Corriere della Sera - Sette

«CI SI VERGOGNA PIÙ DEI SOGNI CHE DEI TRAUMI NO, LA LETTERATUR­A NON SALVA»

Esce il nuovo romanzo della scrittrice de La straniera, è una storia ambientata in epoche antiche e future. «Sono passata dall’infernale nella famiglia alle affinità elettive»

- DI TERESA CIABATTI

Acinque anni dal successo de La straniera, Claudia Durastanti torna con Missitalia (La nave di Teseo), romanzo ambizioso e spiazzante. Diviso in tre parti, 1864, 1951, 2051, è la storia di tre donne: Amalia Spada detta Madre che accoglie ragazze ai margini; Ada, diciannove­nne segretaria di una rivista culturale che diventa spia, «spia inconclude­nte» la definisce l’autrice; A che abita sulla luna e ridà vita a oggetti senza più valore. Ben oltre la Maria Antonietta di Sofia Coppola — per Durastanti le cose facendole le distruggi anche, rendendole irripetibi­li — Missitalia crea mondi che non somigliano a niente.

Da un libro personale in cui raccontava di sé, l’infanzia, il padre, la madre, la scrittrice passa a un romanzo di immaginazi­one dalla struttura innovativa, dove i gesti sono unità di tempo. Un tempo che va dall’industrial­izzazione — fabbrica, petrolio, progresso — e arriva alla luna abitata. Le famiglie spariscono, dominano le madri putative, la giovinezza continua a avvenire, niente ne placa l’impeto e la furia.

Dopo La straniera.

«Con La straniera ho passato cinque anni a parlare della mia famiglia, ho acquisito una disinvoltu­ra col personale. Solo adesso, con questo libro, mi rendo conto che ci si vergogna più dei sogni che dei traumi». Quando decide di scrivere Missitalia?

«Durante la pandemia. Passeggiav­o, e d’un tratto ho visto un pesco fiorito. Un’immagine festosa e insieme aggressiva in quella situazione di tempo rarefatto. Allora ho pensato che prima o poi tutto sarebbe ricomincia­to. E avevo già malinconia, sentivo di voler salvare ciò che avevo intuito in quei giorni».

Ovvero?

«La scoperta della mia irrilevanz­a come vissuto, e della mia importanza come immaginazi­one. Potevo riappropri­armi della possibilit­à di inventare mille versioni di me. In una dimensione in cui l’io era stato disintegra­to, volevo vedere che c’era fuori».

Che c’era?

«Il concetto di comunità. Con Missitalia credo di essere passata dall’infernale nella famiglia alle affinità elettive».

Scoprendo?

«La retorica che i rapporti elettivi siano più liberi di quelli di sangue: falso. Nei rapporti scelti si ripropongo­no le stesse forme coercitive e di potere. A volte più pervasive».

Esperienza diretta?

«Se penso a La straniera. Per quel libro non si è offesa mia madre, tantomeno mio padre. Ma il mio ex datore di lavoro, padre putativo, e la mia insegnante di liceo, madre putativa».

Missitalia si apre con una madre putativa: Amalia Spada.

«Amalia Spada non ha famiglia. Eppure il rapporto con le ragazze che accoglie ha a che fare con la maternità. In che modo Amalia Spada e le ragazze sono diverse da madre e figlie vere? Cosa si può insegnare a una figlia vera o falsa che sia?».

E?

«La scena della cavalla ferita. Rosa Spina, la ragazza, vuole provare a salvarla, mentre Amalia intende ucciderla per interrompe­re lo strazio. Di fronte alla caparbietà di Rosa, Amalia si fa indietro».

Conseguenz­a?

«La cavalla si riprende. Poi muore».

Il gesto di Amalia?

«Permettere a Rosa di fare esperienza, di imparare da sola l’importanza del lasciare andare. Più avanti Amalia è capace di una generosità persino maggiore: permettere che le ragazze fuggano. Lasciare andare le figlie putative».

Lasciar andare.

«Uno dei problemi con la scrittura di questo libro era comprender­e il tema della fine. Quando ho iniziato a scriverlo la fine era collettiva, all’improvviso tutto mancava a tutti, tutti dovevamo ricomincia­re, e era una specie di conforto. Quando però la questione di finire è tornata a me… la fine di un amore, il momento in cui smetti di essere figlia».

A quel punto?

«La fine è una questione che attraversa il libro, mentre nasceva qualcos’altro, la voglia di far nascere qualcos’altro».

Al contrario de La straniera dove nessuno lascia andare nessuno.

«La straniera mi ha insegnato che la letteratur­a non salva. La gente mi diceva: una catarsi, la chiusura di un cerchio. Assolutame­nte no, niente è cambiato: mia madre ha continuato a essere mia madre, così mio padre, così i nostri rapporti».

Da lì la decisione di un romanzo storico?

«L’editor americana mi ha detto: “Ora scriverai un romanzo storico femminista con coscienza ecologica”. Ecco, io mi sono ribellata. Missitalia è un falso romanzo storico, pieno di anacronism­i».

Quali?

«I droni nella foresta, la luce al neon».

Amalia che si taglia?

«Da adolescent­e, di fronte a certe mie azioni, mio fratello chiedeva: è un gesto tuo o di Ragazze Interrotte?».

Era suo?

«Non contava».

Gli anacronism­i del romanzo contribuis­cono alla continuità temporale: una giovinezza trasversal­e dall’800 al 2051?

«Pur essendo di madrelingu­a inglese mi sono resa conto tardi che miss significa sì ragazza non sposata, ma anche nostalgia, e in maniera più cruda: hai mancato il bersaglio. Per me la giovinezza è stata sempre guardare da fuori».

In Missitalia?

«Quando dici: questo l’ho scelto io. Scoperta che mi viene da mia madre. Lei ha passato la vita a raccontare soprusi, discrimina­zione, per arrivare a dire: in realtà io c’ero, molte situazioni me le sono scelte».

Vero?

«Magari una falsificaz­ione, ma io lì ho visto la libertà di mia madre».

La giovinezza allora?

«Iniziare a sentire la mancanza, la percezione di una mancanza. Poi credo che torni a sentirti giovane, che diventi giovane di nuovo quando ti riconcili con la mancanza, e lì si spalanca la libertà».

Ancora sugli anacronism­i.

«Non potevo ignorare che questa storia era vista dal presente. Quando traduci un libro ti cali come un palombaro nell’altra lingua, e ogni tanto riemergi. Qui io volevo farlo col tempo: i droni, il neon, i tagli di Amalia significan­o rimettere la testa fuori. Per poi tornare sotto».

A proposito di sotto: in Missitalia esiste davvero

«È RETORICA PENSARE CHE I RAPPORTI SCELTI SIANO PIÙ LIBERI DI QUELLI DI SANGUE: SI RIPROPONGO­NO LE STESSE FORME COERCITIVE E DI POTERE»

un sottomondo, i fuggiaschi nascosti nel rifugio sotterrane­o.

«Sono cresciuta in Basilicata strattonat­a da due racconti romantici: l’unificazio­ne, il risorgimen­to garibaldin­o, e il banditismo, il brigantagg­io. Quelli che scendevano e invadevano, quelli che facevano guerriglia e resistenza, ma gli altri? Dove andavano a finire gli altri? Io volevo raccontare gli scarti, i reietti».

Nel libro sono molti i personaggi che passano da un mondo a un altro, un’emersione, ma mai definitiva — questa la potenza.

«Il legame tra le tre parti del romanzo è il riverbero: qualcuno si sommerge, qualcuno emerge».

Altri collegamen­ti?

«Non la discendenz­a, non l’ereditarie­tà. Piuttosto i movimenti».

Un movimento comune?

«Deludere la aspettativ­e. Ho una predilezio­ne per chi delude le aspettativ­e».

Motivo?

«Forse perché io non sono riuscita mai a farlo, la marginalit­à mi ha fatto crescere marziale. Con questi personaggi volevo vendicarmi».

Ada, la protagonis­ta della seconda parte, è forse quella che più disattende le aspettativ­e degli altri.

«Non pubblica la tesi, e accetta di fare la spia con motivazion­i pretestuos­e, quasi per inventarsi un’identità misteriosa».

Anche le ragazze della prima parte seguono una direzione loro.

«Non fanno la storia».

Il concetto di fare la storia — ambizione, fallimento — torna spesso in Missitalia.

«Ada si chiede che le è mancato per farla». Risposta?

«Chi l’ha fatta si è sbarazzato di quello che non era necessario, diventando monotemati­co, monoteista. Ada invece ha il problema dell’accumulo, non ha selezionat­o».

La storia in Missitalia?

«Per come ci viene tramandata è sempre epica, monumental­e».

Lei la rimpicciol­isce?

«Volevo essere irriverent­e».

Cominciand­o dalla storia ufficiale della Basilicata?

«A scuola la studiavamo come una regione dimenticat­a, tra pastorizia e riti degli alberi. Così nei cruciverba e nei documentar­ti».

Nei cruciverba?

«Regione remota».

In tv?

«I telegiorna­li mostravano i paesi vuoti, la gente che andava via, la narrazione dell’abbandono. E io pensavo: ma noi siamo qui. Noi ragazze eravamo lì tra Mtv e le Spice Girls».

Conclusion­e?

«Avevo la sensazione che non interessav­amo a nessuno perché non eravamo più in costume. Dismesso il folklore».

Quindi?

«Esiste un racconto maggiorita­rio. Ma a chi fa comodo?».

A chi?

«In un documentar­io Rai i giornalist­i tornano sui luoghi della spedizione etnografic­a di Ernesto De Martino e fanno parlare alcuni ragazzi. Questi dicono che gli intervista­ti di De Martino non hanno inventato, certo, hanno però abbellito per far contenti gli intervista­tori».

Ada, impegnata in una spedizione etnografic­a, ha subito questa consapevol­ezza.

«Lei non pensa che la gente di Castellucc­io sia alla ricerca di una felicità che i tempi moderni hanno devastato».

Le donne del posto dicono: «Si stava male pure prima».

«Contro l’idea romantica del tempo migliore». Perciò?

«Esiste sempre una rappresent­azione».

Del resto Amalia definisce Antonia S., la garibaldin­a, «ragazza immagine».

«Chissà se queste eroine sapevano di essere in funzione di uno sguardo esterno. Come le brigantess­e che nelle foto venivano messe in posa coi fucili, addobbate».

Immagini costruite: ideologie, propaganda?

«Per esempio: quando si crea l’immagine del ragazzo meridional­e eroe inselvatic­hito, occhi neri?».

Le ragazze al pittore che deve ritrarle dicono che vogliono essere belle, non giuste.

«Quando dovevano fare la serie Tv da La straniera chiesero a mia madre quanto ritenesse importante che il suo ruolo fosse interpreta­to da una sorda vera. Ha risposto che contava solo una cosa: che fosse bella».

«HO UNA PREDILEZIO­NE PER CHI DELUDE LE ASPETTATIV­E, FORSE PERCHÉ IO NON SONO RIUSCITA A FARLO. LA MARGINALIT­À MI HA FATTO CRESCERE MARZIALE»

 ?? ?? Claudia Durastanti, nata a Brooklyn nel 1984, è scrittrice e
traduttric­e
Claudia Durastanti, nata a Brooklyn nel 1984, è scrittrice e traduttric­e
 ?? ?? LA COPERTINA DEL NUOVO ROMANZO DI CLAUDIA DURASTANTI, MISSITALIA (LA NAVE DI TESEO), STORIA DI TRE DONNE TRA PASSATO E FUTURO
LA COPERTINA DEL NUOVO ROMANZO DI CLAUDIA DURASTANTI, MISSITALIA (LA NAVE DI TESEO), STORIA DI TRE DONNE TRA PASSATO E FUTURO
 ?? ??
 ?? ?? SOPRA LA COPERTINA DE LA STRANIERA,
FINALISTA AL PREMIO STREGA, TRA I MIGLIORI LIBRI DEL 2022 PER IL NEW YORKER. SOTTO, IL ROMANZO D’ESORDIO UN GIORNO VERRÒ A LANCIARE SASSI ALLA TUA FINESTRA, 2010, ENTRAMBI LA NAVE DI TESEO
SOPRA LA COPERTINA DE LA STRANIERA, FINALISTA AL PREMIO STREGA, TRA I MIGLIORI LIBRI DEL 2022 PER IL NEW YORKER. SOTTO, IL ROMANZO D’ESORDIO UN GIORNO VERRÒ A LANCIARE SASSI ALLA TUA FINESTRA, 2010, ENTRAMBI LA NAVE DI TESEO

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy