«HO RESO UMANO JOHN SENZA TRALASCIARE HORROR E AZIONE»
Su Paramount+ la seconda stagione di Halo, ispirata al videogioco che ha debuttato nel 2001
Nevischia fitto quando ci avviciniamo a una grotta a pochi chilometri da Budapest. È marzo, il clima ungherese non sembra voler dare spazio alla primavera. Dettagli che contribuiscono a creare un’atmosfera lunare perfetta per una serie di fantascienza come Halo 2. Girovagando per diversi set si ha la sensazione di perdersi in un universo parallelo, fatto di gigantesche astronavi e corpi di alieni in gommapiuma. Tutto è curato nei minimi dettagli: illuminazione laser, comandi della navicella, sedili a misura di Spartan, vetrate tirate a lucido. Bisogna solo immaginare lo spazio infinito puntellato di stelle al posto dei metri di teloni del blue screen.
Disponibile su Paramount+ e ispirata al celebre videogame che ha debuttato nelle console di tutti gli appassionati ormai nel lontano 2001, la serie non ha fatto altro che contribuire al consolidamento di un mito. A differenza del gioco però, il protagonista ha un volto, quello dell’attore canadese Pablo Schreiber. Così alto da intimidire l’interlocutore nonostante i modi gentili, è perfetto per vestire i panni dell’imponente guerriero modificato per massimizzare le prestazioni e che si aggira per la galassia bardato in una tuta corazzata color verde militare. Questa forza che va oltre il pensabile ha l’obiettivo di salvare la razza umana minacciata dai Covenant, alieni che hanno fatto dell’estinzione della nostra specie l’unica ragione di vita. «La sfida principale di questo ruolo è stata cercare di rendere umano John detto Master Chief, un personaggio che di primo impatto sembra una macchina senza anima» ha raccontato Schreiber «questo non sarebbe dovuto avvenire solo attraverso la mimica del volto nelle riprese senza casco, ma doveva trapelare sin da subito. Dalle sue scelte, i dubbi, i movimenti del suo corpo».
Dopo una prima stagione che potremmo definire esplorativa, con questa seconda edizione si va più in profondità, sia in termini di storia che di introspezione dei personaggi. Merito della sceneggiatura affidata alle sapienti mani di David Wiener (che ne è anche il produttore con Steven Spielberg, Darryl Frank e Justin Falvey), complice il coinvolgimento di quattro registi diversi, tra cui Otto Bathurst di Black Mirror. «Circa mezz’ora dopo aver concluso i primi episodi, abbiamo capito come raggiungere una maggiore connessione emotiva» ha spiegato la produttrice esecutiva Kiki Wolfkill «volevamo che emergesse l’essenza della storia». Per aumentare il carico emotivo ci si è resi conto che la complessità dei sentimenti dei “buoni” andava di pari passo con la crudeltà dei “cattivi”. Per questo i Covenant tornano più spaventosi di quanto non siano mai stati. «Virare verso alieni più temibili e distruttivi è stato essenziale per creare quella sensazione viscerale di lotta per la sopravvivenza» aggiunge Wiener. «Abbiamo ricreato la sottile linea tra azione e horror che si vive nel videogioco, con sequenze cupe che instillano maggiore ansia da combattimento e innescano empatia nei telespettatori».