DA MINISTRO, NELLA CAPITALE LO CHIAMAVANO “ER POMATA” ZAIA HA CHIUSO CON ROMA
C’è questa idea che, in caso di tracollo della Lega alle prossime elezioni Europee, debba essere Luca Zaia a prendersi il partito e a spedire Matteo Salvini al Papeete Beach stavolta, però, per restarci - ed è un’idea che ovviamente piace molto come ipotesi giornalistica, come tormentone, anche se tutti sappiamo che è un’idea vecchia, e irrealizzabile. Zaia, infatti, sarà il primo ad indicare Massimiliano Fedriga come nuovo cocchiere del Carroccio (l’alternativa è Riccardo Molinari). Perché il vero obiettivo di Zaia uno era, e uno solo resta: continuare ad essere il presidente del Veneto. Non vi sarà sfuggito che si sta battendo come un leone per dare ai governatori la possibilità di abbattere e superare il limite dei due mandati e candidarsi alla guida della propria regione anche per un terzo e magari un quarto giro. La verità è che Zaia adora il suo lavoro. Va detto che lo fa piuttosto bene. Venne eletto la prima volta nel 2010 e, da allora, il Veneto è spesso indicato come modellino virtuoso di amministrazione. La sua impronta è evidente: non straparla (ne basta uno), ma tende ad essere sempre moderato e autorevole, affidabile e con un approccio politico quasi democristiano (di rito doroteo). Sostengono gli sia rimasto addosso un pragmatismo contadino (è nato a Bibano, frazione di Godega di Sant’Urbano, siamo nel trevigiano: il padre era il meccanico del paese, la madre casalinga) e infatti evita le luci dei talk tv, preferendo restarsene nel suo territorio. La verità è che la bolgia della politica romana lo disorienta. E affatica. Troppo perfida e sprezzante (quando gli toccò fare il ministro dell’Agricoltura nel Berlusconi IV, fu subito soprannominato “er pomata”, per via del gel con cui inzuppa i capelli), troppo spregiudicata e confusa: me lo ricordo a Montecitorio, durante le ultime votazioni per l’elezione del Capo dello Stato. Una mattina sembrava fatta per Pier Ferdinando Casini (Matteo Renzi aveva apparecchiato tutto a puntino), quando arriva la notizia che la candidatura è saltata di botto. Zaia si volta: «Chi ha fatto questo casino? Salvini? Nooo… non ci credo». E lì avreste dovuto vedere la faccia di Zaia. Che poi, diciamo, è la stessa di quando ascolta i discorsi di Salvini su Putin, e se lo ricorda al Cremlino, pronto a baciargli la pantofola.
GOVERNA DA DEMOCRISTIANO, SÌ, MA IN VENETO (IL SOPRANNOME GLI DERIVÒ DAL TROPPO GEL)