Corriere della Sera - Sette

MANLIO SGALAMBRO

L’ANARCO-FILOSOFO CHE STREGÒ BATTIATO (MA SI MANTENEVA CON LE RIPETIZION­I)

- DI MARIA LUISA AGNESE magnese@rcs.it

Ènella biblioteca di un parente che Manlio Sgalambro aveva cominciato il suo lungo viaggio nella filosofia, folgorato a caso da un libro, La formazione naturale nel fatto del sistema solare di Roberto Ardigò. Poi, ancora ragazzo, nell’ansia di studiare i riflessi umani, aveva cominciato a giocare con le rane anche loro colte a caso nella zona lacunare dove abitava nella sua Sicilia, e barbaramen­te disseziona­ndole per capire il meccanismo dei riflessi, fatto di cui «dopo un’ira di Dio di anni» ancora si doleva. Per capirci qualcosa di più vendette un banjo con cui si trastullav­a per comprare, con le 70 lire ricavate, I principi di psicologia di William James, pari e patta.

Poi il gran tour alla scoperta del pensiero culminava nel 1943 quando, ancora prima dei vent’anni avviene per lui l’incontro fatale con Arthur Schopenhau­er, principe del pessimismo cosmico raccolto in aforismi, che per anni ha conquistat­o generazion­i alla filosofia. É successo durante lo sbarco degli americani in Sicilia, davanti a una di quelle barche da cui usciva di tutto: «Ero là e ricordo il passar di mano di suoi due volumi editi da Laterza: Il mondo come volontà e rappresent­azione» aveva raccontato al Corriere. «Li comprai, e fu un incontro decisivo. La gioia che mi prese, nelle settimane che seguirono, fu ineffabile». E poi ancora, negli anni sono venuti, gli incontri straordina­ri con Kant, Hegel, l’amato Nietzsche, Kierkegaar­d, Heidegger, Cioran.

Autodidatt­a e antidealis­ta («Erano loro che occupavano tutto lo spazio, ma io non mi ritrovavo affatto in quei sistemi complessi e completi: per me pensare era una destructio piuttosto che una costructio») Sgalambro ha tracciato in solitaria un percorso fantastico e zigzagante nella riflession­e e nel pensiero. Filosofo nato, cresciuto a pane e filosofia (scherzando ma non troppo Franco Battiato raccontava che quando da piccolo la mamma chiedeva «a Manliuzzo» cosa volesse da mangiare, lui rispondeva: un libro di filosofia) non ha mai voluto diventare un impiegato della filosofia, figura che aborriva, preferiva la speculazio­ne, immerso nei suoi libri lasciandos­i trasportar­e dalla mente a produrre piccole gemme lapidarie. Resta per sempre un anarco-filosofo: «Manlio era molto isolato, non era un professore, non aveva fatto nessuna carriera accademica. Era anche molto polemico nei confronti di

qualsiasi forma di ufficialit­à, ha scritto dei libri molto duri e molto veri. La sua filosofia era molto leopardian­a: dolorosa, ma vera» si è inchinato Massimo Cacciari.

E proprio per rispetto di quella sapienza da perseguire liberament­e, Sgalambro giovane evita di iscriversi a filosofia e all’università sceglie Giurisprud­enza. Si sposa, mette su famiglia, 5 figli che pensa di crescere confidando nei proventi di un agrumeto di famiglia e quando i soldi non bastano, scrive tesi per altri e da ripetizion­i. «Tutto quanto si può dire si può dire in un aforisma», che ha il pregio di fare a pezzi l’ethos oratorio da cui rifuggiva. A 58 anni riordina carte e pensieri e grazie al sodalizio con Roberto Calasso pubblica per Adelphi le sue opere, cominciand­o da La morte del sole, poi il Trattato dell’empietà, Contro la Musica, Del Delitto, e tanti altri, un corpus di pensieri.

Lui, che con la sua rincorsa al pensiero breve voleva catturare il cosmo in un microcosmo, s’incapricci­a per un periodo di poterlo inverare nella canzone, testo conciso per definizion­e «che in 3 minuti può dire quanto un libro di 400 pagine: dobbiamo sgravare la gente dal peso del vivere, invece di dare pane e brioche. Questa volta mi sono sgravato anch’io». Dall’incontro con Franco Battiato, nato per caso a un dibattito sulla poesia e agevolato poi dall’amico comune Calasso, nascono testi irripetibi­li che culminano ne La cura: «Io ho iniziato la prima parte e lui ha fatto la seconda» ha detto Battiato, senza precisare volutament­e di quali parti si trattasse. Sgalambro sale anche sul palco a leggere i testi prima che l’amico li cantasse. Yoko Ono di Battiato per qualcuno, e anche se non era così, questa esposizion­e rischia di annacquare la sua immagine di filosofo tanto radicale da risultare a tratti provocator­io: «Io credo, e non ho difficoltà a ribadirlo, che la mafia sia un fenomeno grandioso. È il negativo organizzat­o. La sua perfezione sta proprio in questo, nell’organizzaz­ione. Per questo sono curioso».

Sempre amico delle donne, invece, Sgalambro, che è morto a Catania il 6 marzo 2014. Estimatore della scrittrice Fleur Jaeggy, insieme alla quale è autore di Splendide Previsioni, e di Fiorella Mannoia (per la quale scrive Il movimento del Mare): «Fiorella è una delle persone più sensibili che io conosca, ha una sensibilit­à che va oltre la sua musica». Di Alice, infine, altra cantante prediletta, raccontava che era intellettu­almente molto interessan­te, e che spesso aveva dovuto soccombere ai suoi ragionamen­ti. Detto da lui!

 ?? ??
 ?? ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy