I CONSENSI DEGLI ELETTORI NON SONO IL BASTONE DEL COMANDO ASSOLUTO
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Cara Lilli, premetto di non avere simpatia per Donald Trump, ma d’altra parte ho il massimo rispetto per la democrazia: se Trump dovesse vincere le elezioni si potrà solo prenderne atto, piaccia o non piaccia. Vedo in giro, su certa stampa, una tendenza a voler considerare le elezioni un fastidio e gli elettori un elemento di disturbo. Fatico sempre di più a sopportare le intrusioni di Mattarella. Quanto alla Von der Leyen, vedremo come andranno le elezioni europee.
Roberto Franzi sempercelerius@gmail.com
Caro Roberto, le democrazie come le conosciamo sono sempre più fragili, assediate da un lato dalle pulsioni autoritarie di una destra-destra sempre più arrembante, e dall’altro da una sorta di anestesia civica di una parte dell’opinione pubblica, forse abituata a dare per scontate una serie di conquiste che scontate non sono. La sua lettera purtroppo conferma alcuni degli stereotipi più diffusi e mendaci con i quali si sta cercando di demolire l’idea stessa di democrazia.
Che viene raccontata da molti come un farraginoso intralcio al funzionamento dei processi decisionali del potere, come un ostacolo ai voleri del capo. Non è così. Avere più consensi non significa ottenere il bastone del comando assoluto, quella è autocrazia. O, con una puntuale definizione del costituzionalista Michele Ainis, una «capocrazia». In democrazia si vince con i voti della maggioranza ma poi si governa per tutti, e i sistemi più solidi sono proprio quelli con contrappesi efficaci, poteri di controllo incisivi e con le migliori tutele per i diritti delle minoranze. Giorgia Meloni, ad esempio, governa il Paese con il 26% dei voti del 63% di italiani che si sono recati alle urne nel settembre 2022. Questo vuol dire che è stata scelta da meno di un cittadino su 5. Governa con piena legittimità, deve farlo però senza dimenticare che è stata scelta da una minoranza. E soprattutto deve gestire il Paese rispettando le regole costituzionali, secondo cui – ad esempio – il presidente della Repubblica rappresenta l’unità nazionale, controfirma i decreti del governo, può sciogliere le Camere, presiede il Csm, nomina i ministri su proposta del presidente del Consiglio, e molto altro ancora. Non è, insomma, una figura notarile o cerimoniale, come diventerebbe invece se passasse la riforma del premierato fortemente voluta dalla Meloni. Mattarella è il garante della Costituzione, oltre a essere in tutti i sondaggi la persona più amata e più stimata dagli italiani. E ha pieno diritto di intervenire per ricordarne i principi cardine, come quello relativo alla tutela della libertà di espressione dopo le manganellate a Pisa a danno di ragazzi che manifestavano senza alcun intento violento. Infine, nella sua lettera lei dice di avere il massimo rispetto per la democrazia e cita Donald Trump, che negli Stati Uniti è a processo (tra le altre cose) per l’assalto del 6 gennaio 2021. Ci ricordiamo tutti le sconvolgenti immagini di migliaia di suoi sostenitori quando fecero irruzione a Capitol Hill per sovvertire l’esito del voto che aveva portato Biden alla Casa Bianca. È proprio sicuro che il leader repubblicano condivida il medesimo “rispetto” per la democrazia?
IL PRESIDENTE MATTARELLA NON È UNA FIGURA NOTARILE COME VORREBBE LA RIFORMA DEL PREMIERATO