NON DIMENTICHIAMO CHE TUTTI I CANI ERANO LUPI CAPISCONO I NOSTRI DESIDERI E NON VANNO LASCIATI SOLI
l cane ha incontrato la specie umana migliaia di anni orsono. È celebrato come “il migliore amico dell’uomo” (e certamente anche della donna, per non parlare di bambini e anziani). È da sempre un compagno fidato, che soprattutto in questo terzo millennio di solitudine metropolitana e urbana, vicaria con la sua affettuosa presenza la terribile solitudine di molti esseri umani.
Si è verificato un brutale, quasi repentino, passaggio però tra l’Italia rurale, dove il cane non sempre era accolto tra le mura domestiche (e restava perennemente confinato nell’aia o nel giardino), e il cane cittadino, sempre più reso simile, suo malgrado, a un essere umano.. Nei miei antichi ricordi riaffiorano le immagini, nelle borgate romane dove affluivano famiglie dalle campagne meridionali negli Anni 60, di cani confinati in cucce collocate sui pianerottoli, cui veniva impedito di varcare la soglia.
Oggi sono spesso le famiglie cosiddette nucleari, tipicamente single e anziani, che basano una porzione non indifferente della loro sfera affettiva sulla presenza di un cane in famiglia. Questa selezione artificiale ha plasmato non solo il corpo canino (per la caccia, per la guardia, per la pastorizia, in un lontano passato per la guerra) ma ne ha reso la mente recettiva e attratta dalla comunicazione interspecifica con noi.
È l’animale che meglio di tutti sa comprendere i nostri desideri, per esempio interessandosi immediatamente a qualcosa che gli indichiamo (risposta di pointing). Nel tempo si sono incrociate due teorie su come la specie umana, composito panorama degli Homo sapiens, abbia fatto rientrare anche questo carnivoro quadrupede nella propria quotidiana familiarità. La più antica prevedeva che qualche nucleo umano avesse raccolto qualche cucciolo, magari orfano, che si sarebbe “imprintato” alla società umana e da qui sarebbe venuta una progressiva forma di addomesticamento. Più di recente, è in voga la visione secondo la quale il lupo ancestrale si sarebbe “auto-domesticato” avvicinandosi spontaneamente ai nuclei umani per cibarsi dei rifiuti commestibili lasciati, i cui resti venivano sparsi attorno alle abitazioni e agli accampamenti.
Il cane è e resta un lupo selezionato. E per la sua igiene mentale resta importante oggi ribadire e ricordare che nel cane permangono alcune esigenze di base del lupo ancestrale dal quale proviene. Innanzitutto quella di essere un animale che vive “in branco”, con il bisogno perciò di sottili, robuste, regolari interazioni sociali che includono ovviamente quelle con le persone. Come ricordava più volte l’etologo Danilo Mainardi, maestro di rapporti cani-persone e viceversa, per un cane di città è molto più piacevole andare a fare la spesa al supermercato assieme al suo proprietario, magari in una piccola utilitaria, piuttosto che passare ore di terribile solitudine in un bel parco di ampie dimensioni. Al cane va dedicato tempo sufficiente, ma soprattutto tempo di alta qualità interattiva dove sentirsi al centro di attenzioni affettive. È infatti nel delicato rapporto tra le persone della famiglia che accudiscono e soprattutto “giocherellano” (attività ludica essenziale, per questi carnivori altamente sociali) che risiede il loro benessere. Un benessere spesso trascurato, in quanto a questi animali nella frettolosa vita odierna si dedicano spesso solo due passeggiatine di una ventina di minuti, e magari in quel rarefatto periodo di “rapporto sociale” il
STUDI RECENTI HANNO DIMOSTRATO CHE, ABITUATI A VIVERE IN BRANCO, HANNO BISOGNO DI SOCIALITÀ
proprietario passeggia chiacchierando al telefonino. Trascurare l’interazione diretta e reciproca causa depressione, ansia, disturbi comportamentali.
Regalare un cucciolo a un bambino è sempre una operazione da evitarsi: la scelta di accogliere in famiglia un cane deve essere meditata a lungo e discussa con un veterinario.
Orientarsi verso l’adozione dei cani abbandonati nei canili può essere una scelta molto giudiziosa, dato che questi animali sono spesso particolarmente propensi alla ricerca di nuovi rapporti con esseri umani e saranno attenti custodi di questa naturale esperienza che gli è stata brutalmente sottratta.
L’etologia si è dedicata parecchio, soprattutto negli ultimi anni, a decifrare il “linguaggio” canino, strettamente legato alle sue ancestrali origini lupesche. E proprio dalle novità emerse nell’analisi del comportamento del lupo selvatico, sono stati tratti parecchi elementi utili a salvaguardare il benessere psicofisico canino. A differenza di quanto si pensasse in passato, e soprattutto a causa di studi sui lupi
condotti solo all’interno di zoo e bioparchi, si riteneva che le unità sociali di questi carnivori fossero composte da un branco comprendente numeri variabili, anche elevati, di individui tanto adulti che giovani o cuccioli. L’accumularsi delle osservazioni in natura avrebbe invece dimostrato che l’organizzazione prevalente (anche se non esclusiva) è quella basata su una coppia adulta “fondatrice” del branco, accompagnata da qualche loro successiva cucciolata. Ne emergerebbe un sistema sociale di base in parte presente nel cane domestico, di cui la famiglia umana dovrebbe tenere conto per un armonico inserimento del carnivoro quadrupede tra i primati bipedi.
Nella società rurale, pur con i suoi modi talora anche brutali nei confronti degli animali domestici, esisteva però una generalizzata alfabetizzazione, tale, per esempio, da cogliere i primi segni di malessere psicologico canino. Oggi si tende a vicariare con veterinari e addestratori. Il nostro gruppo, soprattutto per rendere consapevole il cittadino urbano, fece tradurre nel 2003 da Franco Muzzio editore Capire il linguaggio dei cani (seguito da Se i cani potessero parlare di Vilmos Csànyi del 2007).
È un manuale che spiega con schemi e figure, come comprendere da elementi corporei manifesti (pelo rizzato, posizione di coda e orecchie, ecc…) il tono dall’umore canino. È utile anche per prevenire “sindromi dell’abbandono”, depressione, elevati livelli di ansia, aggressività latente o altre psicopatologie.
Fioccano negli ultimi mesi gli studi etologici sugli effetti prolungati del lockdown da Covid sulle interazioni tra cani e proprietari. Ne risulta un concreto effetto positivo, tanto per gli esseri umani che per i loro pet. Le interazioni di gioco, le reciproche attenzioni, il contatto logistico più ristretto ha spesso sortito l’effetto di migliorare il benessere complessivo del nucleo famigliare multi-specie. Verrebbe da citare alcuni antropologi che hanno sostenuto che l’addomesticamento del cane, oltre che a provvedere l’uomo cacciatore di una protesi dal fiuto finissimo, di un fedele guardiano della proprietà o di un essere capace di avvisare per tempo i potenziali pericoli, abbia selezionato un compagno affettivo che lenisse la solitudine del solitario cacciatore. Qualcuno ha anche ravvisato in questa capacità di legame emozionale, oltre agli indubbi benefici pratici di un essere che coadiuva la specie umana in numerose attività, uno dei fattori che avrebbero fatto prevalere quei gruppi di ominidi che seppero sfruttare questa innovativa alleanza tra specie.
L’ALLEANZA TRA LA NOSTRA E LA LORO SPECIE È STATA FONDAMENTALE PER AIUTARE GLI OMINIDI SULLA STRADA EVOLUTIVA