MASSAGGI, GROTTE DI SALE E PISCINE RISCALDATE ECCO “I CENTRI BENESSERE PER PET” MA A LORO PIACE?
C ’era una volta il negozio di toelettatura. Saltuariamente ci si portava il cane e lo si affidava alle mani di un esperto affinché lo lavasse, occupandosi anche del taglio delle unghie e della cardatura del pelo. In qualche occasione si poteva azzardare pure un’acconciatura speciale, con tanto di balsamo e nastrini, ma già questo a molti poteva sembrare di troppo. Oggi andare semplicemente dal toelettatore potrebbe farvi apparire demodé. Intanto perché il coiffeur canino può arrivare direttamente a casa e occuparsi del vostro animaletto senza bisogno di fargli cambiare ambiente e togliendo a voi l’incombenza del trasporto: farà tutto l’operatore che si presenterà nel giorno e nell’ora desiderati, dotato di tutto l’armamentario per il servizio completo, compresa la “zampacure” e la pulizia dei denti. Ma soprattutto perché il normale bagnetto, senza ulteriori fronzoli, rischia di essere considerato troppo minimal, se non addirittura da poveracci.
Per i cani sono infatti spuntati saloni di bellezza a cinque stelle, vere e proprie spa che garantiscono trattamenti speciali e piani wellness individuali. E che non si limitano allo shampoo e alla tosatura, ma offrono esperienze paragonabili a quelle dei centri benessere per umani, con tanto di massaggi personalizzati, zone relax con lettini e microclima controllato, piscine riscaldate, grotte di sale e tende per l’haloterapia in cui eseguire aerosol per liberare il naso e prevenire le malattie della cute. Il bagno è sostituito da una immersione in acqua ozonizzata, con ossigeno o con nanobolle di anidride carbonica per agevolare la microcircolazione e per combattere l’alopecia. E poi c’è il bagging, ovvero la sauna all’interno di apposite borse (bag, appunto) o vasche di acciaio per gli esemplari più grandi, in cui è possibile effettuare anche sedute di ozonoterapia.
La pet economy è una branchia considerata a prova di recessione, come quella dei prodotti per l’infanzia, e in Italia vale ogni anno dai 3,5 miliardi in su, a seconda di quali servizi si inseriscano nel paniere di calcolo. Come per i bambini, per gli animali domestici non si bada a spese. Con il cane che, molto più del gatto, viene sempre più umanizzato. Del resto, si parla dei pet proprio come di persone-non-umane, perché hanno quattro zampe e non parlano, ma sono dotati di una propria personalità e individualità e vivono in simbiosi con noi. In Parlamento giace una proposta di legge per inserirli ufficialmente nello stato di famiglia, ma è nei fatti che li consideriamo già parte della società e quindi meritevoli delle attenzioni che riserviamo a noi stessi. Per loro nascono sempre più servizi, alcuni magari anche discutibili. Perché un conto è considerarli parte delle nostre vite, altro riversare su di loro attenzioni al limite del morboso o coinvolgerli in attività che forse non sempre gradiscono.
A Natale magari gli abbiamo acquistato un dono, li abbiamo coinvolti nella (nostra) festa aggiungendo in ciotola un Candoro o un Canettone, che dei tipici dolci richiamano il nome ma sono in realtà a base di alimenti salati e che incontrano il loro gusto. Per San Valentino c’è chi ha comprato al proprio amico scodinzolante un cuscino a forma di cuore o ha regalato a sé stesso un ciondolo, sempre cuoriforme, con inciso il muso del compagnetto, un gadget molto pubblicizzato sui social. E nei giorni scorsi nelle sfilate di Carnevale se ne sono visti parecchi di animali al guinzaglio in mezzo alla folla con i costumi più improbabili, dentro ai quali non devono essersi sentiti troppo a proprio agio. Perché va bene il cappottino quando fa davvero freddo, ma il completo da Zorro con tanto di spada alla cinta, la mitria papale, la maschera da sub, la coda da pavone aperta a ruota o un enorme involucro da banana in pesante tessuto giallo sono qualcosa di tutt’altro che comodo, soprattutto… nel momento del bisogno.
Poi c’è il capitolo vacanze. Un tempo ci si poneva il problema di trovare al
COME ACCADE PER I BAMBINI, CON CANI E GATTI SI SPENDE SEMPRE DI PIÙ: IL MERCATO, IN ITALIA, VALE OGNI ANNO DAI 3,5 MILIARDI IN SU
berghi che accogliessero i cani, adesso è quasi più problematico trovarne qualcuno che non li accetti. Non solo: in diverse località di villeggiatura sono nati veri e propri “dog hotel”, strutture pensate per ospitare chi possiede cani ma organizzati a partire dalle esigenze dei quattrozampe, dove tutto si ispira alla filosofia “pet first”. Un fenomeno in crescita, al punto che anche Bruno Barbieri ha voluto dedicare una delle puntate del suo programma tv 4 Hotel proprio alle strutture della Riviera Romagnola specializzate in accoglienza canina. Gli albergatori si sono sbizzarriti nel proporre servizi dog friendly, dal kit di benvenuto con ossa da masticare, snack, copertine brandizzate, collari con localizzatore gps o targhette con il numero dell’hotel (nel caso in cui l’animale si perda) fino ai giochi di gruppo in spiaggia affidati ad animatori specializzati, passando per la messa a disposizione di cargo bike per pedalate a sei zampe, corsi di obedience e di agility e, ancora, i trattamenti wellness di cui già si è detto. Alle porte di Milano il grand hotel Villa Torretta, struttura del gruppo Hilton ricavata in un edificio del XVII secolo, già nel 2013 aveva inaugurato la sua Pet Suite, una camera individuale divisa in più ambienti e dotata di tutti i confort per un soggiorno da Vig, very important dog.
Al mare o al lago sempre di più sono le spiagge dedicate agli animali, in cui i cani non solo sono ammessi e possono correre e abbaiare in tranquillità ma hanno anche a disposizione ristoranti che preparano pasti ad hoc, piscine e campi giochi con scivoli e passerelle. Anche lontano dalle località di villeggiatura stanno nascendo parchi dei divertimenti specifici. In Italia uno dei primi è nato a Guanzate, nel Comasco: si chiama Iagolandia, la terra di Iago, dal nome del cane di una delle fondatrici, ed è un’area attrezzata di 3mila metri quadrati divisa in quattro zone tematiche – Bosco avventuroso, Paese delle Meraviglie, l’Isola che non c’è, il Regno di Iagolandia – un po’ sul modello
di Disneyland. Ad Harrisburg, nel South Dakota, è stato invece aperto un acquaparco al coperto, lo Splash Bark (bark in inglese significa abbaio, nda), con piscine e fontane, bolle di sapone, l’immancabile spa e un open bar con bevande in lattina a prova di palato canino. È stato il primo del genere, ma un po’ ovunque negli Usa stanno diffondendosi parchi tematici con giochi, attrazioni e attività mirate. I DoggieWorld hanno pure una “scuola elementare”, con tanto di squadra di atletica a quattro zampe per partecipare alle “Pawolimpics”. Strutture del genere sono destinate ad aumentare e già sono in campo società che propongono progetti chiavi in mano per chi volesse entrare nel business in franchising, con promessa di moltiplicazione dell’investimento in un mercato che cresce ogni anno con tassi a due cifre.
Tema non secondario è quello del cibo, che riguarda tutti i possessori di cani e altri animali. Ma c’è il normale pet food e ci sono i prodotti premium e super premium. Da sempre sugli scaffali dei pet store e dei supermercati fanno capolino confezioni con menu gourmet. Gli ultimi arrivi puntano non solo su ingredienti ma anche su impiattamenti, o meglio “inciotolamenti”, da ristorante stellato. E si fa sempre più spazio anche la fornitura di pasti freschi a domicilio, sul modello delivery che utilizziamo abitualmente per i nostri pranzi o cene, per fare arrivare ai cani di casa le loro pietanze preferite o quelle previste da diete personalizzate (facendo però venire meno uno dei momenti principali delle nostre attività di accudimento, quello appunto della preparazione del cibo).
Insomma, i nostri cani li trattiamo davvero da piccoli principi. Oppure no? «Quello che vediamo è in realtà una proiezione dei nostri bisogni sugli animali» commenta la dottoressa Elena Garoni, veterinaria e docente del master di medicina comportamentale dell’Università di Bologna. «Noi siamo stressati e non avendo tempo per fare molto altro andiamo al centro benessere per rilassarci e ricaricare le nostre energie. Ma l’etologia del cane è differente: il suo antistress, se mai avesse della tensione da smaltire, sono le corse all’aria aperta, l’esplorazione, il mettere il naso dappertutto, l’incontro con altri suoi simili e altre persone. Cercare spazi aperti e libertà. Insomma, l’esatto contrario di quello che avviene nelle nostre città». Garoni è autrice di Piacere di conoscerti, un libro (edito da Tea) che indaga le motivazioni di razza ed entra nel dettaglio dell’indole dei diversi tipi di cane selezionati nei secoli dall’uomo. «C’è sempre di più la tendenza ad accompagnarsi a razze molto instagrammabili o di formato toy» evidenzia. «Sempre più simili ai peluche e sempre meno al cane. Di qui l’idea che, se sono un po’ meno cani, allora si può far fare loro qualunque cosa, incastrandoli meglio nelle nostre vite e portandoli ovunque. Ma l’etologia resta: sono pur sempre discendenti dei lupi. L’esigenza di stare sdraiati immobili su un lettino con due fette di cetriolo sugli occhi è solo nostra, loro non ce l’hanno».