita, si è sbriciolata. Separazione dolorosa. Ma Simona e Marino si sono amati troppo per farsi del male. Sono due esseri umani che non ce la fanno più. Lui è un Peter Pan mai cresciuto, un bravo meccanico, un asso con i motori, costretto a chiudere l’officina per i troppi debiti. Simona è stanca, travolta dalle emozioni. Chiede stabilità, mentre Marino annaspa: deve trovare una casa, un lavoro, nuovi punti di riferimento.
Il giudice dispone che potrà vedere la figlia per due giorni alla settimana. Quello che sembra un sacrificio, diventa un modo per recuperarne l’affetto, per imparare ad amarla di più e provare a non affogare. I due giorni più importanti della vita di Marino sono Martedì e Venerdì, che è anche il titolo dell’opera seconda di Fabrizio Moro e Alessio De Leonardis da ieri al cinema, distribuito da Medusa Film, a poco più di un anno di distanza da Ghiaccio. Marino è interpretato da Edoardo Pesce. Simona è Rosa Diletta Rossi, 35 anni, romana, un curriculum in crescendo che mette insieme teatro dei classici e serie tv di successo come Che Dio ci aiuti, Suburra, Nero a metà, Maria Corleone, Il caso Claps.
Qui vive la cronaca di un tafferuglio familiare che sconfina nel dramma. Rosa Diletta Rossi dice di essere stata colpita dalla delicatezza con cui Moro e De Leonardis circoscrivono il rapporto tra Marino e Simona. «Due anime gemelle tradite dalle circostanze. Marino sente il bisogno di svoltare. Cerca di fare in fretta e sbaglia. Simona è una donna nella tempesta. Si muove in un mondo di uomini ma non perde la dignità: è contenta che Marino possa restare per lei il padre di sua figlia». Sostiene di amare «le donne che si stravolgono, che non seguono i canoni tradizionali». È nel cast di Briganti per Netflix, interpreta Alda Merini giovane nel film tv Folle d’amore di Roberto Faenza: «Un grande ruolo e un grande impegno». Assicura di essere «in una buona fase sentimentale, con un equilibrio apprezzabile tra lavoro e vita privata». Aggiunge che «gli spazi personali sono inviolabili. La nostra identità funziona quando resta un po’ segreta».
Con la recitazione, dice, è stato un amore a rilascio lento, «non proprio un colpo di fulmine». Da bambina guardava i film di Chaplin: «Mi faceva ridere e riflettere». Al liceo era «quella simpatica, che teneva allegra la classe». A cui i prof dicevano: «Guardi Rosa, lei si salva perché è brava a teatro». Dice di essere contenta della sua carriera. «Come affronto i momenti bui? Sposto i pensieri negativi. Questo è un mestiere meraviglioso che ti può divorare. Dopo Che Dio c’aiuti ebbi uno stop inaspettato. Mi dissi che dovevo migliorare e sono andata a fare il provino allo Stabile di Genova: apprezzavo il loro modo di lavorare. L’idea del successo non è un’ossessione: se viene, è una coppa di champagne». La sua valvola di sfogo sono le arrampicate. «La montagna è arrivata nella mia vita intorno ai 22-23 anni. Venivo da un incidente in moto. Avevo la caviglia a pezzi. Per reagire provai a fare trekking. Poi ho iniziato ad arrampicare. Scoprii di sentirmi bene. Ora ho aggiunto lo scialpinismo. La montagna aiuta a guardarsi dentro. Una premessa formidabile per il mio lavoro».