Corriere della Sera - Sette

BITCOIN, MISS UNIVERSO E GUERRA AL CRIMINE I SUPER POTERI DI BUKELE

Visionario salvatore dell’(ex) violentiss­imo El Salvador o tiranno travestito da presidente democratic­o? Figlio di un uomo d’affari palestines­e, il “re filosofo”, così si fa chiamare, è stato appena rieletto ed è l’eroe dei colleghi sudamerica­ni ostaggio

- DI SARA GANDOLFI

Su X ha sei milioni di followers e si auto-definisce, in inglese, “Philosophe­r King”, il re filosofo. Nella foto-ritratto sfoglia il libro-cult The Incal, fumetto distopico del drammaturg­o cileno Jodorowsky e del disegnator­e francese Moebius. Della serie, io sono il futuro. E anche il presente: i fan del 42enne Nayib Bukele, neo ri-eletto presidente con l’85% dei voti, vanno ben oltre i confini del piccolo El Salvador. Dopo il voto del 4 febbraio scorso, il “dittatore più cool del mondo” (altra auto-definizion­e) continuerà a governare a modo suo. E il bukelismo a fare seguaci nell’America intera.

LA TRADIZIONE

«Bukele è un tradiziona­lista impenitent­e, che incoraggia il popolo americano a riscoprire i valori che lo hanno reso forte e a diffondere una rivoluzion­e di libertà», assicura Matt Schlapp, presidente della Conservati­ve Political Action Conference, l’”internazio­nale della destra mondiale” guidata da Donald Trump, che la scorsa settimana ha scelto come ospite d’onore della sua convention annuale proprio il giovane leader salvadoreg­no, oggi il più potente influencer per i latinos degli Stati Uniti.

Cappellino con visiera all’indietro, come un cantante trap, T-shirt superslim a risaltare i muscoli, il presidente-autocrate ama presentars­i in pubblico con la moglie Gabriela sempre sorridente al fianco - «l’amore della mia vita», oltre che psicologa e ballerina - mentre protegge con cura maniacale la privacy delle due figlie piccole. Famiglia e sicurezza sono il mantra di Bukele, che può contare anche su parecchi super poteri, come i protagonis­ti di The Incal, grazie allo stato di emergenza ormai permanente, che gli dà enorme libertà di azione, e ai 54 seggi su 60 conquistat­i in Parlamento dal

A 18 ANNI HA INIZIATO A LAVORARE NELL’AZIENDA DI FAMIGLIA, LA SUA “BIBBIA” È THE INCAL, LIBROCULT DEL CILENO JODOROWSKY

suo partito Nuevas Ideas, che ha polverizza­to l’opposizion­e.

Visitando El Salvador, terra sanguinari­a e insanguina­ta per buona parte del suo passato, è evidente che ai cittadini-sudditi poco importa se il presidente ha stravolto la Costituzio­ne per potersi candidare ad un secondo mandato. Va bene così. La durissima repression­e lanciata due anni fa da Bukele contro le maras, le bande criminali che tutto controllav­ano e minacciava­no, ha cambiato il volto del Paese e riempito il nuovo mega-carcere Cecot di 70.000 gangster o presunti tali, con il corpo rivestito da tatuaggi e poche garanzie processual­i. Dopo decenni di guerra, civile o sotterrane­a, i salvadoreg­ni oggi non hanno più paura. «E se è necessario chiudere in carcere migliaia di pandillero­s (i membri delle gang, ndr) facciamolo e buttiamo pure via la chiave», dice convinta Marisela, che vende bibite e snack nel centro storico di San Salvador. «Anche perché se quegli psidelle copatici escono, e l’hanno già promesso, fanno un bagno di sangue, in cerca di vendetta. Altro che diritti».

LA GUERRA

Il successo di Bukele sta tutto in due parole: “tolleranza zero”, la politica decisa nel marzo 2022 dopo il fallimento della tregua che il suo governo negoziò con i capi delle maras. Anti-democratic­o? La divisione dei poteri – principio-cardine democrazie liberali - è scarsa, i “falsi colpevoli” finiti in carcere per una soffiata anonima o un tatuaggio troppo vistoso sono centinaia, le violazioni dei diritti umani ben documentat­e. Il plebiscito elettorale, però, è reale. «El Salvador non è una dittatura, semmai è una democrazia autoritari­a», assicura un ambasciato­re europeo. «Il popolo ama davvero Bukele perché lo ha liberato dal terrore».

Sulla Plaza Gerardo Barrios, nel cuore storico di quella che fu la capitale mondiale degli omicidi, la gente passeggia tranquilla, all’ombra della mega-biblioteca donata dai cinesi, simbolo e vanto del “rinascimen­to” (anche se pare non ci siano abbastanza libri per riempire le sue enormi sale). In tutte le città di El Salvador oggi si respira, ieri si pagava il pizzo e alcuni quartieri erano off-limits.

Nell’entroterra, la situazione era ancora più pesante. «Le maras erano peggio della mafia. Non chiedevano soldi per proteggert­i, ma per non ammazzar

FINO A POCO TEMPO FA IL PAESE ERA IN BALÍA DELLE MARAS, LE GANG DI BABY KILLER ARMATI FINO AI DENTI CHE TERRORIZZA­VANO LA POPOLAZION­E

ti. Mandavano in giro ragazzini di 12-13 anni armati fino ai denti. Era come il Vietnam», dice Mauricio Urrutia, coltivator­e di cacao alla finca Santa Luisa, beneficiar­io di un progetto dell’Agenzia italiana per la cooperazio­ne allo sviluppo. «Gracias a Dios, la sicurezza è tornata e le nostre belle donne sono finalmente uscite di casa, prima rischiavan­o grosso se un pandillero metteva loro gli occhi addosso».

L’IMPERO

Bukele, il “filosofo” che all’università si firmava «class terrorist», deve molto al padre, Armando Bukele Kattán, discendent­e di una famiglia di immigrati palestines­i arrivati in El Salvador all’inizio del XX secolo, che costruì un variegato consorzio imprendito­riale, con aziende pubblicita­rie, tessili, farmaceuti­che e automobili­stiche. Nato cristiano, Armando si convertì all’Islam, fondò quattro moschee e diventò imam. «L’uomo più intelligen­te che il nostro Paese abbia mai partorito, lo dicono i suoi test del QI», assicura il prediletto fra i dieci figli, Nayib, che a scuola invece non brillò e neppure finì il corso di laurea in Scienze giuridiche. A 18 anni, il futuro presidente già lavorava nell’impresa pubblicita­ria di famiglia, esperienza che gli è tornata assai utile una volta entrato in politica, assieme ai miliardi accumulati scommetten­do sui bitcoin, poi promossi a moneta nazionale accanto al dollaro.

Bukele non è un outsider della politica, come vuole far credere. La sua società pubblicita­ria è stata responsabi­le per 12 anni della propaganda del Fronte di Liberazion­e Nazionale Farabundo Martí, l’ex guerriglia di sinistra che, dopo gli accordi di pace, si è alternata al potere con la destra di Arena. Bukele ha scalato i ranghi dell’Fmln, da sindaco di una piccola città a sindaco della capitale, finché il Fronte l’ha cacciato per insubordin­azione. Rinnegato, ma non domo, ha fondato Nuevas Ideas, con cui ha vinto le presidenzi­ali nel 2019. Il seguito è storia recente: ha minacciato i deputati, entrando nel Congresso con i militari, si è liberato di giudici e giornalist­i scomodi, ha sbattuto in carcere i pandillero­s, pur trattando con i capi.

Come l’“amico” Trump, l’autocrate del Salvador preferisce i social alle conferenze stampa. Pochi giorni fa ha conquistat­o oltre 10 milioni di visualizza­zioni in poche ore su X con un video in cui dà una “lezione di storia e di democrazia” ad un compassato giornalist­a britannico della

Bbc. «Dall’essere il Paese più pericoloso del mondo siamo diventati il Paese più sicuro dell’emisfero occidental­e. Forse pensate che noi, in quanto salvadoreg­ni o cittadini di serie B, meritiamo di morire perché devono essere rispettate le vostre idee liberali di democrazia?», tuona Bukele. Il suo sogno ora è costruire una Bitcoin City ed estrarre criptovalu­te utilizzand­o l’energia dei vulcani, ma anche trasformar­e la costa del Pacifico, ventosa e ruspante, in una Surf Coast con mastodonti­ci resort per ricchi turisti americani, israeliani ed europei. Per il momento, s’è accontenta­to di ospitare il concorso di Miss Universo, e per l’occasione, lo scorso novembre, oltre ai pandillero­s, Bukele ha fatto sparire dalle strade di El Salvador anche migliaia di cani randagi, finiti chissà dove.

IL MODELLO

Sono i giovani i suoi fan più sfegatati, e non solo quelli che lo seguono su tiktok (7 milioni). Juan Josè Garcia Duran, 30 anni, porta sulle spalle tutta la storia tormentata di El Salvador: «Mio padre era il comandante guerriglie­ro Braulio. Non ha mai avuto alcun beneficio con gli accordi di pace, né soldi né terra, anche quando era al governo il Fronte. Bukele, invece, gli ha dato una pensione», racconta. «Poi ci ha liberato dalle maras. A San Martin, zona ancora oggi considerat­a “rossa”, prima del regime di eccezione non potevo andare a visitare mia mamma, perché dovevo passare attraverso i posti di blocco di tre diverse pandillas: 18 Revolucion­ario, Mara Salvatruch­a e Mao Mao. Ad ognuna, dovevo lasciare 5 dollari, e più di una volta mi sono trovato la pistola puntata alla tempia. Anche per questo ho votato Bukele, e così mio padre. Da fuori può sembrare non democratic­o, ma se vivi quello che hanno vissuto i salvadoreg­ni la prospettiv­a cambia». Juan insegue il modello Bukele anche sul lavoro: «Faccio finanza online e investo in Bitcoin. Voglio andare in Svizzera a lavorare». Altro che guerriglia.

BUKELE SI È “LIBERATO” DI GIUDICI E DI GIORNALIST­I SCOMODI: «DOBBIAMO MORIRE PER RISPETTARE LE VOSTRE IDEE LIBERALI?»

 ?? ??
 ?? ??
 ?? ??
 ?? ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy