LA DIMENSIONE VERTICALE VINCE SUI TELEFONINI E FORSE IN POLITICA (PERÒ ORIZZONTALE È BELLO)
Da quando è che vediamo la realtà in verticale? Semplice: da quando la riprendiamo con gli smart-phone e la condividiamo sui social, da Facebook a Instagram, da Youtube a TikTok. Seconda domanda: ma la realtà “in verticale” è uguale a quella “in orizzontale”? A me non pare: ne vediamo meno, come se fosse un blow up, l’ingrandimento fotografico del celebre film di Michelangelo Antonioni; e qualche volta delimitata da due bande nere ai lati, che sanno tanto di censura.
Da buon boomer, io sono abituato a vedere ciò che succede nel mondo su uno schermo 16:9 (e prima ancora su un 4:3), cioè orizzontale come al cinema, alla tv, o anche su un personal computer. Ed è una realtà, se così posso dire, più “larga”. C’è anche lì sempre qualcosa in primo piano che attira l’attenzione, ma poi c’è un “intorno”, un “contesto”, che dà un significato e un valore a ciò che si trova al centro della scena.
Non è così con i video 9:16, tanto per dare un’idea quelli delle stories su Instagram. Prendiamo il caso di una manifestazione di piazza in cui si siano verificati degli scontri con la polizia: un video verticale ce li fa vedere come se si svolgessero in una stanza, taglia via ciò che succede intorno, così non riesci a capire se gli agenti sono in numero preponderante e dunque non hanno bisogno di usare i manganelli, o se sono circondati da una grande folla e devono difendersi; oppure ancora se ai lati scorrazzano i blindati o si danno a fuoco copertoni e barricate. Non vedi insomma ciò che vedresti stando sul posto, usando entrambi gli occhi e tutta la larghezza dell’immagine che la vista umana si può consentire (sospetto che si avrebbe un punto di vista ancora diverso se la telecamera fosse sulle divise dei poliziotti, ma questa è un’altra storia).
Eppure il video verticale è il formato ormai più diffuso. Perché il 70% del traffico su Internet è generato da mobile, e chi ha in mano uno smart-phone non ha né la pazienza, né il tempo, né più l’abitudine a girarlo. Il telefonino si tiene in mano in verticale. La sua cultura è verticale. Ha dunque cambiato il nostro modo di vedere il mondo (in meglio? In peggio?) così come i vocali hanno cambiato il nostro modo di parlare al telefono (soliloquio versus dialogo).
Considerate poi un altro aspetto. Se anche io riprendessi una scena in orizzontale, girando cioè il mio smart-phone, e lo condividessi così, qualcuno ne realizzerebbe una versione verticale da poter far girare sui social. Verrebbe cioè fatto un lavoro di editing che elimina ciò che c’è a destra e ciò che c’è a sinistra che invece io, autore del video, avevo ripreso.
«Vertical is the new black», dicono gli esperti. Significa che il verticale ha vinto, che così fan tutti. E mi domando se da questa svolta non derivi anche l’illusione (la viviamo in tanti campi del nostro vivere comune, per esempio in politica) che la dimensione verticale risolva i problemi, per definizione orizzontali: un capo supremo, per esempio, una gerarchia di potere, una catena di comando, al posto della comunione di interessi, della collaborazione, della cooperazione orizzontale tra le persone.
IL FORMATO DEI VIDEO SU INSTAGRAM “VEDE” MENO DEI NOSTRI DUE OCCHI MA “SUPERA” LA REALTÀ PIÙ LARGA, QUELLA IN 16:9