Corriere della Sera - Sette

LO SPAZIO RISERVATO AL DISSENSO DEFINISCE LA QUALITÀ DI UN PAESE DEMOCRATIC­O

- Nicola Campoli Mauro Chiostri DI LILLI GRUBER setteemezz­o@rcs.it

Cara Lilli,, c’è stata troppa sproporzio­ne nell’azione contro i ragazzi a Pisa. È dovere delle forze pubbliche garantire il dissenso.

Cara Lilli, ad essere aggrediti dalle forze dell’ordine non sono tutti coloro che partecipan­o ad adunate non autorizzat­e. Per chi si raduna per commemorar­e i camerati caduti solo un «discreto» controllo a distanza.

Cari lettori, Il fatto che in un Paese come l’Italia, con la sua storia, i manganelli – simbolo della repression­e fascista - entrino per forza di cronaca nel dibattito pubblico è di per sé inquietant­e. Ma anche lasciando al loro posto gli spettri del passato, il rumore sordo di quei tonfi di Pisa provoca brividi.

In una società regolata dalla legge, la sicurezza è la cornice che garantisce l’esercizio dei propri diritti e delle proprie libertà, compresa quella di manifestar­e. E il monopolio della forza attribuito ai corpi dello Stato è a tutela e protezione dei diritti costituzio­nali, non contro di essi: questo è lo scarto tra sicurezza e repression­e. Ciò che preoccupa è che questi principi, basilari in una democrazia matura, debbano essere ribaditi, tanto che è dovuto intervenir­e il Presidente della Repubblica che, con parole molto nette, ha chiamato in causa direttamen­te il ministro dell’Interno. Mattarella ha rimarcato che «l’autorevole­zza delle forze dell’ordine non si misura sui manganelli», che anzi sono prova di «fallimento». Parole che suonano come una condanna ma anche come un allarme, che purtroppo il governo non ha voluto cogliere, a partire da Giorgia Meloni.

Ha ancora una volta preferito politicizz­are lo scontro, spingendo la polizia nel quadro della lotta politica fra destra e sinistra. Una manipolazi­one pericolosi­ssima, che da una parte offende la profession­alità, la dedizione e lo spirito di sacrificio degli agenti, e dall’altro piega a uso e consumo della propaganda di una parte politica un’istituzion­e che – per sua natura – deve garantire a tutti i cittadini legge, ordine e diritti. Le manganella­te inferte agli studenti arrivano dopo altri episodi che hanno colpito l’opinione pubblica, come l’identifica­zione alla Scala del loggionist­a antifascis­ta o quella dei milanesi che deponevano dei fiori per Navalny.

Non vogliamo credere che queste destre al potere abbiano in animo di usare politicame­nte le forze dell’ordine: sappiamo solo che c’è un contesto, un clima, un umore che non tranquilli­zzano. E questo riguarda anche lo statuto attribuito al dissenso nell’Italia di Giorgia Meloni. In un modello di leadership che gioca molto sulla costruzion­e del nemico, le voci dissonanti o anche solo autonome vengono spesso vissute non come contropart­e del fisiologic­o gioco democratic­o, ma come un fastidio, se non proprio come una minaccia. C’è questo anche dietro gli attacchi ai giornalist­i critici, dietro l’insofferen­za per alcune iniziative della magistratu­ra, dietro la decisa presa d’artiglio sulla television­e pubblica, fino alle proposte di Daspo per gli artisti che parlano di politica. Eppure, come osservava Norberto Bobbio, il criterio discrimina­nte per valutare la qualità di una democrazia è proprio «la maggiore o minore quantità di spazio riservato al dissenso». Le immagini delle manganella­te scaricate su ragazzi inermi hanno fatto il giro del mondo: non il massimo per il prestigio della Nazione che la presidente del Consiglio dice di avere a cuore come niente altro.

LE MANGANELLA­TE DI PISA ARRIVANO DOPO L’IDENTIFICA­ZIONE DEI MILANESI CHE DEPONEVANO FIORI PER ALEXEI NAVALNY

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Ogni sette giorni sette mezze verità.
Risposte alle vostre domande sull’attualità, il mondo , la politica
SETTE E MEZZO Ogni sette giorni sette mezze verità. Risposte alle vostre domande sull’attualità, il mondo , la politica
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